Con il ritorno all’accisa piena dal primo gennaio si è alzato un polverone sui prezzi dei carburanti. I dati dicono che l’aumento dei prezzi rilevato è esattamente uguale all’aumento delle accise e che quindi non ci sono elementi per parlare di “speculazione”. Nonostante questo, il governo è intervenuto la scorsa settimana con un decreto-legge, introducendo tra l’altro nuove misure sulla comunicazione dei prezzi.
Il mercato dei carburanti è tra i più liberi, monitorati e trasparenti da diversi anni. Da più di 40 anni il ministero che attualmente si chiama dell’Ambiente e della sicurezza energetica- Mase (direzione Statistiche energetiche e minerarie) rileva ogni settimana i prezzi dei carburanti e dei combustibili (i “prezzi Italia”). La rilevazione, svolta su un campione rappresentativo della realtà della distribuzione in Italia, fornisce tra l’altro i prezzi medi settimanali della benzina e del gasolio in modalità self-service. I prezzi vengono pubblicati ogni martedì alle 12 sul sito del ministero. I dati fanno riferimento alla settimana (da lunedì a domenica) precedente il giorno della rilevazione.
I prezzi alla pompa di benzina e gasolio negli ultimi 12 mesi
Fonte: elaborazioni Staffetta Quotidiana su dati Osservaprezzi Mimit
Dal 2015, a questa rilevazione si è affiancato un altro strumento, incardinato all’allora ministero dello Sviluppo economico, oggi Ministero delle Imprese e del made in Italy o Mimit (direzione generale per il mercato, la concorrenza, la tutela del consumatore e la normativa tecnica): l’Osservaprezzi carburanti. Sulla base della legge n. 99 del 2009 e dei successivi decreti attuativi, i gestori dei punti vendita carburanti devono comunicare al Ministero i prezzi praticati alla pompa ogni volta che questi cambiano, e comunque (anche se non cambiano) almeno una volta la settimana.
I prezzi così raccolti vengono pubblicati quotidianamente in formato open data sul sito dell’Osservaprezzi alle 8 di mattina del giorno successivo alla rilevazione. Nel 2015 la Staffetta Quotidiana avviò una collaborazione con l’Osservatorio per elaborare le centinaia di migliaia di dati pubblicati ogni giorno in modo da trarne degli indicatori statisticamente significativi. Da allora, esattamente dal 18 febbraio 2015, la Staffetta pubblica quotidianamente i prezzi medi nazionali giornalieri dei diversi carburanti (benzina, gasolio, Gpl e metano, cui si è aggiunto in un secondo momento il Gnl e in futuro, chissà, l’elettricità), suddivisi per marchio, Regione e provincia. Oggi vengono rilevati i prezzi di poco meno di 19.000 punti vendita, su un totale che è di poco superiore a 22.000. Ci sono, cioè, poco più di tremila punti vendita che non comunicano regolarmente i prezzi.
Due sono dunque gli strumenti di trasparenza già in funzione: i prezzi settimanali del Mase, elaborati dal Ministero sulla base dei dati forniti dagli operatori (compagnie, proprietari dei punti vendita), e quelli del Mimit, forniti dai gestori (i “benzinai”). Nonostante questa differente origine, i prezzi risultano praticamente identici. Il livello di trasparenza sui prezzi dei carburanti è dunque già estremamente elevato e l’esposizione di un prezzo medio presso i punti vendita (obbligo introdotto con il decreto-legge della scorsa settimana) creerebbe forse più confusione che altro, oltre a essere di dubbia utilità per il consumatore, che fa le proprie scelte sulla base della conoscenza del proprio mercato locale, e non di un astratto indicatore medio. Tanto più che già oggi chiunque può utilizzare il motore di ricerca dell’Osservaprezzi per verificare in tempo reale i prezzi dei punti vendita lungo un determinato percorso.
