Nel 2023 l’Italia si conferma tra i Paesi europei più virtuosi in materia di economia circolare, con un tasso di circolarità delle risorse pari al 21%, significativamente superiore alla media dell’Unione Europea, attestata al 12%, e in costante crescita nell’ultimo decennio. Tale risultato evidenzia l’efficienza del sistema industriale nazionale, capace di valorizzare importanti volumi di materiali riciclabili e di ridurre la dipendenza dalle risorse primarie. A livello comunitario, l’UE importa circa quattro volte più materiale riciclabile di quanto ne esporti, un dato che segnala l’esistenza di un mercato ancora non pienamente equilibrato. Ad oggi, solo il 9% delle materie prime utilizzate in Europa proviene da processi di riciclo, confermando la necessità di potenziare le filiere esistenti, svilupparne di nuove e promuovere un mercato stabile delle materie prime seconde, elemento indispensabile per la piena attuazione del modello di economia circolare.

In tale prospettiva si inserisce il Critical Raw Materials Act, che mira a garantire entro il 2030 un approvvigionamento più autonomo, sicuro e sostenibile di materiali strategici per l’industria europea, fissando obiettivi ambiziosi in termini di riciclo, trasformazione ed estrazione all’interno dell’Unione. L’Italia svolge un ruolo di primo piano in questo processo, infatti, quattro dei ventisette progetti strategici europei sulle materie prime critiche sono di matrice italiana. Il tema delle materie prime critiche ha assunto un rilievo crescente a livello europeo e nazionale, anche alla luce dell’aumento della domanda globale di risorse e delle problematiche connesse alla sicurezza degli approvvigionamenti. A questo proposito, il Decreto-Legge 25 giugno 2024, n. 84, recante “Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”, introduce misure volte a rafforzare la resilienza delle catene di approvvigionamento nazionali e a promuovere un approccio sostenibile alla gestione delle risorse. Tra le principali innovazioni si segnalano il riconoscimento dei progetti strategici di interesse pubblico, l’istituzione di punti unici di contatto per la semplificazione delle procedure autorizzative relative ai progetti di estrazione e riciclo, la creazione di un Comitato tecnico nazionale per il monitoraggio delle catene di approvvigionamento e la gestione delle scorte, nonché l’introduzione di un Registro nazionale delle imprese strategiche. Queste misure mirano a consolidare un sistema produttivo più resiliente e a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di materie prime essenziali per la competitività del Paese. Tra le filiere emergenti, quella del fine vita dei RAEE e dei moduli fotovoltaici rappresenta oggi un ambito ad alto potenziale per il recupero di materie prime critiche e per lo sviluppo di nuove opportunità industriali.

Nonostante i progressi compiuti, nella gestione dei rifiuti urbani, in Italia permane la necessità di accelerare i miglioramenti per il raggiungimento dei nuovi e più sfidanti obiettivi europei. La quota di rifiuti destinata allo smaltimento in discarica dovrà essere, infatti, ridotta al 10% entro il 2035, mentre il tasso di riciclaggio dovrà raggiungere il 60% entro il 2030 e il 65% entro il 2035. L’introduzione di metodologie di calcolo più restrittive per la valutazione del riciclaggio e dello smaltimento rende ancora più urgente il potenziamento del parco impiantistico nazionale, in particolare per il trattamento delle frazioni residue e della frazione organica derivante dalla raccolta differenziata. Il Mezzogiorno presenta ancora un significativo deficit impiantistico, sia per quanto riguarda il trattamento dell’organico, che si è tuttavia ridotto grazie agli investimenti del PNRR, sia per il recupero energetico dell’indifferenziato. In questo contesto, gli impianti di termovalorizzazione assumono un ruolo fondamentale nella gestione sostenibile dei rifiuti, consentendo di trattare i materiali non riciclabili, compresi gli scarti dei processi di riciclo, e di recuperare energia, riducendo il ricorso alla discarica e integrandosi con la raccolta differenziata in un sistema complessivamente più efficiente.

La carenza impiantistica e il conseguente export dei rifiuti comportano un aumento dei costi di gestione, che continuano a presentare forti differenze territoriali, con una media di 377 euro per abitante nel Sud contro i 290 euro nel Nord. Investire in nuova capacità impiantistica rappresenta dunque una condizione necessaria per garantire una gestione corretta dei rifiuti, chiudere il ciclo e ridurre lo smaltimento in discarica.

Guardando alle dimensioni del comparto industriale della gestione dei rifiuti, questo ha registrato nel 2023 un fatturato complessivo di oltre 13 miliardi di euro, pari a circa lo 0,6% del PIL nazionale, impiegando più di 86 mila addetti. I gestori integrati generano il 34% del fatturato complessivo, mentre le aziende con ricavi superiori ai 100 milioni di euro, pur rappresentando solo il 18% del totale, producono il 41% dei ricavi del settore. Tuttavia, il comparto continua a essere caratterizzato da un’elevata frammentazione verticale e orizzontale, in particolare nelle aree centro-meridionali, dove la gestione del servizio tende a rinnovarsi con frequenza annuale. A livello nazionale prevale la presenza di operatori pubblici, che servono il 43% della popolazione, mentre il 29% è ancora gestito in economia. Con riferimento alle modalità di affidamento, il 39% della popolazione – quota che sale al 79% nelle isole e al 67% nel Sud – è servito da società che operano tramite gara d’appalto. Oltre il 57% delle oltre 3.000 gare bandite tra il 2014 e il 2024 riguarda i servizi di raccolta e presenta una durata inferiore ai cinque anni, confermando le difficoltà nella standardizzazione dei tempi e delle dimensioni delle gare d’affidamento a livello nazionale.

Nel corso del 2024 il regolatore nazionale ha avuto un ruolo decisivo nel consolidare e rendere più coerente il quadro normativo del settore, concentrando l’attività sulla definizione di regole e strumenti volti ad assicurare maggiore uniformità e trasparenza nei rapporti tra enti e gestori. Le nuove linee guida puntano a favorire una competizione più equilibrata, premiando la qualità tecnica e l’innovazione come leve per migliorare l’efficienza del servizio e colmare le disparità territoriali.

Nel corso degli ultimi mesi del 2025 l’Autorità ha inoltre pubblicato una serie di delibere, tra cui la delibera 373/2025/R/rif recante le disposizioni in materia di obblighi di separazione contabile (unbundling), la delibera 374/2025/R/rif sul completamento della regolazione della qualità tecnica (RQTR), la delibera 396/2025/R/rif sull’approvazione del testo integrato sui corrispettivi del servizio di gestione dei rifiuti (TICSER), recante i criteri per l’articolazione tariffaria e la delibera 397/2025/R/rif per l’approvazione del Metodo Tariffario Rifiuti per il terzo periodo regolatorio (MTR-3). Tali delibere, introducono importanti elementi di novità in vista del periodo regolatorio 2026–2029 con particolare attenzione alla struttura tariffaria, alla qualità tecnica e alla separazione contabile e amministrativa.

Il ruolo di ARERA si conferma quindi centrale nel processo di rafforzamento del settore, tracciando una direzione chiara verso una maggiore trasparenza dei costi, la certezza nella remunerazione degli investimenti e la garanzia di un servizio di qualità sempre più uniforme sul territorio nazionale. L’attuazione coerente del quadro regolatorio, insieme al potenziamento delle infrastrutture e allo sviluppo di filiere innovative, rappresenta la condizione essenziale per consolidare la leadership italiana nel percorso verso un’economia circolare pienamente matura, sostenibile e competitiva.