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L’importanza dei dati: l’EI Statistical Review of World Energy

Nessuna analisi dei mercati energetici può essere fatta se non si dispone di un dataset robusto, affidabile e confrontabile relativo a risorse, produzione, consumi e prezzi delle varie fonti energetiche. E gli analisti del settore, gli accademici, ma anche il mondo dell'industria, gli ambientalisti lo sanno bene. Tuttavia, non sempre è facile reperire tutti questi dati, soprattutto con una buona frequenza e in maniera gratuita. Per questo rapporti come lo Statistical Review of World Energy sono strumenti di lavoro imprescindibili e attesi ogni anno. Di questa consolidata pubblicazione di dati, della sua genesi e della sua evoluzione, ne abbiamo parlato con Ian Jones Head of Knowledge, Insight e Research all’ Energy Institute.

Carbone: le riserve e il futuro degli investimenti minerari

Il carbone è la principale fonte di generazione elettrica al mondo e copre oltre il 36% del mix elettrico globale. Negli USA, nonostante il declino intrapreso negli ultimi anni, le centrali a carbone continuano a generare il 16% dell'elettricità. Qui il carbone viene prodotto a livello nazionale,  a differenza di altre fonti di energia come il nucleare o le rinnovabili che dipendono fortemente dai minerali importati per alimentare i reattori nucleari o costruire turbine eoliche e pannelli solari.

Dall’estrazione all’approvvigionamento: le sfide geopolitiche delle materie prime critiche

La transizione da un sistema energetico basato sui combustibili fossili a uno fondato sulle energie rinnovabili e sull’elettrificazione rappresenta una delle sfide più significative del XXI secolo. Questa

trasformazione va oltre la semplice decarbonizzazione, ridefinendo le dinamiche di potere globale e spostando l’influenza geopolitica dai tradizionali “petrostati” come Arabia Saudita e Russia verso gli “elettrostati” come la Cina. Minerali critici come rame, nickel, litio, cobalto e terre rare, essenziali per le tecnologie verdi, sono al centro di questo cambiamento, alimentando nuove dipendenze e tensioni geopolitiche.

Come soddisfare la (futura) domanda di uranio dell’UE?

La nuova “primavera” dell’energia nucleare – il cui crescente interesse è alimentato dalla sempre maggior necessità di sicurezza energetica a zero emissioni di carbonio – potrebbe portare in futuro ad un rilevante aumento della domanda di uranio, combustibile principe nella fissione nucleare. Nonostante, al momento, non vi siano pericoli in termini di esaurimento delle risorse, non si devono escludere potenziali futuri rischi nell’approvvigionamento, specialmente per l’UE, ad oggi fortemente dipendente dalle importazioni della materia prima.

La risposta dell’upstream di fronte a una transizione energetica ritardata

Il mondo si sta avviando verso una transizione energetica rallentata, caratterizzata da fonti fossili ancora a buon mercato e maggiormente accessibili rispetto ad altre alternative low-carbon. Nello scenario base di Wood Mackenzie, il mondo si trova su un percorso che porta ad un incremento delle temperature di 2,5°C, con una domanda di greggio e prodotti petroliferi che arriverà lentamente a toccare il picco di 106 mil bbl/g già all’inizio del prossimo decennio. Per il gas, invece, il picco di oltre 440 mld pc/g dovrebbe essere raggiunto nel corso del decennio 2030-2040.

Le sfide attuali nell’Upstream Oil&Gas

Mentre in Europa si organizza il funerale del petrolio, il resto del mondo pensa ad investire per garantire i rifornimenti di petrolio per i prossimi decenni. La crescita della domanda di petrolio nel mondo sta avvenendo a ritmi elevati ed impensabili. Ha ormai superato il tetto dei 100 milioni di barili al giorno, assestandosi per il 2025 sui 105 milioni di barili al giorno. Riuscire a coprire questo livello di domanda richiederà investimenti finanziari enormi, sfide tecnologiche gigantesche, una ristrutturazione del settore della raffinazione, un ripensamento del mercato petrolifero internazionale.

La sostenibilità passa anche per le Autostrade del mare

Decarbonizzare significa anche migliorare l'efficienza dei trasporti e ridurre l'impatto ambientale causato dal traffico terrestre. Le autostrade del mare si inseriscono in questo processo virtuoso: hanno avuto impulso negli anni ’90 e oggi sono una soluzione alternativa e spesso complementare al trasporto stradale, che consente di far viaggiare camion, container e automezzi sulle navi. Di questi snodi strategici per l’economia di un paese come il nostro, attorniato dal mare e funzionali per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, ne abbiamo parlato con Luca Sisto, Direttore Generale di Confitarma, mettendone in luce anche le criticità e le sfide a cui è sottoposto il settore.

La crisi dell’industria dell’auto: come e perché

Possiamo definire la crisi che sta scuotendo l’industria dell’auto in Italia ed in Europa come la tempesta perfetta, il risultato di un insieme di fattori, solo in parte prevedibili che nel complesso mettono a dura prova non solo un settore industriale strategico, ma anche la qualità della mobilità  e il percorso di decarbonizzazione di uno dei settori hard to abate. Sarebbe veramente auspicabile che nel definire le prospettive di intervento la Commissione Europea partisse da una analisi strutturale dei fattori che hanno determinato questa situazione. La lettura per il mercato italiano può essere da spunto.

Trasporto Intermodale: obiettivi, consumi, limiti, opportunità

Nel momento in cui vengono utilizzati più mezzi di trasporto e viene dunque superato il limite del trasporto monomodale, vengono chiamate in causa procedure, unità per il carico, nonché infrastrutture tipiche di un trasporto pluri-attoriale, plurimodale o multimodale, che può riguardare le persone così come le merci. Per le persone si può parlare di trasporto plurimodale, co-modale, sincro-modale, multimodale, mentre appare meno adatto l’impiego del termine intermodale, più consono per le merci.

Il 2030 si avvicina, ma l’obiettivo si allontana

Il prossimo 5 marzo entra nel vivo a Bruxelles il cosiddetto “Dialogo strategico” con i rappresentanti dell’industria automotive avviato a fine gennaio dalla Commissione europea, il cui obiettivo, stando a quanto dichiarato dalla presidente Ursula von der Leyen, è quello di definire un “piano di azione con misure e iniziative volte a garantire che la nostra industria possa prosperare in Europa e competere a livello globale”.

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