La via dell’idrogeno è la nuova via della seta? O meglio: si tratta di un’opportunità o si potrebbe trasformare invece in un boomerang per il settore? Con il talk “La Logistica sulla via dell’idrogeno” che il Freight Leaders Council ha organizzato nell’ambito dell’HESE, Hydrogen Energy Summit&Expo di Bologna, abbiamo provato a vederci chiaro sul tema dell’idrogeno verde, blu, grigio e del suo utilizzo futuro. Ha un senso spingere questa tecnologia in assenza di una vera e propria filiera produttiva nazionale? Quali sono le potenzialità, i vantaggi e gli eventuali punti deboli dell’impiego dell’idrogeno, che potrebbe ridurre e annullare l’impatto del trasporto sull’ambiente?

Con una visione indipendente, neutrale rispetto alle varie tecnologie che si prefiggono l’abbattimento dei gas serra, abbiamo ricercato la soluzione migliore per i diversi contesti operativi e per questa ragione abbiamo favorito questo momento di confronto fra i diversi anelli della catena del valore di questa particolare ed innovativa Industry.

Partiamo dal contesto europeo. Il bilancio a lungo termine dell’UE nei prossimi sei anni sosterrà la transizione verde con la creazione di hydrogen valleys entro il 2024 e con ingenti investimenti dal 2025 al 2030. Si parla di un ammontare che va dai 24 a 42 miliardi di euro per la realizzazione degli elettrolizzatori, che separano l’idrogeno dall’ossigeno; da 220 a 340 miliardi per connettere la produzione di fonti energetiche rinnovabili (FER); da 160 a 200 miliardi per gli utilizzi nei settori applicativi. Sono dati che testimoniano come l'idrogeno possa svolgere un ruolo determinante nel futuro dei trasporti su strada e nella qualità dell’aria in ambiente urbano: i veicoli elettrici a fuel cell sono infatti a zero emissioni e non emettono né CO2 né altri inquinanti dannosi per la salute umana.

Certo, non sappiamo al momento se sarà l’idrogeno a contribuire in modo sostanziale alla decarbonizzazione del trasporto e della logistica. Ma certamente l’obiettivo della totale eliminazione dei gas serra, fissato dall’Unione Europea entro l’anno 2050, rappresenta un obiettivo ambizioso che richiederà l’apporto di un ampio mix energetico.

Al fine di favorire un dibattito plurale e trasversale sul futuro dell’idrogeno, al convegno sono stati invitati: il CNR, in rappresentanza del mondo della ricerca; Biomet, come produttore di combustibili alternativi alla benzina e al gasolio; Scania, come costruttore di veicoli pesanti; Fercam e Gruppo Smet, due grandi operatori logistici; Poste Italiane, un player a tutto campo; Malpensa Intermodale e Interporto di Bologna, due nodi infrastrutturali logistici.

Ne è uscito un quadro con diverse sfumature, in cui però il minimo comune denominatore è rappresentato dall’avanzamento tecnologico, la voglia di investire, e la contestuale richiesta di supporto da parte delle istituzioni attraverso quello che qualcuno ha chiamato “Decreto Idrogeno”.

Dalla produzione di combustibili fino alla logistica, sono state ricordate le sinergie che sussistono tra metano, biometano e idrogeno, i quali rappresentano una risposta ad un’esigenza di decarbonizzazione del settore trasporti.

Il fatto che l’idrogeno si possa produrre autonomamente, da fonti rinnovabili, è un punto decisamente a favore di questa tecnologia. Vi sono inoltre finanziamenti che favoriscono l’introduzione dell’idrogeno nel settore dei trasporti e la possibilità di autoprodurre l’idrogeno, ad esempio dall’acqua, anche quella reflua dalle lavorazioni industriali. Questo permetterebbe di sganciare l’approvvigionamento dalle logiche finanziarie internazionali che fanno fluttuare i prezzi, con conseguenti risparmi sulla bolletta energetica che l’Italia paga ai fornitori esteri.

Per quanto riguarda gli interporti e gli scali merci aeroportuali, nodi di scambio tra le modalità del trasporto, si stanno vagliando accordi con grandi flotte, al fine di generare economie di scala e una serie di vantaggi in termini di sostenibilità sia ambientale che economica.

Sul fronte veicoli pesanti, la via dell’idrogeno è colta con maggiore cautela, dal momento che ad oggi si trova in una fase sperimentale. Ma viene considerata a pieno diritto nelle possibili risposte tecnologiche alla domanda di elettrificazione del trasporto.

Luce verde anche dagli operatori della logistica, che vedono nell’idrogeno un’opportunità per abbattere l’inquinamento ma anche per sganciarsi dalle fluttuazioni di prezzo di altri carburanti. Non a caso sono allo studio dei prototipi di mezzi a idrogeno, per comprenderne l’efficienza operativa e i costi sul medio e lungo raggio ma non solo. A Roma, infatti, Fercam ha lanciato un progetto pilota, un prototipo di veicolo da distribuzione urbana che monta in parallelo una power-train elettrica e un sistema fuel-cell a idrogeno.

Quel che emerge è la necessità, per chi mette su strada tanti tipi di veicoli diversi, di esplorare differenti alternative ecologiche, idrogeno incluso. Se la sostenibilità e la carbon neutrality al 2030 sono obiettivi per la quasi totalità degli attori industriali, l’idrogeno rientra di diritto tra le opzioni di diversificazione considerate prioritarie nel medio termine. Anche se emerge unanime la richiesta di poter contare su un’infrastruttura di produzione e ricarica che sia diffusa sul territorio nazionale.

Per una rassegna puntuale dei diversi interventi che hanno dato animato il talk “La Logistica sulla via dell’idrogeno” si rimanda al seguente link.