Mancano poche settimane alle fine di questo annus horribilis dove, purtroppo, si può solo constatare che qualcosa ancora non torna. Proviamo a mettere in fila quello che è successo sul mercato gas e la reazione molto onerosa e spesso inefficace dei provvedimenti normativi e regolatori che si sono affastellati.

Le tensioni sul mercato sono notoriamente emerse già nell’autunno del 2021, quando lo squilibrio tra una domanda crescente rispetto all’offerta hanno portato ad una crescita sensibile dei prezzi. Era un fattore assolutamente prevedibile: l’errata e perpetrata comunicazione, soprattutto a livello europeo, sulla fine prematura dell’uso del gas naturale aveva condotto ad una riduzione importante negli investimenti nell’upstream, i cui valori si sono dimezzati nel periodo 2013-2020 rispetto agli anni precedenti. Occorre fare attenzione. Riferirsi a ‘livello europeo’ non significa lanciare la croce sulla Commissione europea: la corsa sfrenata ad alzare l’asticella degli obiettivi di contenimento delle emissioni climalteranti ha visto diversi governi dei paesi UE fare la gara a chi la sparava più in alto, senza, ahinoi, analisi di fattibilità e di impatto economico ed occupazionale. Una nota di colore a corollario: cosa mai potrà condurre il Commissario Timmermanns ad affermare alla COP27 che la UE potrebbe conseguire un abbattimento del 57% delle emissioni al 2030 invece che del 55%, come se i dati sull’aumento delle emissioni, la guerra in Ucraina non esistessero?

E dopo il “colore di Timmermanns” tornando agli eventi, arriva la drammatica guerra in Ucraina: limitandoci in questa sede alla parte gas, si rilevano le diverse decisioni sul piano sanzionatorio a livello internazionale e UE, ovviamente, con la scelta di avviare una riduzione il più rapida possibile delle importazioni di gas russo. Operazione che conduce ad una corsa ai rigassificatori e ai volumi di GNL – possibilmente non russo – necessari a ridurre la sensibile quota proveniente dal nostro vicino e storico fornitore. Nonostante i momenti aulici di celebrazione del soccorso, caro invero, del GNL statunitense, chiunque abbia seriamente a che fare con l’upstream, e conosce i tempi di realizzazione e/o potenziamento di infrastrutture di estrazione e liquefazione, sa che per diversi anni, almeno 5, non vi sarà capacità tale da sostituire interamente i volumi russi.

Qui si innesta, a febbraio 2022, la romantica e perseverante idea del governo italiano di chiedere un price cap utile e necessario a calmierare i livelli di prezzo. Idea rilanciata senza soluzione di continuità, la cui configurazione è stata tuttavia finalizzata solo nel mese di settembre. Che fosse e sia poco realizzabile poco importa, che ci fosse e ci sia poco supporto comunitario pure. Volendo assicurare una tutela ai consumatori nazionali, senza bizantini e temporanei interventi su accise, crediti di imposta ecc, un meccanismo di garanzia di prezzo come si era proposto in primavera avrebbe, si ritiene, potuto dare delle risposte più concrete evitando la forte contrazione della domanda di gas registrata in questi mesi dai settori industriali.

Oggi, ai primi freddi, con stoccaggi pieni, a costi non banali, nell’attesa che inizino i lavori per il primo rigassificatore di Piombino, mantenendo la speranza di uno scenario termico non troppo aggressivo per poter superare questo inverno, si delineano già le preoccupazioni di come si potrà gestire il prossimo anno termico, ipotizzando zero gas russo. Non credo vi sia una soluzione al momento, se non ipotizzare che termini la guerra e che a determinate condizioni rientrino le tensioni con la controparte russa e che, quindi, riprenda nel tempo il flusso di approvvigionamenti al netto del Nord Stream.

In questo contesto assai teso, il modo in cui sono state definite le linee di intervento a supporto degli operatori energetici è quanto mai discutibile. Chi riceve le bollette spesso non ha la consapevolezza delle differenze esistenti tra venditori puri, la netta maggioranza numerica pur se non a livello di volumi, e quelli che, facendo parte di gruppi integrati con importatori di gas, non hanno avuto il rilevante problema di assicurarsi i volumi. Come è emerso in diversi articoli di stampa, i primi hanno dovuto già nella tarda primavera rilasciare volumi importanti di portafoglio non trovando soggetti disposti ad offrire gas per il corrente anno termico e per quelli conservati in portafoglio affrontare da un lato, il problema della copertura sul mercato, spesso in borsa o con bilaterali giornalieri o settimanali, e dall’altro, quello delle garanzie da rilasciare, se non il pagamento anticipato dell’intero volume contrattualizzato. Questione in verità riscontrata anche da molte imprese industriali, come emerso anche in questo caso in diversi articoli di stampa.

Al riguardo, l’aspetto più sorprendente, ahinoi reiterato anche nella versione del DL Aiuti quater entrato in Consiglio dei Ministri lo scorso 10 novembre 2022, il che fa pensare che se i ministri cambiano, i tecnici a supporto no, è che le evidenti difficoltà che le imprese hanno nel gestire costi energetici così critici abbiano condotto e conducano a soluzioni incomprensibili! Per quale motivo debba essere coinvolto il venditore nella rateizzazione delle bollette francamente sfugge: il venditore non fa finanza e non eroga prestiti. Prevedere un meccanismo che lo obblighi a concedere 48 rate, applicando un tasso di interesse massimo pari al BTP di durata pari a quella del finanziamento, potendo bilanciare il circolante con finanziamenti bancari a tassi di mercato con garanzia SACE pari al 90% del finanziamento concesso pare assai perverso. Qui quantomeno si rilevano due aspetti critici:

  • la banca per finanziare, pur con una quota di rischio del 10%, valuta il merito del credito. Tale valutazione implica sia un’alea sull’esito, in questo periodo di marginalità contratte dei venditori, non cosi certo nella sua positività, sia un tasso di interesse variabile in relazione alla situazione del venditori ed alla loro dimensione;
  • per quale motivo si ritiene che il venditore debba fare un mestiere non suo, il banchiere, tra l’altro sostenendo il delta tra tasso attivo e passivo e non si allarga la presunzione di solidarietà anche al sistema bancario, imponendo un tasso pari al BTP?

Se il tema è, e lo è, trovare una soluzione per consentire alle imprese di pagare le bollette, parrebbe molto più razionale inquadrare il tema nel rapporto consumatore industriale – sistema bancario, insieme a SACE. Il merito di credito da valutare è quello del consumatore non del venditore. E no, qualcosa non torna nella persistenza di un meccanismo che già nel DL Ucraina del marzo 2022 all’art.8 era stato previsto senza alcuna efficacia.