La decisione, a livello comunitario, di sospendere a partire dal 2035 la vendita di auto a diesel e benzina ha sollevato un acceso dibattito sulla sua convenienza tanto per l’ambiente quanto per l’economia europea, e italiana. Delle implicazioni e dei costi di questa scelta ne abbiamo parlato con il Prof. Romano Prodi.
Professore, prima di parlare della decisione della Commissione e del Parlamento europeo, di bloccare la vendita di motori endotermici dal 2035, merita fare un cenno agli strumenti necessari per contrastare il cambiamento climatico. Cosa pensa in merito?
La custodia del pianeta è compito e dovere primario di tutta la società umana, così come unanime è la paura per le conseguenze del riscaldamento globale. Di fatto, i mezzi per combatterlo sono largamente condivisi, ma sui relativi modi di implementazione le divergenze sono state e continuano ad essere profonde. Infatti, le risorse finanziarie necessarie a combattere i cambiamenti climatici sono assai superiori a quelle che si pensava. Detto ciò, i risultati positivi possono essere raggiunti, come dimostrato dall’accordo siglato all’ultimo minuto durante l’ultima COP27 in Egitto. Occorre però una maggiore concretezza e capacità di sintesi diplomatica. Basterebbe osservare e confrontare la propensione dell’UE ad agire sul tema e confrontarla con quella di altri paesi come gli Stati Uniti e la Cina.
Viviamo in un Paese bello e ricco come pochi altri, in cui è possibile passare anni a girare fra città e borghi unici al mondo. Certo, abbiamo anche quartieri degradati e cittadine cresciute con la speculazione edilizia, ma il nostro parco immobiliare merita certo attenzione e cura. Del resto negli edifici mangiamo, lavoriamo, socializziamo, creiamo, produciamo, amoreggiamo, litighiamo, dormiamo… insomma viviamo. La maggior parte di noi, tagliata fuori dalla natura salvo qualche sporadica vacanza, passa buona parte della sua vita in questi ambienti.
Il Superbonus 110%, introdotto dal Governo nel D.L. Rilancio (D.L. 34/2020), ha rappresentato certamente un booster per l’economia nazionale e in particolare per la filiera della riqualificazione energetica e sismica degli edifici. Tale misura ha, infatti, favorito il rilancio del settore edile, in forte crisi, e dell’occupazione, l’aumento del valore immobiliare, la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza degli edifici e l’emersione del lavoro irregolare.
“Gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare” diceva Gino Bartali dei problemi del ciclismo su strada, espressione ormai divenuta popolare e che ritorna buona anche per la nuova direttiva sulla prestazione energetica degli edifici. Il 9 febbraio 2023 la Commissione ITRE - Industry, Research and Energy del Parlamento Europeo ha discusso e approvato la nuova versione della Direttiva EPBD sulla prestazione energetica degli edifici.
Obiettivi sempre più stringenti sul tema della decarbonizzazione al 2030 sono stati introdotti negli ultimi anni da parte dell’Unione Europea, come la riduzione del 55% delle emissioni rispetto al 1990, con il fine ultimo di raggiungere la neutralità climatica al 2050. A tal proposito, la proposta di revisione della Energy Efficiency Directive del Luglio 2021, facente parte del più ampio pacchetto di misure previste dal Green Deal europeo, aumenta il livello di ambizione dell'obiettivo di efficienza energetica dell'UE e lo rende vincolante.
Carbon capture and storage (CCS) deployment plans need to be developed with a greater emphasis on CCS’s essential role in allowing effective use of gas, coal, and other fuels such as biomass and waste in delivering energy security. ‘Effective’ can be summarised as getting the maximum value out of the minimum fossil fuel use and also progressively expanding the amount of CCS applied to that fossil fuel use to 100%, via direct capture at source or recapture from the atmosphere, in order to get net zero GHG emissions by 2050.
Carbon capture and storage (CCS) deployment continues to grow worldwide. There is international agreement that CCS (an integrated suite of proven technologies that can prevent large quantities of CO2 from being released into the atmosphere) is vital for meeting global climate and energy goals. CCS is a crucial climate mitigation tool for hard-to-decarbonize sectors such as cement, steel, and fertilizer. International policies are providing incentives for spurring CCS deployment. Nowhere is this more evident than in the United States (U.S.) In August 2022 U.S. enacted the Inflation Reduction Act of 2022 (IRA or Act). The IRA includes a historic investment of $369 billion in climate and energy funding and enhancements to the Internal Revenue Service (IRS) § 45Q tax credit for CCS.
37,5 miliardi di tonnellate. Basterebbe la cifra delle emissioni di CO2 nel 2022, record storico, per capire che le tecnologie di rimozione del carbonio non rappresentano solo una delle opzioni da considerare, ma costituiscono un imprescindibile tassello della decarbonizzazione. Siamo decisamente fuori rotta rispetto agli obiettivi di neutralità carbonica di metà secolo. Questo nonostante nelle economie avanzate, in particolare l’Europa, la quale contribuisce con circa 8% al bilancio mondiale delle emissioni, i decisori politici come i ludopatici spinti a fare puntate sempre più alte, alzano il livello degli obiettivi di decarbonizzazione contestualmente al mancato raggiungimento di quelli fissati in precedenza.
È ormai accettato che le attività umane abbiano alterato il ciclo del carbonio del nostro pianeta, che prima della rivoluzione industriale coinvolgeva lo scambio naturale di carbonio tra la geosfera, la biosfera, gli oceani e l'atmosfera, e si traduceva in un basso intervallo di concentrazioni di CO2 nell'atmosfera (circa 280 ppm, ovvero 0,028%) (IPCC, 2013-2014). Tuttavia, negli ultimi 250 anni, la combustione di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) per la produzione di energia, per il riscaldamento, i processi industriali e i trasporti, ha aumentato la quantità di CO2 emessa nell'atmosfera fino all'odierna concentrazione atmosferica di 409,9 ppm (già un aumento del +46,4% rispetto ai livelli preindustriali).
L’intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) non ha dubbi a riguardo: la tecnologia di cattura, utilizzo, trasporto e stoccaggio di CO2 (Carbon Capture, Use and Storage, CCUS) è imprescindibile per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dagli Accordi di Parigi*. Una tecnologia necessaria. A livello operativo, per le industrie ad alta intensità di emissione (la cosiddetta industria pesante) catturare la CO2 rappresenta la sola opzione possibile per mitigare le emissioni delle attività industriali in cui le emissioni di CO2 sono inevitabili, poiché necessarie per la trasformazione della materia prima come nel caso di cemento, acciaio, produzione chimica, ecc.