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L’ennesimo evento calamitoso ha colpito l’Emilia Romagna: fiumi esondanti, città sott’acqua, morti e danni ingenti al tessuto produttivo ed economico. E ancora una volta il disastro ambientale è stata l’occasione per dibattere dell’accaduto, della cause e delle possibili soluzioni di policy.
Stessi luoghi, stesse aziende, medesimi disastri: questo ha provocato, e continua a farlo, l’intensità delle piogge cadute nelle ultime settimane sull’Emilia-Romagna, 350 mm solo il 18 e 19 settembre scorso, sovrapponendosi alla drammatica situazione post alluvione del 2023 che ha già procurato danni per oltre 900 milioni di euro.
Come fanno un bambino e una bambina (conosciuti come “El Niño” e “La Niña”) a influenzare le condizioni meteorologiche di tutto il mondo? Per scoprirlo dobbiamo però prima avere chiari alcuni concetti.
In Europa si è ufficialmente aperta la stagione dei cicloni. Sulla scia della crisi climatica in corso, che rende gli eventi meteo estremi, come le alluvioni, più intensi e più probabili, il ciclone Boris a metà settembre ha devastato l’Europa centro-orientale – colpendo Polonia, Romania, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca e Germania – prima di sommergere con nuovi nubifragi anche l’Italia, a partire dall’Emilia Romagna.
La risorsa idrica rappresenta un elemento strategico per lo sviluppo dell’economia italiana, un driver di competitività che va tutelato in maniera sostenibile. Una delle maggiori sfide nell’ambito della gestione dell’acqua è rappresentata dalla continua modifica della disponibilità della risorsa, per quantità e qualità, accentuata dai cambiamenti climatici, con effetti che vanno dalle importanti variazioni dei regimi pluviometrici all’intensificazione dei fenomeni meteo estremi, oltre che dalla normativa sempre più stringente a tutela dai microinquinanti di nuova generazione.
L’emergenza idrica è tra i rischi a maggior impatto per il pianeta. La domanda mondiale di acqua è, infatti, prevista in aumento del 30% nei prossimi 30 anni, in considerazione della rapida crescita demografica ed economica, con un incremento repentino nei prossimi due decenni. Emerge dunque la necessità di elaborare politiche per una gestione sostenibile delle risorse idriche.
Pochi se ne sono accorti, ma quest’anno ricorre il trentesimo anniversario della “legge Galli” (l.36/1994), la legge che trasformò radicalmente il sistema di gestione dei servizi idrici in Italia. Il compleanno ci dà l’occasione per un bilancio di quella riforma, e insieme per riflettere sull’adeguatezza di quel modello a fronte delle sfide che il settore ha di fronte, in primis quelle derivanti dal cambiamento climatico.
L’acqua è un elemento vitale e da sempre regola la vita sulla Terra, disciplinandone gli equilibri. Negli ultimi decenni i mutamenti nel clima globale hanno avuto conseguenze significative sul ciclo dell’acqua e sulle risorse idriche del pianeta. Eventi meteorologici estremi, come inondazioni e siccità, sono sempre più frequenti e intensi, comportando impatti negativi in tutto il mondo.
Con un deficit di precipitazione registrato su scala nazionale pari a circa il -24% rispetto alla media 1951-2020, il 2022 è stato uno degli anni più avari di precipitazioni negli ultimi anni. Le fasi siccitose, ormai sempre più frequenti, sono il sintomo di un mutamento nelle dinamiche climatiche, con ripercussioni evidenti anche sul ciclo idrologico.
On February 6th, the European Commission released its Communication on a 2040 climate target. European member states are now called to agree on the ambition level and the required enabling conditions to deliver this target. Swift endorsement is crucial, as it will solidify Europe's commitment to climate action in its next political mandate and confirm its climate leadership globally.