Passiamo ora a esaminare cosa c’è dentro il prezzo che paghiamo quando andiamo a fare il pieno. L’ingrediente principale, va da sé, sono le tasse. La scorsa settimana la benzina costava in media 1,814 euro/litro. Di questo prezzo, poco più di un euro va in tasse (73 centesimi di accisa e 33 cent di Iva). La “quotazione internazionale” della benzina, cioè quello che a volte viene chiamato prezzo industriale o Cif Med, rilevato principalmente dall’agenzia Platts, contribuisce per circa 56 centesimi. La parte rimanente (circa 20 centesimi) è il margine lordo, cioè, semplificando molto, la fetta che va a remunerare gli operatori a valle della raffineria (trader, grossisti, distributori, trasportatori, gestori), ma anche a coprire alcune ulteriori voci di costo, come la miscelazione dei biocarburanti (oggi poco meno di 6 centesimi al litro) e l’obbligo di tenere scorte di prodotti in caso di emergenza.
Composizione del prezzo della benzina alla pompa
Fonte: Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Prezzi medi settimanali, rilevazione del 16/01/23
Questo “margine lordo” ha conosciuto un’interessante evoluzione negli ultimi mesi. Tra febbraio e marzo, quando la guerra scatenata dalla Russia ha mandato in tilt i mercati energetici, i fornitori di prodotto, sia al livello nazionale che internazionale, viste le difficoltà di approvvigionamento dovute all’improvvisa scomparsa dei prodotti russi dal mercato, hanno iniziato, ciascuno per proprio conto, ad aumentare i prezzi (i “delta sul Platts”). Questo ha determinato, tra le altre cose, un azzeramento della differenza di prezzo tra i punti vendita delle compagnie petrolifere e le “pompe bianche”, differenza che negli ultimi cinque anni almeno si aggirava tra i 2 e i 4 centesimi al litro.
La polemica in corso sui prezzi dei carburanti è scoppiata in occasione della fine dello sconto sulle accise introdotto dal governo Draghi il 22 marzo in risposta all’aumento smodato dei prezzi e delle quotazioni petrolifere dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Un punto, dunque, che merita un breve approfondimento. Lo sconto è durato poco più di otto mesi. Il calo delle quotazioni internazionali di benzina e gasolio ha fatto sì che, una volta tornate le accise “piene”, i prezzi alla pompa restassero comunque ben al di sotto dei record raggiunti nel 2022 pur con le accise ridotte. Oggi, ad esempio, il prezzo medio del gasolio è inferiore a quello toccato il 16 ottobre, quello della benzina è inferiore al livello di inizio agosto. Sia a ottobre che ad agosto le accise erano ancora “scontate”.
Le accise su benzina e gasolio dal 1998 al 2023
Fonte: elaborazione Staffetta Quotidiana
La riduzione delle accise è stata attuata (in parte) con un meccanismo, quello della sterilizzazione dell’IVA o dell’accisa mobile, utilizzato altre due volte negli ultimi 25 anni. Sulla base di questo meccanismo, se il prezzo del petrolio sale al di sopra del livello indicato nel Documento di economia e finanza, il maggiore gettito IVA generato dall’aumento dei prezzi viene utilizzato per ridurre l’accisa, mantenendo dunque costante l’incasso dello Stato. Il meccanismo fu azionato due volte dal governo D’Alema tra il 1999 e il 2000 e una volta dal governo Prodi nel 2008. In entrambi i casi lo “sconto” fu circa di due centesimi al litro. Con il “decreto Trasparenza” approvato la scorsa settimana, il governo Meloni ha introdotto una modifica alla norma del 2008, che rende più facile far scattare la sterilizzazione dell’IVA. Lo sconto introdotto dal governo Draghi faceva però leva anche su risorse finanziarie ulteriori e non solo sul surplus di gettito Iva. Con il solo meccanismo dell’accisa mobile, lo “sconto” possibile è di pochi centesimi al litro. A meno che il barile non raggiunga livelli mai visti prima. Evenienza che non sarebbe da escludere nel caso in cui l’economia cinese tornasse a tirare. Un elemento che si andrebbe ad aggiungere ad altri fattori “rialzisti”, come il basso livello delle scorte, l’embargo sui prodotti raffinati russi che entrerà in vigore il 5 febbraio e la scarsa capacità di raffinazione a livello mondiale, che già ardono come brace sotto la cenere.