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Una catastrofe climatica per coltivazioni e allevamenti

Sale a 3 miliardi di euro il conto dei danni causati dalla siccità che assedia città e campagne, con autobotti e razionamenti; il Po in secca peggio che a Ferragosto, i laghi svuotati e i campi arsi dove i raccolti bruciano sui terreni senz’acqua. Esplodono i costi per le irrigazioni di soccorso per salvare le piantine assetate e per l’acquisto del cibo per gli animali con i foraggi bruciati dal caldo.

Quanto pesa la crisi sul comparto agroalimentare italiano?

In un Paese come l’Italia, dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’attuale aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa di consumatori, oltre ad alimentare psicosi, accaparramenti e speculazioni. Occorre intervenire nell’immediato – evidenzia Coldiretti - per contenere i costi energetici delle attività produttive e distributive essenziali al Paese, contrastando i fenomeni speculativi chiaramente in atto con lo stop dell’autotrasporto. Uno stop che può provocare danni incalcolabili alla filiera agroalimentare mettendo a rischio i prodotti più deperibili, dall’ortofrutta al latte, dalla carne al pesce ma anche alimentando una pericolosa psicosi negli acquisti sugli scaffali dei supermercati.

L’Italia nella morsa di siccità e carenza idrica

L’allarme siccità nelle campagne italiane, dove si tenta di salvare le colture con le irrigazioni di soccorso, è la dimostrazione dell’importanza dell’acqua come vera e propria risorsa strategica nazionale. Infatti, la prolungata mancanza di precipitazioni insieme al caldo torrido stanno seccando la terra, svuotando le spighe, scottando la frutta e la verdura nei campi e provocando stress negli animali nelle stalle con il crollo della produzione di latte. In sofferenza ci sono dagli ortaggi alla frutta, dal mais alla soia, dal pomodoro ai cereali.

Quando la filiera agroalimentare italiana incontra le necessità dell’Africa

Tracciare nuove traiettorie di futuro per il continente africano, capaci di creare sviluppo nelle aree più depresse del pianeta e dare un’alternativa alle popolazioni rispetto alla dolorosa scelta di lasciare le proprie terre e finire spesso preda dei trafficanti di essere umani. E’ l’obiettivo del primo progetto agricolo italiano di filiera nel continente africano, sottoscritto dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini, la più grande organizzazione agricola a livello italiano ed europeo, Claudio Descalzi amministratore delegato dell’Eni, Società integrata nell’energia impegnata nella promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, Federico Vecchioni amministratore delegato Bonifiche Ferraresi (BF) Spa, la più grande azienda agricola italiana e unico gruppo agro industriale quotato in borsa, e CAI, i Consorzi Agrari d’Italia.

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