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Nell'ambito del Green Deal europeo, l’utilizzo della biomassa sostenibile derivante da materiale organico come alberi, piante e rifiuti agricoli ed urbani è considerato un elemento chiave per raggiungere la neutralità climatica al 2050.
Tuttavia, il ruolo che avranno le materie prime biologiche nel settore energetico dipende dalla effettiva disponibilità di biomassa sostenibile e dall’esistenza di condizioni per massimizzarne il potenziale senza impatti negativi sull’ambiente (preservare la biodiversità, difendere le aree naturali di alto valore, ridurre l’uso di fertilizzanti e altri prodotti chimici).
La decarbonizzazione del trasporto è, uno degli obiettivi più ambiziosi del “ Fit for 55” , il pacchetto di riforme promulgato dalla Commissione europea, incentrato sul duplice obiettivo della decarbonizzazione dell’economia entro il 2050 e della digitalizzazione. Per conseguire gli obiettivi ambiziosi, occorre poter contare su tutte le tecnologie a basso contenuto di carbonio. I carburanti rinnovabili ed a basso tenore di carbonio si configurano come alternative ottimali ai combustibili liquidi convenzionali di origine fossile, per ridurre le emissioni in tutte le forme di trasporto e ottenere la neutralità climatica entro il 2050. L’avvio della “Renewable and Low Carbon Fuels Value Chain Industrial Alliance” rappresenta uno strumento essenziale per il loro sviluppo. Ne abbiamo parlato con Alessandro Bartelloni, Direttore di FuelsEurope, l’Associazione europea, con sede a Bruxelles, della produzione e distribuzione di combustibili liquidi, prodotti per la mobilità, l'energia e le materie prime per le catene del valore industriale nell'UE, che proprio in questa Allenza ha un ruolo di primo piano.
Il 5 dicembre sono partite le sanzioni europee sul petrolio russo, con una formula davvero originale, suggerita da non si sa quali fantasiosi consulenti. A febbraio dovrebbero partire anche le sanzioni alle importazioni dei prodotti petroliferi dalla Russia. Come funzionerà il tutto? Le navi di petrolio provenienti dalla Russia non possono essere comprate e quindi scaricate ai terminali di arrivo delle raffinerie europee.
Dai massimi di marzo scorso, quando lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina spinse il Brent ben oltre quota 100, nei mesi successivi - con qualche piroetta - il prezzo del petrolio è sceso intorno agli 80 dollari al barile, un livello da molti operatori considerato accettabile sia per i paesi produttori che per i paesi consumatori.
L’Assemblea pubblica di Federchimica- Assogasliquidi si svolge in un momento rilevante dal punto di vista politico-istituzionale caratterizzato dalla formazione di un nuovo Parlamento e di un nuovo Governo, ai quali l’Associazione è pronta a fornire idee, spunti di lavoro, elaborazione di progetti di investimento volti a garantire lo sviluppo dei comparti dei gas liquefatti (GPL e GNL) e attenzione ai bisogni dei consumatori.
La Guardia di Finanza, nel più ampio contesto dell’esercizio delle funzioni di polizia economica e finanziaria riconosciute al Corpo dalla normativa vigente, effettua attività ispettive e indagini al fine di garantire il rispetto della legalità nel settore della commercializzazione del GPL, anche con particolare riferimento alla disciplina recata dal decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128. Al riguardo, si evidenzia che nelle recenti stime della “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – Anno 2022” la propensione al gap (rapporto tra imposta evasa e gettito teorico) riguardante le accise sui prodotti energetici è passata dal 9,7% del 2019 al 10,9% del 2020
Mancano poche settimane alle fine di questo annus horribilis dove, purtroppo, si può solo constatare che qualcosa ancora non torna. Proviamo a mettere in fila quello che è successo sul mercato gas e la reazione molto onerosa e spesso inefficace dei provvedimenti normativi e regolatori che si sono affastellati.
Se il 2022 è stato un anno senza precedenti per l’energia in generale, ciò è per certi versi ancor più vero per la filiera gas. Nell’arco di pochi mesi, il mercato del metano - fulcro dello shock energetico iniziato nel 2021 e intensificatosi con la crisi ucraina - ha visto incepparsi meccanismi cardine che da anni ne garantivano il funzionamento, trovandosi ora a marciare a tentoni, per un tempo ancora difficile da prevedere.
Nel corso delle ultime settimane si è infuocato il dibattito, non solo a livello politico, sulla potenziale misura di ‘price cap’, ovvero di definizione di un tetto massimo al prezzo di una materia prima. Prima di addentrarci nelle peculiarità tecniche delle proposte che il Consiglio chiede di fare alla Commissione, è opportuno partire da alcuni elementi puramente teorici. Il price cap ha 3 principali effetti nel medio termine:
Sono ormai mesi che i sistemi energetici europei sono costretti ad adattarsi il più rapidamente possibile a quello che è diventato il “new normal” del dopo invasione dell’Ucraina: la necessità di fare progressivamente a meno del gas russo. Mosca, che ancora nel 2021 rappresentava oltre il 40% della domanda di importazioni europea, sta chiudendo i rubinetti. A partire dalla seconda metà del 2021, è iniziata un’oculata (e geniale) operazione che ha prosciugato le vendite sui mercati spot, così da moltiplicare le pressioni che sul prezzo del gas già andavano accumulandosi per altre vie.