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La decarbonizzazione degli Hard to Abate: una sfida complessa per cui non sono ammessi errori

La transizione energetica è ormai una questione prioritaria nelle agende politiche ed economiche dei paesi dell’Unione. I nuovi obiettivi ambientali europei fissati nel pacchetto “Fit-for-55” sono molto ambiziosi (la UE intende ridurre già entro il 2030 le emissioni di gas serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990) e richiedono la messa in campo con urgenza di ogni iniziativa possibile per contribuire da subito al contenimento delle emissioni. 

Una rete “multi-commodity” per una decarbonizzazione economicamente sostenibile dell’industria energivora italiana

L’Unione europea si è posta l’ambizioso obiettivo di guidare il mondo verso la neutralità carbonica, stabilendo anche importanti target intermedi di decarbonizzazione per raggiungere le zero emissioni nette al 2050. Il piano “Fit for 55”, ora oggetto di discussione tra gli stati membri, prevede infatti la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% al 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Il raggiungimento del “net zero”, come è emerso anche dalla COP 26 italo-britannica dello scorso anno, è ormai un impegno ineludibile per paesi e aziende.

Auto elettriche: quanto costa – veramente – fare il pieno?

Tradizionalmente il costo del pieno viene indicato come uno dei grandi vantaggi per il consumatore della transizione verso la mobilità elettrica. Oggettivamente, alla luce dei dati, la rivendicazione può sembrare fondata. Tuttavia, quando affrontiamo questo argomento troppo spesso commettiamo due errori.

Da una parte, ci dimentichiamo che quando facciamo il pieno all’auto elettrica oltre all’energia paghiamo anche la tecnologia. La tecnologia della colonnina ma anche la tecnologia della rete elettrica che la alimenta. Dall’altra, non ci rendiamo conto che la transizione verso la mobilità elettrica è agli albori e la sua evoluzione inciderà in maniera sostanziale sui costi di ricarica.

Sostenibilità: tra desideri e realtà

Sviluppo sostenibile è una delle espressioni oggi più usate e che raccolgono maggiore consenso. È anche solitamente riconosciuto che sviluppo sostenibile significa cercare di coniugare tre aspetti: il perseguimento del benessere economico, la protezione dell’ambiente e l’equità intesa come progresso sociale. Mettere insieme tre obiettivi diversi non è facile perché raramente le azioni che si intraprendono consentono un miglioramento in tutte le tre direzioni. Più spesso occorre operare una mediazione, cioè rinunciare a qualcosa in una direzione per guadagnare in un’altra. Trattandosi di scelte molto spesso collettive, il luogo della mediazione è la politica che però, come è noto, è anche il terreno dove le opinioni divergono perché ciascuno cerca di spostare le decisioni verso i propri interessi o le proprie convinzioni.

Gli alti costi per la finanza pubblica di una transizione inefficiente e inefficace

Meno entrate e più spese. Il processo di sostituzione a tappe forzate del parco veicolare da termico a elettrico avrà un impatto rilevante per la finanza pubblica. Proviamo a farne una stima di larga massima.

Circolano attualmente in Italia poco meno di 40 milioni di autovetture; quelle elettriche sono intorno a 200.000, numero raddoppiato rispetto al 2020. Lo scorso anno le immatricolazioni complessive sono state 1,5 milioni.

Sad: serve più efficienza e meno ipocrisia

La quarta edizione del Catalogo sui sussidi ambientalmente dannosi (sad) e favorevoli (saf) stima in  circa 21,6 miliardi di euro l’impatto degli uni e in circa 18,9 miliardi gli altri. A questi si aggiungono 13,6 miliardi di misure il cui impatto sull’ambiente è giudicato incerto. Il peso dei sad è in calo rispetto agli anni precedenti: l’aggiornamento delle stime relative al triennio trascorso fissa l’asticella a 22,3 miliardi nel 2017, 23,0 miliardi nel 2018 e 24,5 miliardi nel 2019. Per trovare un valore inferiore a quello del 2020, che ovviamente ha risentito del rallentamento dell’attività economica causato dal Covid-19 e dai lockdown, bisogna tornare al 2016 (20,3 miliardi).

Quale fiscalità ambientale per uno sviluppo sostenibile?

Riflettere su cosa sia la fiscalità ambientale significa chiedersi se l’ordinamento giuridico tributario italiano conosca norme dedicate all’ambiente (nelle sue diverse declinazioni) ed alla sua tutela quale elemento del presupposto di un tributo. Fino a poco tempo fa (ma il fenomeno è ancora presente) si è sempre ritenuto che l’unico modo per utilizzare la norma tributaria fosse quella di far pagare più imposte (sul reddito, sugli scambi e sulla fabbricazione) agli operatori che svolgessero attività economiche inquinanti seguendo il principio comunitario del “chi inquina paga”…I tempi sono ora maturi per una diversa prospettiva.

La necessità dei metalli e minerali ''hi-tech'' critici

C’è una serie di materie prime che è considerata di importanza strategica per l’economia della transizione ecologica Europea, ma che presenta notevoli rischi per l'approvvigionamento a causa del monopolio cinese su queste risorse. Infatti, la Cina, che detiene la maggior parte dei giacimenti, ha immesso sul mercato notevoli quantità di tali elementi per anni. Questo sia perché la sua economia al tempo non ne necessitava sia per diminuirne il valore sul mercato internazionale. Ha poi investito nell’acquisto di molte miniere fuori dei suoi confini e alla fine ha alzato di dieci volte il loro prezzo, assorbendone, inoltre, una maggiore quantità per via del suo boom economico, creando così una precarietà cronica di approvvigionamento per gli altri paesi.

PNRR e rifiuti: più riforme che investimenti

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta per il settore dei rifiuti un’occasione importante, vista la necessità di investimenti di un comparto che svolge un ruolo fondamentale nella promozione dell’economia circolare e nel contrasto al cambiamento climatico.

Tuttavia, come sottolineato anche dalla Corte dei conti, per i rifiuti, il PNRR “non prevede ingenti interventi infrastrutturali, ponendo piuttosto l’enfasi su una serie di riforme”, tra le quali rilevano la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare e il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR).

Rifiuti urbani: nell'anno del lockdown, cala la produzione e aumenta la differenziata

Rifiuti urbani, com’è andata nel primo anno della pandemia, in pieno lockdown? Ce lo dice l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, che come ogni anno presenta e pubblica online il Rapporto sui rifiuti urbani frutto di una complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare dell’Istituto. Il Rapporto presentato quest’anno fornisce i dati del 2020 su produzione, raccolta differenziata, gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di imballaggio, compreso l’import/export, a livello nazionale, regionale e provinciale e riporta le informazioni sui costi dei servizi di igiene urbana e sull’applicazione del sistema tariffario.

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