A metà ottobre, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha pubblicato il suo più importante documento annuale, il World Energy Outlook (WEO). Questo rapporto è uscito in un momento perfetto, a poche settimane da COP29, organizzata dalle Nazioni Unite e che quest’anno si terrà a Baku, in Azerbaijan, dall’11 al 22 novembre. Una conferenza che arriva nel bel mezzo di due guerre, una in Ucraina e l’altra in Medio Oriente. Con poche sorprese, il WEO evidenzia la forte connessione tra sviluppi geopolitici, sicurezza energetica e cambiamento climatico.

Partendo dal Medio Oriente, dopo gli attacchi da parte di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele ha condotto la più devastante guerra nella sua storia, uccidendo decine di migliaia di palestinesi e costringendo circa 2 milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni. La guerra si è estesa fino a coinvolgere Gaza, il Libano, la Siria, l’Iraq, lo Yemen e l’Iran. In solidarietà con il popolo palestinese, gli Houthi dello Yemen hanno iniziato ad attaccare i convogli marittimi passanti per il Mar Rosso, dove sono localizzati due dei più importanti chokepoint a livello mondiale, il canale di Suez e lo stretto di Bab El Mandel: arterie vitali per il transito dei prodotti energetici e per la sicurezza energetica di tutto il mondo. L’impossibilità del petrolio a transitare per queste strozzature, anche se per poco tempo, può portare a ritardi consistenti negli approvvigionamenti e maggiori costi di trasporto, con la conseguenza di far innalzare i prezzi a livello mondiale.

Dopo gli attacchi Houthi,  molte imbarcazioni hanno scelto di evitare lo stretto di Bab El Mandel, deviando il viaggio verso il più lungo e costoso tragitto che passa per il Capo di Buona Speranza. Il che ha determinato una riduzione dei flussi di greggio transitanti per lo Stretto di Bab al-Mandab che, da gennaio ad agosto 2024, si sono aggirati attorno ai 4 mil di bbl/g contro gli 8,7 dell’anno precedente. Nel mentre, il volume di oil che ha circumnavigato il Capo di Buona Speranza è aumentato a 9,2 mil bbl/g, da una media di circa 6 mil.bbl/g dell’anno prima.

Se guardiamo poi alla guerra in Ucraina, quest’ultima non ha segnato solo la fine della maggior parte dei flussi di gas russo verso l'Europa, ma ha anche innescato una rinnovata determinazione da parte dei decisori politici europei a ridurre la dipendenza dal gas naturale. Gli obiettivi europei di abbandono di questa fonte sono in gran parte guidati dalla strategia di decarbonizzazione e riduzione delle emissioni di metano, al centro della politica climatica dell'UE. Le nuove politiche verdi in Europa hanno reso più difficile la stima della domanda di gas e, sebbene vi siano significative variazioni tra gli scenari, l’outlook di lungo termine sembra ormai chiaro. La domanda di gas dell'Europa è diminuita di oltre 100 miliardi di metri cubi tra il 2021 e il primo settembre 2024, mentre contemporaneamente si è registrata una ripresa dell’attività delle centrali nucleari francesi, una crescita della capacità di energia rinnovabile  e un miglioramento nell'utilizzo delle risorse idroelettriche del continente. Il che suggerisce anche per i prossimi anni una riduzione  strutturale della quota del gas nel mix energetico dell’Unione.

Accanto alla dimensione geopolitica, però, continua ad andare avanti l’azione internazionale sul clima. Ogni anno si tiene la Conferenza delle Parti o COP, il consesso che riunisce i governi che hanno sottoscritto impegno per il rispetto dell’ambiente ai sensi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del Protocollo di Kyoto (1997) o dell'Accordo di Parigi (2015). I leader mondiali, i ministri e i negoziatori si riuniscono alla COP per negoziare piani per affrontare congiuntamente i cambiamenti climatici e i loro impatti. La società civile, le aziende, le organizzazioni internazionali e i media normalmente osservano i procedimenti per garantire trasparenza, responsabilità e prospettive più ampie al processo. La prossima COP 29 si concentrerà, in particolare ,su come rendere disponibili i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo da destinare all'azione per il clima, visto che sono stati fatti ancora pochi progressi in tal senso. Le parti non sono d'accordo su chi dovrebbe pagare, quanto dovrebbe essere pagato, quali forme dovrebbero assumere i finanziamenti (prestiti o sovvenzioni) e come si dovrebbe accedere ai fondi. Oggetto di dibattito è anche il modo in cui i fondi dovrebbero essere indirizzati: verso la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico (impedendo che peggiori), l'adattamento ai suoi effetti o il risarcimento dei paesi per perdite e danni (impatti climatici che si sono già verificati o che non possono essere evitati).

Il WEO appena pubblicato, quindi, è un contributo significativo al dibattito in corso sulla sicurezza energetica e sul cambiamento climatico. Tuttavia, se da un lato, le guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente hanno aggiunto una serie di sfide agli sforzi nazionali e internazionali per migliorare la sicurezza energetica, dall’altro, hanno rallentato lo slancio nella lotta al riscaldamento globale.

La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui