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Al fine di perseguire un sistema energetico più sostenibile e sicuro, l’Unione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi per le fonti energetiche rinnovabili, compreso il biogas e il biometano. Tra le politiche implementate, in prima linea c’è il piano REPowerEU della Commissione Europea che si prefigge di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi prima del 2030. In materia di biometano ha stabilito un target innovativo, ma credibile, di 35 miliardi di metri cubi (mld mc) di produzione annuale entro il 2030, che equivale al 20% dei volumi di gas importati dalla Russia prima della guerra in Ucraina.
In the pursuit of a more sustainable and secure energy system in Europe, the European Union set ambitious targets for renewable energy sources, including biogas and biomethane. At the forefront of this mission is the European Commission's RePowerEU Plan from 2022, aimed at ending reliance on Russian fossil fuels before 2030. It sets a groundbreaking - but credible - goal of 35 billion cubic meters (bcm) of sustainable biomethane production annually by 2030, which equals to 20% of gas volumes imported from Russia before the war in Ukraine.
Nell’ultimo anno la guerra in Ucraina ha messo in evidenza quanto critica possa essere la dipendenza dell’Italia da materie prime ed energia. Per questo promuovere e incentivare la diffusione di un gas rinnovabile e a basse emissioni di carbonio, oltre che con elevata disponibilità, come il biometano è diventato quanto mai necessario.
Policy e regolazione a livello europeo e nazionale stanno cercando di costruire un quadro favorevole alla crescita dell’industria del biometano, date le sue potenzialità come contributo alla transizione, alla riduzione della dipendenza da fonti energiche extra UE, all’economia circolare. Come per gli altri settori energetici interessati dalle politiche UE per la transizione, anche per il biometano vengono fissati obiettivi ambiziosi e difficilmente raggiungibili nei tempi considerati, implicando importanti impieghi di capitale, misure di sostegno molto favorevoli ed efficienti, superamento di criticità tecniche ed economiche.
Periodicamente, la questione dei sussidi energetici torna sulle pagine dei giornali e infiamma il dibattito. Un recente report del Fondo Monetario Internazionale evidenzia come nel 2022 i sussidi ai combustibili fossili abbiano raggiunto la ragguardevole cifra di 7 trilioni di dollari. Non solo la cifra rappresenta il 7,1% del PIL mondiale, ma essa è aumentata di ben due trilioni rispetto al 2020, ovvero di quasi il 30%.
Sebbene sia perfettamente in linea con le nuove politiche di sostenibilità portate avanti dalla Commissione europea, l’idea di un’espansione del sistema EU ETS a nuovi settori come quello del trasporto marittimo non è un’idea neonata: le basi per la costruzione di nuovi framework normativi erano già state teorizzate oltre un decennio fa. Già nel 2009, infatti, in Europa era stato adottato il ‘Climate and Energy Package’. In tale pacchetto l’UE esortava apertamente a fissare dei target di riduzione delle emissioni non solo l’UNFCCC (United Nations Framework Coalition fon Climate Change) ma anche, nello specifico per il settore marittimo, l’IMO (International Maritime Organization). Vi era però un monito: qualora entro il 31 dicembre 2011 non fosse stato raggiunto un accordo, le redini sarebbero tornate in mano alla Commissione. Questa avrebbe, dunque, proposto il proprio pacchetto per il monitoraggio delle emissioni del settore marittimo, con l’obiettivo di farlo entrare in vigore entro il 2013.
Tackling methane emissions associated with human activity is crucial for achieving the Paris Climate goals. According to the IEA the energy sector alone contributes approximately one third of global anthropogenic methane emissions, amounting to nearly 135 million tonnes in 2022. Among the energy sector emissions, the gas sector accounts for around 30%. By addressing methane emission reductions in the gas sector, substantial progress can be made towards mitigating the impacts of climate change.
Lavorare per ridurre le emissioni di metano associate all'attività umana è fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici proposti a Parigi. Secondo l'AIE, il solo settore energetico contribuisce per circa un terzo alle emissioni globali di metano di natura antropogenica, pari a quasi 135 milioni di tonnellate nel 2022. Tra le emissioni del settore energetico, il comparto del gas pesa per circa il 30%. Pertanto solo riducendo le relative emissioni di metano è possibile compiere progressi sostanziali verso la mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici.
La Commissione Europea mira ad abbattere le emissioni di gas serra entro il 2050, con l’obiettivo intermedio di ridurle almeno del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Tali obiettivi, come stabilito dalla European Climate Law, saranno raggiunti attraverso l’adozione di strategie che mirano alla riduzione delle emissioni, all’aumento degli investimenti in tecnologie verdi e alla protezione dell’ambiente naturale.
Tradizionalmente, nel settore Oil&Gas, quando il ciclo produttivo si conclude e tutte le risorse utilizzabili di idrocarburi sono state estratte, gli impianti in superficie vengono dismessi, il pozzo viene definitivamente chiuso, mentre le aree adiacenti vengono riportate alle loro condizioni naturali. Soltanto nella piattaforma continentale del Regno Unito, saranno circa 1.211 i pozzi, suddivisi tra 230 giacimenti, che verranno dismessi entro il 2028. I costi stimati per queste operazioni sono di circa 60 miliardi di dollari, ma l’obiettivo è quello di contenere la spesa a 51 miliardi di dollari.