I prezzi all’ingrosso dell’elettricità stanno sperimentando rialzi molto significativi. Una tendenza che non si manifesta oggi, ma che è evidente nell’ultimo semestre. Sulla scorta della fuoriuscita dalla fase più dura della pandemia di Covid-19, infatti, la ripresa ha avviato il motore della domanda di materie prime e di energia in tutto il mondo e i prezzi sono tornati a crescere a ritmo sostenuto.
L’energia pesa sempre di più e sempre più peserà sui bilanci delle famiglie e sui conti delle imprese. Per due ordini di ragioni. Primo: di carattere congiunturale, ovvero la crisi del mercato del gas indotta dalla famelica domanda dell’Asia disposta a pagare qualsiasi prezzo con rimbalzo immediato sui prezzi europei. Il mercato del gas è ormai globalizzato e ogni stormir di fronde si avverte ovunque. Anche in questo caso l’Europa non conta niente, dipendendo sempre più dagli altri mercati.
Uno spettro si aggira per il nostro Paese, in particolare ogni volta che il tema del “caro bollette” energetiche sale agli onori delle cronache. È lo spettro del “costo troppo elevato” della transizione energetica verso un modello sempre più a trazione rinnovabile, fino all’abbandono totale delle fonti fossili. Si tratta, ovviamente, di uno dei cavalli di battaglia dei conservatori dello status quo, che sistematicamente dimenticano di ricordare almeno un paio di cose:
Dal 2000, la produzione interna di energia da fonti rinnovabili è aumentata costantemente in Europa (+131%) e il contributo assoluto della bioenergia - l’energia ricavata da biomasse - al mix energetico finale dell'UE è più che raddoppiato. Rappresentando quasi il 60% del totale dell'energia rinnovabile consumata in Europa, il settore delle bioenergie ha un ruolo di primo piano nella transizione energetica a basse emissioni di carbonio nonché nel raggiungimento dei target climatici fissati a livello comunitario.
Uno dei messaggi più forti e condivisi tra quelli emersi all’Assemblea Pubblica di Elettricità Futura è senza dubbio che il Green Deal trasformerà l’Italia, innescando un rinascimento sostenibile senza precedenti. Gli obiettivi al 2030 sono stabiliti, sappiamo già cosa dobbiamo fare, ora si tratta di “rimboccarci le maniche” e dimostrare di essere all’altezza degli impegni sottoscritti. Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, le industrie, le istituzioni, i cittadini, per trarre il meglio da questo cambiamento e riuscire a traguardare la neutralità climatica al 2050.
Il pacchetto “Fit for 55” della Commissione europea, che contiene le proposte per raggiungere entro il 2030 la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990, con l’obiettivo di arrivare alla neutralità carbonica nel 2050, è articolato in dodici iniziative, concernenti modifiche di legislazioni esistenti e nuove proposte legislative. Poiché il documento della Commissione europea contiene centinaia di pagine di proposte legislative, ho cercato di selezionare quelle che affrontano le problematiche su cui si sono maggiormente concentrate l’attenzione e le critiche degli addetti ai lavori.
Le rinnovabili elettriche sono sempre più competitive, con costi decrescenti impensabili fino a pochi anni addietro. Con LCOE al di sotto dei prezzi di mercato italiani, da luglio arrivati ben sopra i 100 €/MWh, si dovrebbe assistere a un boom di installazioni, sia in market parity che grazie alle tariffe assicurate dal D.M. FER 1. Invece, i risultati delle aste deludono, con capacità offerte assai inferiori a quelle disponibili. Il problema non riguarda la competitività ma va cercato altrove. In Italia, infatti, gli investimenti sono frenati da processi autorizzativi lunghi e complessi e da variegate opposizioni socio-ambientali.
Le strategie internazionali sui cambiamenti climatici e sullo sviluppo sostenibile, il Piano di azione europeo sul Green Deal con le diverse strategie già pubblicate e le relative recenti proposte regolamentari applicative, il “Fit for 55”, la futura PAC, il PNRR, il PNIEC stanno via via delineando il percorso verso la transizione ecologica, energetica e digitale del nostro Paese.
Un impegno a tutto tondo, dunque, che richiama anche le imprese agricole ad una profonda innovazione dei processi produttivi, delle pratiche agronomiche, dei sistemi di allevamento, delle macchine e macchinari, dell’efficientamento dei processi produttivi, all’ulteriore sviluppo delle rinnovabili, ecc.
A Napoli, per la prima volta nella storia dei G20, clima ed energia sono stati protagonisti allo stesso tavolo. Segno che, finalmente, l’interconnessione tra questi due mondi è riconosciuta e considerata cruciale per affrontare la transizione. I lavori si sono aperti con le condoglianze ai delegati di Germania e Olanda per le vittime delle alluvioni: altro segnale positivo sulla maturazione culturale da parte di tutti i Paesi riuniti, che rappresentano circa due terzi delle emissioni globali, l’80% del PIL mondiale e il 60% della popolazione.
Gli ultimi due anni sono stati fuori dall’ordinario sotto tutti gli aspetti. La pandemia più disastrosa dell’ultimo secolo, oltre ad aver drasticamente redistribuito le risorse monetarie e finanziarie del mondo intero, ha trasformato modelli di business, ne ha interrotti altri e ha seriamente testato lo spirito di sopravvivenza delle aziende.
I carbon market, oltre a non essere stati esclusi dall’ondata Covid-19, hanno dovuto affrontare una moltitudine di cambiamenti sistemici, forse come mai prima d’ora, tutti concentrati proprio nell’ultimo anno. Il 2021, inoltre, ha fatto da spartiacque tra la fase III del meccanismo EU ETS, iniziata nel 2013 e conclusasi nel 2020, e la successiva fase IV che si protrarrà fino al 2030.