ACQUA & AMBIENTE | 150 ARTICOLI
L'attenzione ai temi ambientali, sociali e di governance (conosciuti con l'acronimo ESG) ha condotto a una rapida diffusione della finanza sostenibile. Esiste, però, una finanza che oltre a essere sostenibile può essere anche etica, attenta al proprio ruolo e agli impatti per l’ambiente e la società derivanti dalle sue scelte di investimento. Di finanza etica, della sua definizione, dei suoi principi e delle sue attività abbiamo parlato con Tommaso Rondinella, Responsabile Ufficio Modelli di Impatto e Valutazione Socio Ambientale di Banca Etica.
Nell’urgente corsa verso un futuro a zero emissioni nette, l’Europa si trova ad un bivio. Mentre il mondo si dirige verso un’economia verde, il settore del ClimateTech - relativo a tecnologie innovative che puntano a ridurre la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera - si qualifica come il fulcro della finanza sostenibile: un’opportunità da 600 miliardi di euro entro il 2030. Tuttavia, il recente studio sul ClimateTech, frutto della collaborazione di Allianz Research, Allianz X, UnternehmerTUM e UVC Partners, rivela una cruda realtà: l’attuale traiettoria dell’Europa potrebbe non garantirle una posizione di leadership in questo mercato in espansione.
Con il termine green bond (obbligazioni verdi) si intendono tutti quegli strumenti di tipo obbligazionario (strumenti di debito) che abbiano come obiettivo quello di finanziare attività connesse al cambiamento climatico e più in generale alle performance di tipo ambientale. Le obbligazioni verdi sono considerate gli strumenti finalizzati al finanziamento di progetti ambientali maggiormente utilizzati sul mercato, e possono essere emessi da imprese, banche, Stati, altri enti pubblici e organismi sovranazionali.
Gli ultimi mesi sono stati ricchi di novità di policy per il settore della finanza sostenibile e gli investimenti ESG nel settore energetico. Proviamo a tracciare un quadro sintetico, ricordando che di molti di questi temi si parlerà durante i 15 eventi delle Settimane SRI promosse dal Forum (14-28 novembre, programma e iscrizioni qui). A inizio settembre sono stati pubblicati i risultati del secondo stress test climatico della Banca centrale europea (BCE), condotto per analizzare la resilienza di imprese, famiglie e banche in tre scenari di transizione. Dal test è emersa la necessità di anticipare e accelerare gli investimenti per la transizione verde e raggiungere la neutralità climatica al 2050.
Al fine di perseguire un sistema energetico più sostenibile e sicuro, l’Unione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi per le fonti energetiche rinnovabili, compreso il biogas e il biometano. Tra le politiche implementate, in prima linea c’è il piano REPowerEU della Commissione Europea che si prefigge di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi prima del 2030. In materia di biometano ha stabilito un target innovativo, ma credibile, di 35 miliardi di metri cubi (mld mc) di produzione annuale entro il 2030, che equivale al 20% dei volumi di gas importati dalla Russia prima della guerra in Ucraina.
In the pursuit of a more sustainable and secure energy system in Europe, the European Union set ambitious targets for renewable energy sources, including biogas and biomethane. At the forefront of this mission is the European Commission's RePowerEU Plan from 2022, aimed at ending reliance on Russian fossil fuels before 2030. It sets a groundbreaking - but credible - goal of 35 billion cubic meters (bcm) of sustainable biomethane production annually by 2030, which equals to 20% of gas volumes imported from Russia before the war in Ukraine.
Nell’ultimo anno la guerra in Ucraina ha messo in evidenza quanto critica possa essere la dipendenza dell’Italia da materie prime ed energia. Per questo promuovere e incentivare la diffusione di un gas rinnovabile e a basse emissioni di carbonio, oltre che con elevata disponibilità, come il biometano è diventato quanto mai necessario.
Policy e regolazione a livello europeo e nazionale stanno cercando di costruire un quadro favorevole alla crescita dell’industria del biometano, date le sue potenzialità come contributo alla transizione, alla riduzione della dipendenza da fonti energiche extra UE, all’economia circolare. Come per gli altri settori energetici interessati dalle politiche UE per la transizione, anche per il biometano vengono fissati obiettivi ambiziosi e difficilmente raggiungibili nei tempi considerati, implicando importanti impieghi di capitale, misure di sostegno molto favorevoli ed efficienti, superamento di criticità tecniche ed economiche.
La strategia di decarbonizzazione dell’UE si regge su tre pilastri fondamentali: la riduzione dei consumi energetici; l’elettrificazione dei consumi “efficienti” con elettricità rinnovabile; l’impiego di molecole a bassa intensità carbonica in quei settori, cosiddetti hard-to-abate, ovvero alcuni comparti dell’industria pesante e trasporto pesante su strada a cui è imputabile il 25% circa delle emissioni complessive dell’Unione, in cui ad oggi l’elettrificazione non è possibile per motivi tecnici e/o economici.
Periodicamente, la questione dei sussidi energetici torna sulle pagine dei giornali e infiamma il dibattito. Un recente report del Fondo Monetario Internazionale evidenzia come nel 2022 i sussidi ai combustibili fossili abbiano raggiunto la ragguardevole cifra di 7 trilioni di dollari. Non solo la cifra rappresenta il 7,1% del PIL mondiale, ma essa è aumentata di ben due trilioni rispetto al 2020, ovvero di quasi il 30%.