Northern Lights costituisce il segmento di trasporto e stoccaggio dell’anidride carbonica in seno al progetto Longship, primo al mondo ad integrare tutta la catena del valore della CCS su scala industriale. Il progetto, in fase avanzata e per cui sono stati conclusi già accordi internazionali con emettitori importanti, costituisce un best case nel panorama europeo che fa ben sperare per una maggiore diffusione della tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2, ormai da più parti considerata come fondamentale per raggiungere gli obiettivi ambiziosi della net zero carbon. Di questo progetto, ma anche, più in generale, di questa tecnologia ne abbiamo discusso con la Dottoressa Renata Meneguolo, principal geologist del progetto Northern Lights.
Quanto è importante puntare su una tecnologia come la cattura, il sequestro e il riutilizzo della CO2 per conseguire gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione? E perché è una tecnologia che non si può scartare aprioristicamente per i costi?
La cattura, utilizzo e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) è considerata una tecnologia imprescindibile per il raggiungimento degli obbiettivi climatici stabiliti dagli accordi di Parigi, come indicato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) e dalla Commissione Europea. Alcune industrie, cosiddette hard-to-abate, per loro natura non possono ridurre le emissioni attraverso altri metodi quali il ricorso all’energia elettrica come alimentazione, o l’efficientamento produttivo e/o energetico. Queste industrie (tra cui cemento, acciaio, carta, petrolchimico) sono fondamentali, tra l’altro, anche per la produzione delle energie rinnovabili e la CCS rappresenta una possibile soluzione. Quanto ai costi, è stato recentemente pubblicato uno studio che ha analizzato l’impatto sul prodotto finale (un ponte) dell’utilizzo di materiali decarbonizzati con CCS, stabilendo che l’aumento del costo finale è dell’ordine di grandezza dell’1%. Con lo sviluppo delle tecnologie e l’impiego di massa, anche i costi tenderanno a diminuire.
Lei è principal geologist nel progetto norvegese Northern Lights, un’importante iniziativa a livello europeo, ma anche mondiale, nell’ambito della CCS? Quali sono gli aspetti tecnici del progetto e cosa fa di Northern Lights un best case?
Northern Lights è il primo progetto di trasporto e stoccaggio dell’anidride carbonica su scala industriale, aperto alle industrie di difficile decarbonizzazione, in seno al progetto Langship che comprende anche i siti di cattura in Norvegia orientale. Northern Lights intende costituire l’apripista per un modello commerciale di trasporto e sequestro della CO2 come servizio, ed è il primo ad aver sottoscritto accordi internazionali con emettitori in Europa settentrionale, come Yara Sluiskil nei Paesi Bassi e Ørsted in Danimarca. Il trasporto è effettuato via mare con navi-cisterna fino ad un sito temporaneo sulla costa occidentale norvegese, poi via gasdotto fino al sito di stoccaggio offshore, a circa 100 km dalla costa e a 2.600 m di profondità. I fattori che fanno di Northern Lights un esempio sono la flessibilità, robustezza e integrazione del sistema e gli standard di sicurezza in tutti gli elementi del progetto. Inoltre, si tratta del primo progetto ad ottenere i permessi per lo stoccaggio geologico nella piattaforma continentale norvegese.
Quanto conta il supporto della politica e della regolazione in progetti così importanti che vedono coinvolti stakeholder diversi, dalle imprese O&G all’industria hard to abate? E in tal senso, come si è mosso il governo norvegese a supporto di questa iniziativa?
Il governo norvegese è il promotore di Langship e Northern Lights, ma già in precedenza aveva sostenuto progetti relativi alla gestione della CO2 attraverso il programma CLIMIT promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, il centro di ricerca di Mongstad (TCM, operativo dal 2012), lo sviluppo di un atlante-guida per lo stoccaggio geologico (2011) e l’adozione di una cornice legislativa derivata da quella europea (2014). Gassnova è l’ente governativo norvegese che si occupa dell’integrazione e gestione degli stakeholder, quale coordinatore del progetto Langship. È evidente che il ruolo del governo norvegese è cruciale e si è svolto e, continua a svolgersi, in molteplici forme ed attività.
Come vede il settore della CCS fra dieci anni? Quali i progetti, attualmente presentati, che possono effettivamente essere realizzati?
La parola d’ordine secondo me è competizione: fra 10 anni vari attori promuoveranno diversi metodi di cattura, e si contenderanno le licenze per lo stoccaggio e i cluster di emettitori. Questo, ad esempio, sta già avvenendo in altri Paesi: gare per la concessione di licenze sono già state effettuate con successo in Norvegia, Regno Unito e Danimarca.
Diversi altri progetti sono in fase di valutazione nei Paesi Bassi, Germania e Danimarca e 18 progetti sono qualificati nell’ultimo bando europeo (il sesto) per i Progetti di Interesse Comune (PCI). Questi hanno le premesse per diventare operativi entro 10 anni.
Principali progetti europei per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO2
Fonte: Clean Air Task Force
Infine, la risposta europea all’Inflation Reduction Act statunitense, la Net Zero Industry Act (NZIA) intende imprimere un’accelerazione allo sviluppo della CCS con procedure più snelle, la responsabilizzazione delle compagnie produttrici di idrocarburi nel territorio dell’Unione Europea e l’obbligo per gli Stati membri di effettuare la mappatura dei potenziali siti di stoccaggio.
Quali sono le differenze maggiori che esistono nei progetti di CCS che si stanno sviluppando nel Mediterraneo (compresi quelli italiani) e quelli del Mare del Nord? Come la politica nazionale ed europea potrebbe aiutare a far emergere la filiera anche nei nostri mari?
Il progetto pioniere nel Mediterraneo promosso da Snam e ENI intende utilizzare giacimenti esausti di idrocarburi per lo stoccaggio geologico, e sfruttare, riadattandola, l’infrastruttura collegata. Lo stesso principio vale per Prinos, in Grecia. Questa è una scelta diversa rispetto a Northern Lights, ma altrettanto valida.
Northern Lights sta costruendo un’infrastruttura nuova, totalmente dedicata alla CO2, e per lo stoccaggio utilizzerà un acquifero salino, ossia un pacco di strati contenti acqua salata, in un’area senza pozzi preesistenti. Il vantaggio di questo approccio è un’intrinseca elevata integrità iniziale del sito; il vantaggio dello sfruttamento di giacimenti esausti è invece il livello di partenza molto elevato della conoscenza del comportamento dinamico dei fluidi nelle rocce. Tutti i siti di stoccaggio, ad ogni modo, devono stilare ed effettuare un piano di monitoraggio prima e durante le attività, e dopo la cessione delle operazioni secondo le direttive europee in vigore, e già recepite anche in Italia.
Come già accennato, lo NZIA riguarda l’intera Unione Europea, e quindi anche i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e, a mio parere, condurrà ad un incremento delle iniziative e d’attività di CCS anche in Italia.