The biggest global voluntary effort to tackle plastic pollution and waste shows it is possible to make progress on a pressing environmental issue, yet tougher measures are now needed to curb the crisis, according to the Ellen MacArthur Foundation. Since 2018, more than 1,000 organisations have given their backing to the Global Commitment, led by the Foundation in partnership with the UN Environment Programme, to stop plastic packaging from becoming waste.
L’ingente sforzo volontario globale per contrastare l’inquinamento e contenere i rifiuti derivanti dalla plastica dimostra che è possibile fare progressi ,ma sono necessarie misure più severe per frenare la crisi. Dal 2018, sono più di 1.000 le organizzazioni che hanno dato il loro sostegno al Global Commitment: iniziativa portata avanti dalla Fondazione Mac Arthur in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, per impedire che gli imballaggi di plastica diventino rifiuti.
Il Marine Environment Protection Committee (MEPC) è il comitato dedicato alle tematiche ambientali sotto l’egida dell’Organizzazione Marittima Internazionale nota come IMO (International Maritime Organization). Fra i compiti che fanno capo al MEPC rientra il controllo e la prevenzione dell’inquinamento generato dalle navi così come previsto dalla Convezione MARPOL, vale a dire petrolio, prodotti chimici trasportati alla rinfusa (non imballati), acque reflue, rifiuti nonché le emissioni prodotte dalle navi, compresi gli inquinanti atmosferici e i gas serra.
I porti costituiscono un elemento vitale dell'economia dell'Unione Europea, coprendo circa il 75% del commercio extra-UE e il 36% del commercio intra-UE. A livello europeo, la principale infrastruttura è sicuramente rappresentata dal porto di Rotterdam, che detiene la capacità di transito di merci più elevata d'Europa: fra i porti italiani, Gioia Tauro è tra i primi 10 in Europa per capacità di transito. A questo fondamentale ruolo economico è tuttavia associato un rilevante impatto sull'ambiente: le navi sono responsabili del 13,5% delle emissioni di gas a effetto serra, generate dai diversi mezzi di trasporto nell’UE. Nello specifico, i porti rappresentano significative fonti di gas climaalteranti: il già citato porto di Rotterdam, ad esempio, emette 13,7 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, rendendolo il porto a maggior impatto di emissioni ad effettp serra del Vecchio Continente.
“It is typically Norwegian to be good,” said Prime Minister Gro Harlem Brundland in her New Year’s address to the Norwegian nation 1 January 1992, uncharacteristically flirting with self-righteousness. Let us revisit the idea that that future rents from Norway’s oil and gas – that is, excess profits converted to public revenue – could be devoted to combating climate change in countries that are unable on their own to attain the goals of the Paris Agreement of 2015.
"É una cosa tipicamente norvegese essere buoni", disse il Primo Ministro Gro Harlem Brundland nel suo discorso alla nazione del 1° gennaio 1992, flirtando insolitamente con il moralismo. Da allora questa frase è stata utilizzata più volte per sottolineare le qualità di questo popolo. Oggi, rivisitiamo l'idea che le future rendite del petrolio e del gas norvegesi, ovvero i profitti in eccesso convertiti in entrate pubbliche, potrebbero essere destinate alla lotta al cambiamento climatico in quei paesi che non sono in grado di raggiungere da soli gli obiettivi fissati dall'accordo di Parigi del 2015.
Uniti dall’obiettivo di combattere l’inquinamento prodotto dalla plastica e di fare di quest’ultima una risorsa e non un rifiuto, aziende, governi e altre organizzazioni hanno aderito al Global Commitment and Plastic Pact. Rappresentando oltre il 20% del mercato degli imballaggi in plastica, i firmatari hanno fissato l’obiettivo ambizioso di utilizzare solo plastica riutilizzabile, riciclabile e compostabile entro il 2025. Obiettivo, però, che, secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Ellen MacArthur e dell’UNEP - New Plastics Economy Global Commitment progress report - presentato lo scorso 2 novembre, rischia di non essere centrato.
La scienza al servizio dell’industria, l’industria al servizio delle politiche climatiche. Nella cornice degli Accordi di Parigi, che punta a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, è nata la Science Based Target initiative (SBTi), che oggi conta oltre 1.200 aziende private. L’iniziativa è una partnership tra CDP, il Global Compact delle Nazioni Unite, il World Resources Institute (WRI) e il World Wide Fund for Nature (WWF) che negli anni hanno investito per definire le migliori pratiche aziendali nella definizione di obiettivi climatici basati sulla scienza, allargando la rete di aderenti e aggiornando la formazione garantita a chi intraprende questo percorso di decarbonizzazione.
Adattamento è una parola bella e relativamente giovane, associata al cambiamento climatico, si intende. Una parola che evoca avventura, speranza ma anche grande senso pratico di quelle comunità che hanno capito quanto sia importante operare sul territorio, nelle città, sulle ‘infrastrutture verdi’ per consentire che la vita continui in maniera dignitosa anche nell’era degli sconvolgimenti meteoclimatici di cui tutti siamo ormai ostaggio.
Solo tre settimane fa, il 30 dicembre scorso, i Ministeri competenti (Sviluppo Economico e Ambiente) hanno rilasciato a SOGIN, l’azienda di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, il nulla osta per la pubblicazione della CNAPI, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee. La mappa indica le zone del territorio italiano che sono adeguate ad ospitare il “deposito nazionale”, vale a dire l’infrastruttura ingegneristica dedicata allo smaltimento controllato e definitivo dei rifiuti a bassa e media radioattività, in parte già prodotti e in parte ancora da produrre da qui al 2070.