The significant support for carbon capture and storage (CCS) projects adopted by countries including the United States and Canada in recent months have highlighted the importance of CCS in meeting international climate goals. Indeed, the growth of CCS technology will allow for a transition to net-zero emissions while maintaining the viability of industries that have long sustained communities and workforces around the world – ensuring that decarbonization takes place in a just and orderly fashion.
Il significativo supporto riconosciuto ai progetti di cattura e stoccaggio della CO2, adottati in varie parti del mondo in questi ultimi mesi, tra cui anche Stati Uniti e Canada, evidenziano l’importanza di questa tecnologia per raggiungere gli obiettivi climatici internazionali. La crescita della tecnologia CCS è destinata a facilitare la transizione verso un mondo a emissioni zero, garantendo al contempo continuità a quelle industrie che hanno a lungo sostenuto comunità e lavoratori in tutto il mondo. Allo stesso modo, garantendo equità al processo di decarbonizzazione.
La cattura e l’utilizzo della CO2 (CCU) non è un’attività nuova. L’Agenzia Internazionale per l’energia (AIE) stima che oggi vengano utilizzate circa 230 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 soprattutto nella produzione di fertilizzanti (~130 Mt) e per incrementare il tasso di recupero di petrolio dai giacimenti (~80 Mt). In particolare, la tecnologia EOR (“enhanced oil recovery”) è usata negli USA da almeno quarant’anni e si è affermata grazie alla sua convenienza economica.
La Commissione Europea mira ad abbattere le emissioni di gas serra entro il 2050, con l’obiettivo intermedio di ridurle almeno del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Tali obiettivi, come stabilito dalla European Climate Law, saranno raggiunti attraverso l’adozione di strategie che mirano alla riduzione delle emissioni, all’aumento degli investimenti in tecnologie verdi e alla protezione dell’ambiente naturale.
Traditionally, when an oil and gas field production cycle end and all usable hydrocarbons have been extracted, the top side facilities are dismantled, the wellbore is permanently plugged and abandoned, and the surrounding land or seabed is returned to its natural condition. In the UK Continental Shelf (UKCS) alone, it is forecast that 1,211 wells across 230 fields will be decommissioned between 2019 to 2028. The current projected decommissioning costs for the UKCS total $60 billion with efforts underway to reduce that figure to $51 billion by the end of 2022.
Tradizionalmente, nel settore Oil&Gas, quando il ciclo produttivo si conclude e tutte le risorse utilizzabili di idrocarburi sono state estratte, gli impianti in superficie vengono dismessi, il pozzo viene definitivamente chiuso, mentre le aree adiacenti vengono riportate alle loro condizioni naturali. Soltanto nella piattaforma continentale del Regno Unito, saranno circa 1.211 i pozzi, suddivisi tra 230 giacimenti, che verranno dismessi entro il 2028. I costi stimati per queste operazioni sono di circa 60 miliardi di dollari, ma l’obiettivo è quello di contenere la spesa a 51 miliardi di dollari.
Northern Lights costituisce il segmento di trasporto e stoccaggio dell’anidride carbonica in seno al progetto Longship, primo al mondo ad integrare tutta la catena del valore della CCS su scala industriale. Il progetto, in fase avanzata e per cui sono stati conclusi già accordi internazionali con emettitori importanti, costituisce un best case nel panorama europeo che fa ben sperare per una maggiore diffusione della tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2, ormai da più parti considerata come fondamentale per raggiungere gli obiettivi ambiziosi della net zero carbon. Di questo progetto, ma anche, più in generale, di questa tecnologia ne abbiamo discusso con la Dottoressa Renata Meneguolo, principal geologist del progetto Northern Lights.
Cosa motiva e spinge le persone a costituire una comunità energetica, al di là della questione economica, che esiste e che certamente non può essere sottaciuta? La questione che mi è stata posta, non solo è quanto mai attuale ma è il crinale sul quale si gioca la capacità della pubblica amministrazione e del privato di offrire soluzioni che i cittadini possano percepire non come qualcosa di imposto dall’alto, ma che li veda protagonisti e artefici del loro destino e di quella di una intera comunità.
Nel dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato l'European Green Deal, il piano per rendere l'Europa neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. Come passaggio intermedio (Fit for 55), l'UE ha alzato la sua ambizione climatica per il 2030, impegnandosi a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. L'UE aspira a diventare il primo continente a rimuovere dall'atmosfera almeno la stessa quantità di CO2 che produce entro il 2050! Secondo l'ultimo rapporto dell'IPCC (Intergovernmental panel on climate change) è molto più economico tagliare le emissioni subito, utilizzando le rinnovabili invece di carbone, gas e petrolio, piuttosto che rimuoverle successivamente.
Transizione ecologico/energetica, contenimento degli effetti antropici sull’ambiente, responsabilizzazione individuale e collettiva rispetto al cambiamento necessario, inclusione, riduzione della dipendenza dall’estero delle fonti energetiche, rendono sempre più importante definire un processo in cui il consumatore finale di energia svolga un ruolo sempre più attivo nei processi di cambiamento.