La transizione energetica rappresenta una sfida ma anche un'opportunità senza precedenti per il settore marittimo e portuale. I porti sono destinati a diventare fulcri strategici nell'ecosistema energetico del futuro, collegando produzione, distribuzione e consumo in un quadro sempre più sostenibile e tecnologicamente avanzato. Ormai è chiaro come la decarbonizzazione passi per il mare.

 

Partiamo dall’eolico offshore. Nonostante la decisione di ritardare l’apertura dei bandi pubblici per il progetto Energy Island North Sea a fronte di un costo stimato di oltre 50 miliardi di corone (6,7 miliardi di euro) e le incertezze del progetto, il Ministero del Clima, Energia e Utilities e l’Agenzia per l’Energia danesi si dichiarano ottimisti che si possano trovare, in tempi rapidi, delle soluzioni più economiche che siano in grado di minimizzare i rischi di questo ambizioso sviluppo. Invece della primavera, i bandi verranno aperti a fine anno, ma il programma di inizio operatività delle isole per il 2030-33 nella prima fase e 2040 nella seconda fase rimane in piedi.

 

Negli ultimi anni, il governo danese ha varato una nuova strategia di decarbonizzazione volta a raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 70% entro il 2030 (su base 1990) e il raggiungimento della carbon neutrality per il 2050. La strategia di decarbonizzazione fa leva sull’energia rinnovabile nel Mar Baltico e nel Mare del Nord, selezionando due località strategiche come nodi energetici: l’isola di Bornholm, situata tra Polonia, Germania, Svezia e Danimarca, e una nuova isola artificiale nel Mare del Nord. Entrambi i progetti, in una prima fase, dovrebbero svolgere il ruolo di hub per consolidare i flussi energetici di vari parchi eolici offshore. Per l’Energy Island North Sea il progetto prevede al 2033 circa 3 GW di energia rinnovabile, equivalente al fabbisogno annuale di 3,3 milioni di famiglie, fino a raggiungere 10 GW nel 2040.

 

L’isola energetica di Bornholm è più modesta con circa 3 GW previsti per il 2030, ma punta, però, alla totale decarbonizzazione dell’isola che conta circa 40.000 abitanti e 1,8 milioni di pernottamenti all’anno. L’isola di Bornholm si propone come laboratorio di sostenibilità nel nord Europa, essendosi impegnata non solo ad essere a zero-emissioni già dal 2025, ma anche a primeggiare in materia di economia circolare, essendosi posta l’obiettivo di riciclare il 100% dei rifiuti dell’isola entro il 2032, e a bandire interamente i combustibili fossili entro il 2040. Le isole energetiche del piccolo paese scandinavo, che conta circa 5,8 milioni di abitanti, sono uno dei progetti più evocativi della transizione energetica nel nord Europa.

 

WindEurope stima che la capacità eolica offshore installata in Europa ammonti a circa 32 GW inclusi gli investimenti della prima metà del 2023, ed è destinata ad aumentare. Per raggiungere l'obiettivo stabilito di recente dal Parlamento Europeo di fornire all'Europa almeno il 42,5% del suo fabbisogno energetico tramite le energie rinnovabili entro il 2030, sarebbe necessario raddoppiare l'attuale tasso di installazione a circa 30 GW/anno.  La Francia sta lanciando un'asta per un impianto eolico galleggiante da 250 MW vicino alla Bretagna e ha in programma nuove aste per l'anno prossimo. Nel Regno Unito e nel sud dell'Europa sono in corso di realizzazione vari gigawatt di impianti eolici galleggianti. Nel frattempo, il Portogallo si appresta a tenere le sue prime aste.

 

Lo sviluppo di queste infrastrutture offshore rappresenta un’opportunità anche per il settore marittimo. L'eolico offshore è già una parte importante dell'industria navale europea, e utilizza imbarcazioni come le navi jack-up e le navi roll-on roll-off per installare e gestire i parchi eolici e i cavi e per spostare i lavoratori. Attualmente in Europa vengono utilizzate oltre 100 navi per l'installazione di parchi eolici offshore e la posa di cavi, mentre altre 300 vengono impiegate per la manutenzione e il trasporto del personale. E sono alcune di queste navi che stanno sperimentando l’uso di carburanti a basse emissioni per ridurre il peso delle attività logistiche sull’impronta ecologica del settore. L'energia ibrida si sta facendo strada, per esempio, nelle le navi di servizio (Service Operation Vessels o SOV), che sono lo standard del settore per i siti lontani dalla costa. Per esempio, la società norvegese Edda Wind, di proprietà di Wilhelmsen/Østensjø, ha ordinato una flotta di sei navi a propulsione ibrida, con l'intenzione di convertirle in futuro alla propulsione a idrogeno.

