ACQUA & AMBIENTE | 150 ARTICOLI
L’intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) non ha dubbi a riguardo: la tecnologia di cattura, utilizzo, trasporto e stoccaggio di CO2 (Carbon Capture, Use and Storage, CCUS) è imprescindibile per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dagli Accordi di Parigi*. Una tecnologia necessaria. A livello operativo, per le industrie ad alta intensità di emissione (la cosiddetta industria pesante) catturare la CO2 rappresenta la sola opzione possibile per mitigare le emissioni delle attività industriali in cui le emissioni di CO2 sono inevitabili, poiché necessarie per la trasformazione della materia prima come nel caso di cemento, acciaio, produzione chimica, ecc.
Northern Lights costituisce il segmento di trasporto e stoccaggio dell’anidride carbonica in seno al progetto Longship, primo al mondo ad integrare tutta la catena del valore della CCS (cattura, trasporto e stoccaggio della CO2) su scala industriale, nonché il culmine degli sforzi del governo norvegese nel campo del contrasto ai cambiamenti climatici e nel raggiungimento degli obiettivi degli accordi di Parigi.
La tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) continua a crescere in tutto il mondo. Ormai è unanime la posizione secondo cui la CCS (intesa come un insieme di tecnologie collaudate in grado di impedire il rilascio di grandi quantità di CO2 nell'atmosfera) sia prioritaria per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici globali oltre che uno strumento fondamentale per la riduzione delle emissioni di quei settori difficili da decarbonizzare come cemento, acciaio e fertilizzanti.
Sviluppare la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) significa consentire l’impiego di gas, carbone e altri combustibili - come la biomassa e i rifiuti- così da garantire una maggiore sicurezza energetica. Il principio che sta alla base di una misura efficace è quello di ottenere il massimo dall’utilizzo dei combustibili fossili, il cui uso, in un’ottica di net zero, deve essere comunque ridotto al minimo, e per farlo occorre ricorrere anche alla tecnologia CCS che consente di catturare direttamente alla fonte la CO2 o di ricatturarla dall’aria al fine di azzerarne le emissioni entro il 2050.
Potremmo dire che il 2022 è stato un anno difficile per l’ambiente; tuttavia, pensandoci bene, l’ambiente siamo noi. A volte, parlare dei problemi ambientali rischia di porci in una posizione pericolosamente distaccata: sarebbe il momento di comprendere che non stiamo parlando di qualcosa che è altro da noi, bensì di noi stessi, del nostro stile di vita e delle nostre scelte, presenti e future. Quindi, accertato il sillogismo, il 2022 è stato un anno difficile per Sapiens: dal punto di vista dei mancati passi avanti delle politiche ambientali internazionali, ma soprattutto dal punto di vista delle condizioni climatiche estreme che si sono susseguite in giro per il mondo.
Monocorde, il tempo avanza. Gli anni si consumano e il budget carbonico compatibile con 1,5°C diventa sempre più sottile. Le COP sono periodici fiocchi di neve che si depositano sul tappeto logoro del negoziato climatico: inesorabilmente, si sciolgono. L’una prende il posto dell’altra, in una stratificazione di incontri che non fa recedere di un epsilon la tendenza inesorabile delle emissioni.
La Conferenza sul Clima di Sharm El-Sheikh si è chiusa ai tempi supplementari con l’accordo per istituire il Fondo Loss and Damage. In una decisione attesa da tre decenni, la COP27 ha deciso di istituire un nuovo strumento finanziario per sostenere la ricostruzione economica e sociale delle comunità povere e vulnerabili messe in ginocchio dai disastri climatici sempre più frequenti. Il Fondo potrà accedere a diverse fonti di finanziamento visto le considerevoli risorse finanziarie necessarie. Si stima che entro il 2030 siano necessari circa 290-580 miliardi di dollari aggiuntivi agli aiuti per l’adattamento.
Il tema della finanza climatica, così come quello dell’adattamento e del Loss&Damage, è stato al centro dell’agenda della presidenza egiziana della COP27. Questo per due ordini di motivi: da una parte, l’ambizione egiziana a porsi come voce di riferimento per i paesi del Sud globale, in particolare quelli africani, per i quali la finanza è una questione imprescindibile di giustizia climatica; dall’altra, la scarsa volontà da parte del Cairo ad avanzare sull’altro fronte della lotta al cambiamento climatico, quello della mitigazione.
“Vi è stata una rottura della fiducia tra gli emisferi nord e sud, e questa fiducia deve essere ricostruita trovando un terreno comune sul consenso nei confronti delle tematiche di loss and damage”. Queste le parole di Antonio Guterres, Secretary-General delle Nazioni Unite, a valle della COP27 di Sharm. La tematiche di perdita e danno (loss and damage) sono state centrali durante il summit e potremmo, forse, dire che si tratta di una vittoria che nasce da una apparente sconfitta.
Un colloquio di tre ore per riscaldare le relazioni tra Cina e Stati Uniti. Tanto sarebbe bastato per rimettere in moto la cooperazione per il clima tra i due maggiori paesi inquinatori al mondo, relazione che aveva subito un improvviso arresto in agosto, con la visita a Taiwan della speaker della Camera USA Nancy Pelosi. L’incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e la controparte statunitense Joe Biden – il primo in presenza dall’ascesa del politico dem alla Casa Bianca – è avvenuto a margine del G20 di Bali. Durante il colloquio, come menziona il readout di Washington, i due capi di Stato hanno promesso di riprendere il dialogo sulla crisi climatica.