Il prezzo del carbonio non smette di premere sull’acceleratore. Il 6 dicembre scorso sul mercato europeo ha segnato un nuovo record con 81,25 €/ton, e a detta degli esperti, il rally è tutt’altro che esaurito. Alcuni prevedono addirittura che il carbon price toccherà quota 100 € nelle prossime settimane. Considerando che si tratta di un mercato nato per supportare la decarbonizzazione dei sistemi energetici e per disincentivare la produzione di CO2 la notizia non dovrebbe preoccupare.
Nell’ambito delle trattative mondiali per fronteggiare il rischio climatico quella degli impegni per la riduzione delle emissioni di metano è una storia di successo. Si potrà festeggiare solo quando si avranno le prove della loro effettiva riduzione, ma se ripercorriamo le estenuanti spesso inconcludenti discussioni che caratterizzano i meeting mondiali, iniziando dagli incontri annuali della Conferenza delle Parti (COP), difficile trovare precedenti su cui si sia registrata una tale convergenza in così poco tempo.
In occasione della COP 26 di Glasgow, a partire dall’impulso dato dalla Presidenza italiana del G20, è stata finalmente riconosciuta l’importanza delle emissioni di metano (provenienti da Oil & Gas, gestione dei rifiuti e agricoltura) che costituisce il secondo gas climalterante per importanza. È nato l’IMEO un osservatorio internazionale per queste emissioni presso l’UNEP, mentre UE e USA con un primo gruppo di stati nel mese di settembre hanno lanciato il “Global Methane Pledge” che prevede l’impegno di una riduzione del 30% di queste emissioni entro il 2030 (rispetto al livello del 2020).
Nell’ambito del “Green Deal”, una delle legislazioni più dibattute a livello europeo è il Regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari: la cosiddetta “tassonomia” dell’Unione Europea, un sistema di classificazione a base scientifica che dovrà diventare il riferimento globale per definire se un’attività economica può essere considerata sostenibile da un punto di vista ambientale.
Fin dagli anni Ottanta, l'Unione europea ha mostrato una particolare sensibilità riguardo alla tematica dell'impatto negativo dei rifiuti sull'ambiente. Consapevole della necessità di armonizzare le norme nazionali in materia, al fine di consentire il perseguimento di obiettivi di sostenibilità ambientale di ampio raggio, diversi sono stati gli interventi della Comunità, oggi Unione, al riguardo. I più rilevanti si individuano nelle Dir. 94/62/CE, 2000/59/CE 2008/98/CE, U.E. 2015/720 e la Dir. UE 2019/904.
In queste settimane, molta attenzione si è concentrata sul rischio di un incremento significativo del prezzo delle bollette di luce e gas. Il Governo è giustamente intervenuto con misure urgenti per contenere l’impatto di questo aumento su famiglie e imprese. Si è intervenuti sull’IVA, portata per tutti al 5%, nonché sugli oneri di sistema, ovvero quei costi di gestione indipendenti dal consumo degli utenti, a beneficio di circa 29 milioni di clienti domestici e circa 6 milioni di piccole e piccolissime imprese.
La polemica sui rincari dei costi energetici ha riempito le pagine dei quotidiani e il dibattito politico nei giorni scorsi, sulla scorta delle dichiarazioni per certi versi incaute di alcuni esponenti del Governo. Affermazioni che hanno creato preoccupazione ed allarmismo nei cittadini, già messi a dura prova dalle conseguenze che la pandemia ha determinato sul piano economico, nonché esasperati dai costi energetici su cui grava una tassazione eccessiva.
L’aumento dei prezzi del gas cominciato a inizio anno e proseguito in estate con preoccupanti impennate non accenna ad oggi a diminuire. Da metà settembre i prezzi hanno raggiunto picchi intorno ai 70 euro/MWh, segnando un rincaro di quasi il 250% da inizio anno e di circa il 1500% da gennaio 2020. Il verificarsi di un tale andamento già da settembre non fa ben sperare in vista dell’inverno e dell’ulteriore rialzo che sarà trainato dalle esigenze di riscaldamento del settore residenziale.
I prezzi all’ingrosso dell’elettricità stanno sperimentando rialzi molto significativi. Una tendenza che non si manifesta oggi, ma che è evidente nell’ultimo semestre. Sulla scorta della fuoriuscita dalla fase più dura della pandemia di Covid-19, infatti, la ripresa ha avviato il motore della domanda di materie prime e di energia in tutto il mondo e i prezzi sono tornati a crescere a ritmo sostenuto.
L’energia pesa sempre di più e sempre più peserà sui bilanci delle famiglie e sui conti delle imprese. Per due ordini di ragioni. Primo: di carattere congiunturale, ovvero la crisi del mercato del gas indotta dalla famelica domanda dell’Asia disposta a pagare qualsiasi prezzo con rimbalzo immediato sui prezzi europei. Il mercato del gas è ormai globalizzato e ogni stormir di fronde si avverte ovunque. Anche in questo caso l’Europa non conta niente, dipendendo sempre più dagli altri mercati.