 

Ma le sfide della filiera delle energie rinnovabili non si limitano alle tecnologie impiegate nelle SOV. Infatti, lo sviluppo delle rinnovabili richiede una logistica a basse emissioni di carbonio che va oltre le navi, ma include anche i terminali, i porti e le catene logistiche a terra. Inoltre, la produzione di energia in forma sempre più decentralizzata e distribuita sta aumentando la domanda di logistica, mentre la disponibilità limitata di beni e servizi logistici fa lievitare i costi. La complessità della catena di fornitura di energia sta aumentando e ciò richiede una migliore visibilità e un migliore controllo. In un libro bianco pubblicato recentemente da DHL, si reitera la necessità di ulteriore collaborazione tra gli attori delle catene logistiche legate alle rinnovabili e lo sviluppo di adeguate capacità sia infrastrutturali che analitiche per la raccolta e gestione dei dati di queste supply chains sempre più complesse.

 

Gli sviluppi nel settore offshore e delle rinnovabili, e in generale la transizione energetica, sono un’enorme opportunità per il settore marittimo. Il caso dei porti è emblematico. L'eolico offshore sta offrendo una rinascita ai porti e ai cantieri navali precedentemente sottoutilizzati a causa del declino della pesca e di altre industrie marittime. I porti con ampio spazio e infrastrutture adeguate, come gru e attrezzature per il carico, sono in una posizione ideale per supportare l'industria eolica offshore. Questa tendenza è evidente nel Mare del Nord, in particolare nel Regno Unito, dove i porti sulla costa orientale, come Humber e Teesside, hanno visto notevoli investimenti nell'eolico negli ultimi dieci anni. Questo porterebbe benefici alle comunità locali, creando nuovi posti di lavoro nel settore energetico emergente, che nel caso di Teesside e Humber, si stimano nell’ordine delle 6.000 unità.

 

Lo sviluppo dell'energia eolica offshore in acque profonde potrebbe avanzare parallelamente alla crescita del settore dell'idrogeno verde. Produrre idrogeno in mare aperto può aiutare a superare i limiti legati alla capacità delle connessioni elettriche. Inoltre, l'eolico offshore ha un fattore di capacità superiore ad altre energie rinnovabili, permettendo a un elettrolizzatore di funzionare più frequentemente, ottimizzando l'efficienza economica del progetto. E a terra molte applicazioni dell'idrogeno, come raffinerie, industria metallurgica e trasporto marittimo, si trovano vicino alle coste, a breve distanza dai parchi eolici offshore. Questo fa dei porti dei nodi strategici per il transito e lo stoccaggio dell’idrogeno verde e altri vettori energetici,   anche a fronte di una crescente domanda di importazione.

 

Sono numerosi i porti che stanno esplorando il loro ruolo come hub energetici. Nel porto di Valencia (Spagna), per esempio, è prevista l’espansione del fotovoltaico per aumentare la percentuale di energia rinnovabile nelle attività portuali. Nei due progetti PIONEERS e MAGPIE finanziati dall’Unione Europea nel contesto del programma Horizon2020, da circa 30 milioni di euro ciascuno, vengono testati oltre 30 prototipi di nuove tecnologie e concept per accelerare la transizione energetica nei porti. I progetti che sono guidati rispettivamente dal Porto di Anversa-Bruges (Belgio) e il Porto di Rotterdam (Olanda), ma che coinvolgono circa un centinaio di partners e i porti di Barcellona (Spagna), Sines (Portogallo), Constanta (Romania), Le Havre (Francia), e i due porti fluviali di DeltaPorts (Germania) e Venlo (Olanda), si concentrano su quattro direttrici principali: produzione e fornitura di energia pulita, progettazione portuale sostenibile, modal-shift, e ottimizzazione dei flussi e trasformazione digitale.

