Le cose non vanno come auspicato o previsto. Non vanno, in primo luogo, guardando alle emissioni clima-alteranti, il parametro cui si dovrebbe prestare maggiore attenzione, che anche nel 2023 sono aumentate, nonostante l’insoddisfacente andamento delle economie, la minor produzione di molte industrie, l’ulteriore progresso delle rinnovabili.
L’11 aprile scorso si è tenuto a Milano il Sustainability Summit di EY in cui sono stati presentati i risultati dello studio “Seize the Change” che da 8 anni EY elabora per fornire il proprio contributo allo sviluppo della cultura della sostenibilità. In particolare, lo studio intende misurare attraverso una serie di approfondimenti il livello di integrazione della sostenibilità nel business delle aziende fornendo in tal modo elementi per comprendere il cambiamento in atto e condividerlo con le aziende stesse.
L’evidenza scientifica non lascia dubbi sull’urgenza di un cambio di paradigma nel modello di sviluppo economico che consenta di contenere l’impatto delle attività antropiche sull’ambiente senza ridurre il benessere raggiunto. La parola chiave in questo quadro è decoupling ambientale, ossia far sì che alla crescita del PIL non corrisponda un aumento dell’impatto sull’ambiente.
La "transizione gemella" rappresenta una sfida imprescindibile per le imprese moderne: questa doppia transizione che lega la decarbonizzazione alla digitalizzazione non è solo una risposta alle pressioni normative, ma una leva strategica per garantire la competitività aziendale nel lungo termine.
Il continuo avanzamento verso la transizione green e l’impatto sulle comunità, sulle aziende e sulla società tutta, è un tema centrale e diffuso nel dibattito odierno, che influenza in maniera concreta anche il mondo del lavoro. Con l’aumento della domanda di posti di lavoro “verdi”, infatti, le aziende hanno bisogno di lavoratori con le competenze necessarie per attuare strategie net-zero in tutte le funzioni aziendali.
1957: pochi anni dopo essere stato messo a capo dell’Agip, Enrico Mattei fonda a Milano la Scuola di Studi Superiori sugli Idrocarburi. L’obiettivo era colmare una lacuna nell’offerta formativa del nostro paese, che tradizionalmente non prevedeva il settore energetico tra gli argomenti principali. Fu uno dei primi esempi di formazione post-laurea in Italia, sicuramente il più longevo: la scuola esiste ancora oggi e subito dopo la morte del suo fondatore venne rinominata Scuola Mattei.
Nel complesso scenario mediorientale, le tensioni fra Israele e Iran costituiscono un tratto strutturale sin dagli anni della rivoluzione che, nel 1979, ha portato alla caduta della monarchia Pahlavi e alla nascita della Repubblica islamica. Gli attacchi contro il ‘Piccolo Satana’ sono un topos ricorrente nella propaganda di Teheran.
Il 19 aprile, Israele ha risposto alla rappresaglia iraniana scatenata alcuni giorni prima con un attacco che ha colpito per la prima volta direttamente il suolo della Repubblica Islamica. Un’azione che nasceva come esigenza e risposta inequivocabile di Tel Aviv all’enorme attacco aereo subito con droni e missili sui propri cieli – seppur con danni limitati – lo scorso 13 aprile.
L’attacco con missili e droni lanciato dall’Iran contro Israele – risposta al bombardamento israeliano del consolato iraniano a Damasco – ha riacceso i timori di un conflitto su larga scala in Medio Oriente. La successiva risposta israeliana su territorio iraniano ed altri attacchi contro milizie filo-iraniane in Iraq stanno portando ad una nuova fase dello scontro tra i due Paesi, una in cui il conflitto è passato dall’ombra alla luce del sole con attacchi diretti – seppur circoscritti.
Periodicamente, l’intensificarsi dei conflitti e degli scontri armati in Medio Oriente solleva lo spettro di una chiusura al traffico marittimo dello stretto di Hormuz, attraverso il quale si accede al Golfo (Persico o Arabo, a seconda dei punti di vista) dall’Oceano Indiano.