Se il 2022 è stato un anno senza precedenti per l’energia in generale, ciò è per certi versi ancor più vero per la filiera gas. Nell’arco di pochi mesi, il mercato del metano - fulcro dello shock energetico iniziato nel 2021 e intensificatosi con la crisi ucraina - ha visto incepparsi meccanismi cardine che da anni ne garantivano il funzionamento, trovandosi ora a marciare a tentoni, per un tempo ancora difficile da prevedere.

Non parliamo qui dei segmenti più a monte, dall’importazione ai grandi scambi in borsa e otc, intorno ai quali si è sviluppata la tempesta e che in questi mesi occupano l’attenzione del pubblico; bensì dei riflessi di quella tempesta sull’ultimo miglio, che nell’ultimo anno hanno fatto scricchiolare certezze su cui si fondava il sistema almeno dalla liberalizzazione a oggi - come lo stoccaggio e la contrattazione annuale - lasciando spazio a un crescente intervento di supplenza dei poteri pubblici

Il meccanismo di assegnazione ad asta della capacità di stoccaggio, ad esempio, è stata una conquista fondamentale del mercato libero: dove una volta la possibilità di accumulare gas nella stagione estiva per prelevarlo da novembre a marzo era regolata con meccanismi rigidi e amministrati, da un decennio circa la capacità viene offerta sul mercato e gli operatori l’acquistano avendo come “bussola” i differenziali di prezzo tra estate e inverno.

Da un paio di anni però, questo schema è andato progressivamente in crisi: prima il crollo dei prezzi nel 2020 pandemico ha incentivato (sul finire dell’anno) uno svuotamento delle scorte straordinario, operazione più conveniente dell’acquisto di gas importato, poi nel 2021 la rincorsa dei prezzi post-Covid ne ha scoraggiato la ricostituzione, bloccandola infine del tutto nel 2022: lo scorso inverno le normali aste sono andate deserte, incluse quelle straordinarie e il 1° aprile la stagione delle immissioni non è partita.

Per arrivare al 95% di riempimento attuale, solo poco sotto la media degli anni normali, non sono bastati neppure gli incentivi economici, si è dovuto affidare un ruolo straordinario di acquirente di gas a Snam e Gse, finanziato con anticipazioni per circa 6,5 miliardi di euro di fondi pubblici, finendo per approvvigionare in questo modo quasi un terzo dei volumi totali immessi in stoccaggio tra aprile e ottobre 2022.

È stato un intervento del tutto straordinario e “statalista”, che per di più essendo in atto contemporaneamente in vari paesi europei ha anche contribuito a spingere i prezzi del gas ai livelli record di luglio e agosto, ma al tempo stesso senza il quale le scorte italiane potrebbero trovarsi oggi con circa 3,6 miliardi di mc in meno, ossia piene per meno dell’80%, alla vigilia di uno, anzi due inverni dalle molte incertezze. 

Per un problema che si risolve, però, un altro ne sorge. Gli anticipi miliardari erogati dal Mef al Gse devono essere restituiti mettendo in vendita il gas e la caduta dei prezzi dopo la fine della campagna iniezioni ha messo davanti al dilemma tra vendere ai prezzi attuali - e non restituire per intero il “prestito” - o vendere ai prezzi stellari di agosto, scaricandoli sui consumatori. Per ora il governo ha deciso di rinviare la decisione nell’apparente speranza che i prezzi tornino ad aumentare. Una specie di paradosso, che ci porta al secondo esempio.

Da sempre uno degli appuntamenti centrali per il mercato del gas italiano è la cosiddetta “campagna” annuale, un arco di tempo di qualche mese, grosso modo a cavallo dell’estate, in cui i grandi acquirenti - dalle industrie alle società di vendita al dettaglio, alle imprese termoelettriche - coprono una quota significativa del proprio fabbisogno atteso nel successivo anno termico (i 12 mesi da ottobre a settembre) stipulando contratti annuali con i grandi importatori. Quest’anno, in un contesto di prezzi elevati e volatili come mai era accaduto in precedenza, il rituale non si è ripetuto. Già dalla tarda primavera è diventato evidente che domanda e offerta non si stavano incontrando: numerosi acquirenti riferivano di una indisponibilità dei venditori a concludere contratti.

Non si trattava solo della scomparsa delle offerte a prezzo fisso, già dal 2021 progressivamente sparite dai listini all’ingrosso e al dettaglio - e per inciso l’assicurazione contro le fluttuazioni  è stato un altro elemento cardine del mercato libero virtualmente spazzato via dalla crisi. Energivori e retailer faticavano a trovare un contratto annuale pressoché a qualunque condizione. Così una grossa fetta di mercato è arrivata scoperta al 1° ottobre. Le conseguenze potevano essere particolarmente gravi: industrie senza gas, un numero non piccolo di operatori della vendita in crisi, un ricorso di massa ai meccanismi di fornitura di ultima istanza - che nel caso degli acquirenti rimasti senza fornitore all’ingrosso significa comprare temporaneamente il gas da Snam Rete Gas, ossia dal gestore di rete.

Una serie di contromisure ha consentito nell’immediato di evitare il peggio: Eni ha iniziato in alcuni casi a offrire forniture mensili; nel contempo Arera ha consentito in via eccezionale, per almeno tutto il prossimo inverno, di contrattualizzare mese per mese la capacità sui gasdotti Snam, limando intanto il servizio di ultima istanza per renderlo meno penalizzante per le imprese costrette ad utilizzarlo.  Un pezzetto alla volta e navigando a vista, insomma, l'anno gas è partito senza che il sistema andasse in frantumi. Resta però in equilibrio precario e segnato da diverse anomalie. 

I volumi del servizio default trasporto, già decuplicati nel 2020-21 a 250 mln mc per 1.000 contratti, contro i poco più di 20 mln mc per 270 soggetti l’anno prima, nel 2021-22 dovrebbero essere ancora più che raddoppiati, rischiando di fare di un gestore di infrastrutture come Snam, suo malgrado, qualcosa di molto diverso da un mero fornitore temporaneo per casi residuali. Nel frattempo approvvigionarsi all’ingrosso su orizzonti superiori al giorno o alla settimana resta estremamente problematico, la corsa dei prezzi ha moltiplicato la finanza necessaria a stare sul mercato e fatto esplodere i rischi morosità. Legislatore e regolatore, come visto, sono stati più volte chiamati a intervenire. Difficilmente saranno le ultime.