 

Un aspetto importante di questi progetti è non solo l’integrazione di vari attori e stakeholder chiave, ma anche l’obbiettivo di concepire il porto oltre i suoi confini amministrativi e fisici, come hub intermodale e logistico, e come laboratorio di sperimentazione per nuove tecnologie e idee. Alcuni concetti di gestione e ottimizzazione dei flussi di traffico fanno anche leva su nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale (IA), permettendo di sperimentare nel contesto portuale questi nuovi concetti. Già nel 2020 la Coalizione Olandese per l'Intelligenza Artificiale (NL AIC) aveva creato un gruppo di lavoro per il settore portuale e marittimo, con la collaborazione del Porto di Rotterdam e la Technical University of Delft. NL AIC si concentra su cinque building blocks essenziali, tra cui lo scambio di dati, il fattore umano, l’innovazione, e le start-up per potenziare l'innovazione dell'IA in vari settori. Il Porto di Rotterdam già usa l’IA nelle sue operazioni di manutenzione.

 

Ma l’IA ha un grande potenziale anche nell’accelerare la transizione energetica nei porti, rendendo le operazioni più efficienti e sostenibili e nella gestione dei flussi energetici e nella produzione diffusa di elettricità rinnovabile nel porto stesso, attraverso, per esempio, i virtual power plants. La transizione energetica, infatti, richiederà l’aggiornamento delle infrastrutture energetiche del porto, e ci sarà una forte domanda per ottimizzare i flussi energetici e ridurre il fabbisogno di energia nelle attività portuali con l’uso, per esempio, delle smart grids. Tra i porti italiani, spicca il porto di Trieste, dove si prevede il lancio di una smart grid dal 2026, ma con risultati visibili già dal prossimo anno, a seguito di un progetto di 18 milioni di euro finanziato all’interno del PNRR.

 

Molti porti stanno già sfruttando l'IA per ottimizzare le operazioni logistiche, riducendo l'impronta di carbonio. Nel 2020, HPC Hamburg Port Consulting ha implementato una soluzione basata sul machine learning al Terminal Burchardkai di HHLA ad Amburgo (Germania) per migliorare l'efficienza delle operazioni, riducendo significativamente i tempi di movimentazione dei container e il consumo energetico, e contribuendo alla potenziale riduzione delle emissioni di gas serra. L'IA e il machine learning possono prevedere la durata delle operazioni basandosi su dati storici e variabili come le condizioni meteorologiche, e reagire in tempo reale ai cambiamenti. Queste tecnologie hanno già portato benefici significativi in porti come Tanjung Priok (Indonesia), accorciando i tempi di attesa delle navi e le distanze percorse nei terminali. Con l'evoluzione dell'IA, si prevede un ulteriore miglioramento nella gestione dei posti di attracco, delle operazioni logistiche a terra, e nella previsione dell'arrivo delle navi, contribuendo a una navigazione più intelligente e sostenibile.

 

È importante notare, inoltre, che parte della domanda di energie a zero o basso contenuto di carbonio dovrà essere soddisfatta tramite l’importazione per mezzo di vettori chimici come l’ammoniaca e l’idrogeno. In questo contesto i porti svolgeranno un ruolo critico. L'interesse per il commercio internazionale di idrogeno é cresciuto rapidamente, a seguito della guerra in Ucraina e della transizione verde. L'UE ha aumentato l'obiettivo di idrogeno nel suo mix energetico a 20 milioni di tonnellate all'anno entro il 2030, con le importazioni che copriranno il 50% di questi volumi. Anche se parte di queste importazioni avverranno tramite gasdotto, come attestato dagli investimenti strategici di Snam verso l'Algeria e la Tunisia, i porti offrono un vantaggio di flessibilità a fronte della crescente incertezza geopolitica e dei tempi lunghi per la costruzione di nuove infrastrutture di importazione.

 

Nel contesto, quindi, di una crescente complessità delle catene del valore dei vettori di energia a basso contenuto di carbonio, come l'idrogeno, i porti assumono un ruolo critico come snodi strategici per l'importazione e l’impiego delle energie rinnovabili, e quindi anche come centri di innovazione. L'integrazione dell'intelligenza artificiale nei porti non solo potenzierà l'efficienza delle operazioni portuali, ma potrebbe giocare un ruolo chiave nella transizione energetica, contribuendo alla loro centralità come motori di sviluppo sostenibile e innovazione nel contesto europeo.

 

La visione di un futuro energetico sostenibile, supportata da tecnologie all'avanguardia, è ormai all'orizzonte, ma senza i porti la rivoluzione verde potrebbe diventare una rivoluzione mancata.