Il pacchetto “Fit for 55” della Commissione europea, che contiene le proposte per raggiungere entro il 2030 la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990, con l’obiettivo di arrivare alla neutralità carbonica nel 2050, è articolato in dodici iniziative, concernenti modifiche di legislazioni esistenti e nuove proposte legislative. Poiché il documento della Commissione europea contiene centinaia di pagine di proposte legislative, ho cercato di selezionare quelle che affrontano le problematiche su cui si sono maggiormente concentrate l’attenzione e le critiche degli addetti ai lavori.

Tra le proposte innovative, la più radicale, ma anche la più controversa, è l’introduzione di un Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) per proteggere le industrie europee dalla concorrenza sleale di beni prodotti in paesi terzi, soggetti a standard ambientali meno stringenti. Per il momento è limitata solo all’importazione di acciaio, alluminio, cemento, energia elettrica, ferro, fertilizzanti, che verranno tassati in misura proporzionale alle maggiori emissioni di CO2 provocate dalla loro produzione, se superiori a quelle europee per lo stesso processo produttivo. Il CBAM verrà introdotto gradualmente a partire dal 2023 e sarà a regime nel 2026.

Innovativa è anche la proposta di estendere l’ETS al trasporto marittimo e aereo, accompagnata da limiti per le emissioni progressivamente crescenti ogni cinque anni a partire dal 2025. L’iniziativa ReFuelEU Aviation obbligherà il jet fuel caricato sugli aerei negli aeroporti comunitari ad essere in misura crescente di origine biologica o a utilizzare e-fuel. FuelEU Maritime avrà un’analoga funzione nei confronti di tutte le navi, non importa quale bandiera battano, in arrivo o in partenza da porti UE.

Gli ETS verranno estesi con aste separate anche alla combustione di fossili per il riscaldamento degli edifici e per il trasporto su strada.

Un mix di innovazioni e di revisione di norme esistenti caratterizza invece un’altra proposta per il settore dei trasporti su strada, che prevede una progressiva riduzione delle emissioni di CO2, dei veicoli leggeri fino ad arrivare a “emissioni zero” nel 2035: a partire da tale data, nell’UE non si venderebbero più auto e furgoni a benzina, a gasolio o ibridi.  

Anche nel caso delle Direttive sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili, pur trattandosi solo di revisioni, le proposte sono molto sfidanti. Invece del 32%, le fonti rinnovabili dovranno soddisfare il 40% della domanda energetica dell’Ue nel 2030 (cui corrisponde un apporto, in termini di TWh prodotti, quasi doppio di quelle elettriche), mentre i consumi energetici finali e primari dovranno essere ridotti i primi del 36%, i secondi del 39%.

Rispetto all’attuale normativa a partire dal 2026 i permessi di emissione gratuiti dovranno cominciare a essere tagliati del 10% ogni anno, in modo da azzerarsi nel 2036.

La revisione della Direttiva LULUCF (Land Use, Land Use Change, Forestry) ha l’obiettivo di passare dai 263 milioni di tonnellate di CO2 immagazzinata nel suolo europeo nel 2018, al netto di quella emessa per l’uso o il cambiamento d’uso del suolo, a 310 milioni di tonnellate nel 2030, mediante l’implementazione di schemi di remunerazione per le pratiche di sequestro del carbonio nel suolo (carbon farming). 

La proposta della Commissione europea prevede inoltre misure di sostegno per le aree con insufficienti risorse finanziarie e di compensazione per gli effetti indesiderati della decarbonizzazione sulle politiche degli Stati membri, tramite il potenziamento dell’Innovation Fund, che supporta gli investimenti delle PMI nelle energie green, con particolare attenzione ai progetti nei settori interessati dal CBAM.

Analoga funzione svolgerà il Modernisation Fund, per aiutare i dieci Stati membri con il PIL pro capite più basso a realizzare gli obiettivi 2030, modernizzando i sistemi energetici e migliorando l’efficienza energetica (sono anche quelli con il più elevato contributo dei fossili al mix energetico e la maggiore intensità energetica).  

È previsto anche un nuovo Social Climate Fund che, a partire dal 2025 e fino al 2032,  prevede misure per la mitigazione degli effetti sui consumatori a rischio di “energy or mobility poverty”, causati dall’ETS introdotto nel trasporto e nel riscaldamento degli edifici; misure finanziate dal 25% dei ricavi dalle aste ETS per riscaldamento e trasporto su strada.

È importante sottolineare che le proposte del pacchetto “Fit for 55” sono solo la fase iniziale di un ciclo di negoziazioni con il Parlamento e il Consiglio europeo. Viste le reazioni di diversi Stati membri e di molti stakeholder, le trattative non saranno né semplici, né brevi. Si concluderanno con modifiche del testo attuale, che, seguendo una consolidata prassi europea, per la maggior parte probabilmente riguarderanno misure di compensazione (in particolare il rafforzamento degli strumenti di sostegno alla riconversione produttiva), senza correggere sostanzialmente l’impalcatura della proposta della Commissione, a meno che le istituzioni europee dichiarino che è stato uno sbaglio puntare sul 55%. Per l’Ue sarebbe un suicidio politico, che non gioverebbe a nessuno.

Né vanno sottovalutati i benefici, sia in Europa che in Italia, indotti dagli investimenti nei settori coinvolti nel processo di decarbonizzazione delineato dal pacchetto “Fit for 55”. Secondo lo studio European Governance of the Energy Transition” di Enel e The European House-Ambrosetti, l’impatto cumulativo sul PIL sarebbe di oltre 8.000 miliardi di euro nell’Unione Europea e di oltre 400 miliardi di euro in Italia.