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Se perdiamo la raffinazione…

I mercati petroliferi stanno attraversando un periodo piuttosto turbolento, in larga parte dovuto all’acuirsi del conflitto russo-ucraino, il quale sembra lontano da una soluzione diplomatica. I prezzi del petrolio viaggiano da diverse settimane sopra quota 110 dollari/barile (con punte superiori ai 120) esibendo oscillazioni molto ampie da un giorno all’altro, mentre i prodotti raffinati ogni giorno infrangono un nuovo record, soprattutto se espressi in euro/litro vista la debolezza dell’euro nei confronti del dollaro.

La raffinazione europea nel contesto di un potenziale embargo alla Russia

Chi verrebbe maggiormente danneggiato da un possibile embargo petrolifero verso la Russia? Le finanze dei paesi consumatori o più quelle dello stato russo? Tre dati aiutano a inquadrare bene il problema. Il prezzo del Brent, che risponde in parte alle dinamiche della domanda globale di petrolio, si è portato dagli 87 doll/bbl di gennaio ai circa 115 doll/bbl attuali.

La resilienza della raffinazione italiana e la capacità di guardare avanti

La crisi Russia-Ucraina ha amplificato la tendenza, già in atto dalla fine del 2021, dell’aumento dei prezzi delle materie prime, tra cui greggio e gas, ma ha soprattutto reso evidente il reale peso dell’export russo nel settore energetico e il ruolo, da un punto di vista logistico, del Mar Nero quale area nevralgica per la caricazione di materie prime, semi lavorati e prodotti finiti non solo di origine russa.

Da chi importa petrolio l’Italia?

L’inizio del 2022 è stato protagonista di importanti tensioni geopolitiche che hanno impattato, in primis, il settore energetico. La guerra russo-ucraina sta mettendo a rischio i vari equilibri internazionali, essendo rilevante il ruolo che la Russia ricopre come produttore e maggior esportatore di energia.

La reazione dell’Unione europea alla guerra prevede, fra le varie misure, anche quella di sanzionare il mercato delle materie prime energetiche.

Guerra, embargo e l’impatto sui prezzi del petrolio

Da più di due mesi il mondo sta vivendo una crisi che non ha precedenti: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha portato ad un contrasto, che non trova riscontro nella storia recente, e che vede opporsi la Russia, da una parte, e Stati Uniti ed Europa dall’altra, mentre il resto del mondo è diviso tra posizioni di neutralità e di condanna dell’intervento delle truppe russe.

Le sanzioni stanno colpendo l’industria petrolifera russa, anche senza embargo

Anche se l’UE non imporrà un embargo totale al petrolio russo, le sanzioni ad oggi decise avranno comunque effetti molto pesanti sull’industria Oil&Gas di Mosca. Prima di tutto, per le compagnie russe sarà particolarmente difficile assicurarsi linee di credito internazionali e questo rappresenta un problema dato che queste ultime hanno tassi di interesse di gran lunga inferiori a quelli oggi praticati sul mercato russo che sono arrivati a toccare il 20%. Un dato senza precedenti.

Embargo europeo al petrolio russo: un’opportunità per la Cina?

Il passaggio della Cina da esportatore netto a importatore netto di petrolio avvenuto a metà degli anni ‘90 ha certamente rappresentato uno dei momenti topici nel mercato petrolifero delle ultime tre decadi. Da lì, spinta da una apparentemente instancabile crescita economica, Pechino ha costantemente accresciuto la propria posizione nel mercato globale, fino al punto di superare gli Stati Uniti come maggiore importatore di petrolio a partire dal 2017. In tale contesto, soprattutto dal 2004 in avanti, la Cina ha messo in atto un significativo sforzo di diversificazione, sia per quanto riguarda l’origine che le vie di transito del petrolio, nell’ottica di mantenere una certa capacità di resilienza di fronte a situazioni di riduzione nella capacità di offerta dei principali partner petroliferi.

Embargo petrolio russo: le cose che non ci vengono dette

A differenza degli altri pacchetti di sanzioni imposti dall’Unione Europea, sembra che il sesto – relativo all’embargo del petrolio e dei prodotti petroliferi russi - stia dividendo gli stati membri e non sia di facile attuazione. Quali sono le vere ragioni che non rendono praticabile quest’opzione e che esulano dalla mera opposizione di alcuni paesi come l’Ungheria? Ce lo spiega in una lunga e puntuale intervista Salvatore Carollo, Oil and Energy Analyst and Trader.

Tra mercato e politica: lo “strano caso” del gasdotto TAP

L'aggressione militare russa all'Ucraina ha riportato al centro del dibattito internazionale e italiano il tema della sicurezza energetica e delle vulnerabilità associate alla dipendenza dall'approvvigionamento esterno di idrocarburi, e in particolar modo di gas. Lo ha fatto modificando in profondità i parametri attraverso i quali guardare alla partita energetica e al bilanciamento tra le ragioni del mercato e quelle della politica che a essa sottendono. Politica e diplomazia dell'energia sono così tornate ad affermare il proprio ruolo in un contesto che ci si illudeva potesse essere determinato dalle sole dinamiche e dalle leggi della domanda e dell'offerta.

Stoccaggi gas: la faticosa partenza delle iniezioni e il rischio sicurezza

Il ruolo fondamentale che gioca lo stoccaggio nella filiera gas è noto e gli eventi di questi ultimi mesi non fanno che confermarlo. Lo stoccaggio serve al bilanciamento del sistema, per la modulazione del gas per le diverse tipologie di utenza e soprattutto per rispondere alle esigenze di variazione stagionale della domanda. In questo senso lo stoccaggio ha anche un’importanza strategica per la sicurezza del sistema gas, consentendo di compensare la maggiore domanda invernale che il mix di importazione e produzione non riuscirebbe da solo a coprire.

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