Gli obiettivi climatici fissati con l’accordo di Parigi pongono un’enorme sfida al settore Oil&Gas, che si trova a fare i conti con una transizione energetica che avrà tra i vari effetti uno stravolgimento degli attuali modelli di business e delle rispettive strategie di investimento. La massimizzazione del valore, la riduzione al minimo dei rischi di transizione e l'allineamento con gli obiettivi climatici globali obbligheranno le aziende a massimizzare i margini e ridurre la produzione in termini assoluti.
Nella superstizione l’anno bisesto è quello funesto per antonomasia. E fin qui pare che il 2020 non smentisca la credenza popolare. Tra pandemia, profezie catastrofiche ambientali, finanziarie, socio-economiche, il settore energetico è alle prese anche con l’ennesimo obbligo di riduzione dei gas serra climalteranti (GHG) nel settore dei trasporti, su decisione isolata e unilaterale dell’Unione Europea.
Il settore trasporti è senza dubbio tra quelli più duramente colpiti dagli effetti della Pandemia, visto che la contrazione generale della domanda ha trascinato un calo inatteso dei consumi anche nei trasporti. I dati rilevati dall’Osservatorio del traffico ANAS (Indice di Mobilità Rilevata – IMR) infatti, mostrano per marzo 2020 una flessione dei trasporti su strada pari al -55% rispetto al mese di marzo dell’anno precedente e per aprile 2020, una flessione pari al -75%, sempre con riferimento ad aprile 2019.
Come noto il 31 dicembre 2019, l'OMS China Country Office è stato informato della presenza di casi di polmonite di eziologia sconosciuta, per un totale di 44 pazienti, rilevati nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Con il diffondersi dell’epidemia in Italia, a partire dal 31 gennaio il Governo e diverse Regioni hanno emanato provvedimenti via via più severi per limitare la diffusione del contagio tra la popolazione.
“Le esigenze dell'utenza automobilistica italiana sono mutate nel corso degli anni e l'industria petrolifera non ha avuto eccessiva difficoltà ad adeguarvisi: una volta facevano premio lo scatto e la velocità, e quindi c'era richiesta di benzina ad alto ottano; oggi invece, con il crescere del traffico ed a causa sia di una maggior sensibilizzazione dell'opinione pubblica che dei nuovi e più stringenti limiti a carattere nazionale ed europeo, c'è una maggiore attenzione ai problemi dell'ambiente e conseguentemente una maggior richiesta di "carburanti puliti".”
Il 22 aprile è stato celebrato il 50° anniversario della Giornata Mondiale della Terra, quest'anno dedicata alla crisi climatica. La partecipazione ai vari eventi, rigorosamente online per via del lockdown, è stata massiccia, segno di una sempre maggiore sensibilità che proviene dal basso. Tuttavia, accanto ad una presa di coscienza collettiva serve uno sforzo da parte del mondo politico ed economico. Secondo Lei quali sono le direttive principali sui cui muoversi e le azioni da intraprendere per una risposta seria?
Che cos’è il Green Deal europeo? Null’altro che l’atto finale di una storia di difesa del clima iniziata più di venti anni fa. Nel 1996 l’Unione Europea propone un obiettivo di contenimento della temperatura di 2°C: occorrerà attendere venti anni prima che gli altri paesi, con il Paris Agreement, adottino lo stesso traguardo; poi nel 1997 a Kyoto, propone un target di riduzione delle emissioni del 15%, fantascienza per l’epoca.
Prima di esprimere una qualsiasi valutazione sugli esiti della Conferenza delle Parti (COP), la numero 25, tenutasi a Madrid dal 2 al 13 dicembre (ed oltre) con la partecipazione ufficiale di 197 delegazioni ed oltre 26.000 persone (quelle effettive erano molte di più), è opportuno tener conto del ruolo che a questo organismo le fu assegnato.
Le COP vengono istituite con l’United Nations Conference on Environment and Development (UNCED), l’Earth Summit tenutosi a Rio de Janeiro dal 2 al 14 giugno 1992 che porterà alla firma da parte di 154 Stati poi saliti a 197 del Trattato denominato “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” (UNFCCC) entrato in vigore il 21 marzo 1994.
La concentrazione dei gas-serra continua ad aumentare e sempre più rapidamente, dopo il rallentamento causato dalla crisi economica mondiale del 2008. Purtroppo, l’accelerazione delle emissioni legate alle attività umane sta causando un’accelerazione dei cambiamenti climatici (CC): la temperatura media globale è di circa 1,2°C più calda rispetto al valore pre-industriale. Siamo quindi solo a 0,3°C dal limite di 1,5°C che il rapporto IPCC considera essenziale non superare. Se guardiamo all’Europa, il riscaldamento medio è più alto, di circa 2°C gradi, con valori ancora più elevati per la regione Mediterranea e per l’Italia (circa 3°C), che si conferma come una delle più sensibili agli effetti dell’aumento delle emissioni di gas serra.
Chi promuove e difende gli interessi fossili può esultare. Per chi si batte da sempre – e, in questo 2019, assieme a milioni di giovani e meno giovani scesi a manifestare - per cercare di evitare le conseguenze più catastrofiche del riscaldamento globale, la speranza “negoziale” rimane oggi appesa a un filo.