ACQUA & AMBIENTE | 150 ARTICOLI
Il rialzo dei costi energetici e il conseguente impatto su cittadini e imprese sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti. Rischia, infatti, di assestarsi come problema strutturale e di sistema che inciderà in profondità sui processi economici. A livello comunitario, non si riesce ad affrontare il problema con adeguata risolutezza e coesione. In queste settimane, nonostante diversi scontri e momenti di confronto, le istituzioni europee e i loro leader non hanno ancora trovato un accordo sui prezzi dell’energia.
La Conferenza Onu sui cambiamenti climatici che si è aperta a Glasgow il 31 ottobre arriva a valle del calo più forte nelle emissioni di CO2 mai registrato in un solo anno a livello globale, a causa della pandemia che nel 2020 ha imposto ovunque lockdown o altre robuste limitazioni alle attività economiche e sociali. Le buone notizie però finiscono qui.
La COP26 comincia obiettivamente con poche speranze. Che si giunga a un esito per cui la somma degli impegni - verificabili - dei singoli Paesi possa garantire il non superamento della soglia di 1,5 °C, che la comunità scientifica ritiene l’unica sicura per non innescare fenomeni irreversibili, è assai difficile, se non impossibile.
Intervista a Stefano Caserini (Docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano)
Le aspettative sulla COP26 si basano su una visione semplicistica del negoziato sul clima. A sentire alcuni analisti, sembrerebbe che nei 13 giorni del negoziato potrebbero essere prese decisioni in grado di risolvere la crisi climatica. Così non è, ma di sicuro la conferenza sul Clima rappresenta ogni anno un buon momento per interrogarsi sulle dimensioni della sfida climatica. Una sfida che tocca società, informazione e politica. Ne abbiamo parlato con Stefano Caserini, Ingegnere ambientale e dottore di ricerca in Ingegneria sanitaria, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative nonché fondatore e autore del blog climalteranti.it.
La Commissione Europea, in risposta agli obiettivi della Sostenibilità indicati dall’ONU e discussi nel contesto della Conferenza delle Parti, ha adottato un piano ambizioso di transizione ecologica ed energetica, rappresentato dal Green Deal e dagli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e 2050. Per raggiungere tali target, abbiamo bisogno di mediatori, necessari per poter integrare quote sempre maggiori di fonti rinnovabili all’interno del nostro sistema energetico e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento. Per fornire una risposta che mantenga tutte le caratteristiche della sostenibilità e permetta di garantire la fornitura di energia ai consumi finali non abbiamo molte soluzioni che possano essere implementate.
Negli ultimi anni l’idrogeno ha assunto un ruolo sempre più importante nelle prospettive energetiche italiane. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedica allo sviluppo di questo vettore un’intera linea di intervento con una dotazione finanziaria di circa 3,19 miliardi di euro e prevede contestualmente due interventi normativi volti a rimuovere gli ostacoli burocratici e a promuoverne la competitività. Il Governo, in particolare, vede l’idrogeno come una risorsa fondamentale nella decarbonizzazione dei settori industriali hard-to-abate (caratterizzati da alta intensità energetica e privi di opzioni di elettrificazione scalabili) e nei trasporti a lungo raggio su gomma e su ferro.
La via dell’idrogeno è la nuova via della seta? O meglio: si tratta di un’opportunità o si potrebbe trasformare invece in un boomerang per il settore? Con il talk “La Logistica sulla via dell’idrogeno” che il Freight Leaders Council ha organizzato nell’ambito dell’HESE, Hydrogen Energy Summit&Expo di Bologna, abbiamo provato a vederci chiaro sul tema dell’idrogeno verde, blu, grigio e del suo utilizzo futuro. Ha un senso spingere questa tecnologia in assenza di una vera e propria filiera produttiva nazionale? Quali sono le potenzialità, i vantaggi e gli eventuali punti deboli dell’impiego dell’idrogeno, che potrebbe ridurre e annullare l’impatto del trasporto sull’ambiente?
Sulla scia del crescente impegno nel settore idrogeno determinato dalle strategie Europee e nazionali, è sempre più diffuso l’interesse per le applicazioni degli impianti Power-to-Hydrogen (P2H), nei quali l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili viene impiegata per la produzione di idrogeno tramite elettrolisi. Gli elementi primari della tecnologia (v. Figura 1) sono l’impianto di generazione elettrica da fonte rinnovabile (es. eolico, solare, da biomasse, qui non rappresentato) e il sistema di elettrolisi per la produzione di idrogeno a partire da elettricità e acqua, a cui si aggiungono, a seconda delle applicazioni, eventuali unità di compressione e di accumulo.
L’idrogeno verde potrebbe ricoprire un ruolo di primo piano per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050, come prevede l’Hydrogen Strategy for a Climate-neutral Europe lanciata dalla Commissione Europea l’8 luglio 2020; a dare concreta attuazione alla strategia UE sarà la European Clean Hydrogen Alliance che riunirà al suo interno industria, ricerca, istituzioni pubbliche e società civile.
L'industria chimica ha un ampio campo di applicazioni che va dalle varie plastiche alle resine polimeriche che, a seconda di come vengono combinate, mescolate o miscelate, danno vita ad altrettanti e numerosi prodotti. Il processo di plastic compounding non è altro che la preparazione di formulazioni plastiche attraverso lo scioglimento e la miscelazione di polimeri allo stato fuso, additivi e/o cariche.