L’Unione Europea negli ultimi anni ha formalizzato ambiziosissimi obiettivi in termini di decarbonizzazione, lotta al cambiamento climatico, promozione dell’economia circolare e della mobilità sostenibile. In particolare, attraverso il Green Deal si prefigge il raggiungimento entro il 2050 della “carbon neutrality”.
Energy poverty has long been a significant concern in Europe, with the latest data indicating its prevalence along with the increasingly consistent introduction of legal measures to address it. According to Eurostat, over 41 million people in the EU, representing 9.3% of the population, were unable to adequately heat their homes in 2022. Additionally, nearly 7% of EU citizens had arrears on their utility bills, and almost 15% lived in dwellings with leak, damp, or rot in 2020.
Nel panorama europeo in costante evoluzione, la consapevolezza riguardo alla povertà energetica si è notevolmente accresciuta negli ultimi anni. Questo fenomeno, caratterizzato dalla difficoltà nel soddisfare i bisogni primari di energia.
In Europa, la povertà energetica costituisce da tempo una criticità rilevante: gli ultimi dati indicano la sua diffusione e per fronteggiarla sono state messe in atto diverse misure. Secondo Eurostat, nel 2022 oltre 41 milioni di persone nell’UE, pari al 9,3% della popolazione, non erano in grado di riscaldare bene le proprie abitazioni. Inoltre, quasi il 7% dei cittadini dell’UE aveva bollette arretrate da pagare e quasi il 15% viveva in abitazioni con perdite, umidità o marciume (dato del 2020).
Poor Things (Povere Creature), film che ha premiato Emma Stone con l’Oscar come miglior attrice, racconta una storia ambientata nella Londra Vittoriana, periodo oggetto anche dei racconti di Dickens. Le due città, Canto di Natale, Le avventure di Oliver Twist e l’intera produzione dickensiana ha come oggetto lo scarto tra la povertà e la società borghese.
In ottica di decarbonizzazione dei trasporti, i low carbon fuels, - ovvero biocarburanti liquidi (come biodiesel e HVO) e gassosi (come il biometano), o gli e-fuels (tipo l’idrogeno da elettrolisi) o i carbon fuels (carburanti da rifiuti plastici) – rivestono un ruolo molto importante, trattandosi in larga parte di soluzioni già adottate dal mercato e che già stanno dando buoni risultati.
Sebbene sia perfettamente in linea con le nuove politiche di sostenibilità portate avanti dalla Commissione europea, l’idea di un’espansione del sistema EU ETS a nuovi settori come quello del trasporto marittimo non è un’idea neonata: le basi per la costruzione di nuovi framework normativi erano già state teorizzate oltre un decennio fa. Già nel 2009, infatti, in Europa era stato adottato il ‘Climate and Energy Package’. In tale pacchetto l’UE esortava apertamente a fissare dei target di riduzione delle emissioni non solo l’UNFCCC (United Nations Framework Coalition fon Climate Change) ma anche, nello specifico per il settore marittimo, l’IMO (International Maritime Organization). Vi era però un monito: qualora entro il 31 dicembre 2011 non fosse stato raggiunto un accordo, le redini sarebbero tornate in mano alla Commissione. Questa avrebbe, dunque, proposto il proprio pacchetto per il monitoraggio delle emissioni del settore marittimo, con l’obiettivo di farlo entrare in vigore entro il 2013.
La lotta ai cambiamenti climatici prende il via nel lontano 1992, con la prima Conferenza mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (Earth Summit) tenutasi a Rio de Janeiro, nel momento in cui venne istituita la “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” (UNFCCC). L’obiettivo, non vincolante, era quello di “ridurre le concentrazioni atmosferiche di emissioni GHG e prevenire interferenze antropogeniche pericolose con il sistema climatico terrestre”. La Convenzione entrò in vigore nel marzo del 1994 dopo la ratifica di 50 dei 154 Paesi aderenti ed aprì la strada alla prima “Conferenza delle Parti” (COP1), svoltasi a Berlino dal 28 febbraio al 7 aprile 1995, che si diede due anni di tempo per mettere a punto “una serie completa di azioni” coerenti con gli obiettivi di Rio.
Un parco circolante di veicoli solo elettrici (BEV, battery electric vehicles) non risponde alle regole di mercato e tantomeno ad obiettivi ambientali, se non in modo parziale. Esso risponde invece ad una quota, limitata, della domanda di trasporto stradale e ad una quota, polarizzante, dell’offerta industriale. Ora vediamo i perché. Il movente è la recente delibera del Parlamento europeo che determina che tutti i veicoli immatricolati dal 2035 riducano la CO2 del 100% rispetto al 2021. Qual è, innanzi tutto, l’obiettivo reale della delibera del Parlamento Europeo?
“Cambiamenti di questo tipo non sono mai facili. Molti diranno che dobbiamo fare meno e più lentamente. Ma nella situazione in cui versa il nostro pianeta fare meno significa non fare nulla, e non possiamo permettercelo”. Con queste parole la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il 14 luglio 2021 presentava il pacchetto di proposte Fit for 55. All’interno del provvedimento insieme ai nuovi obiettivi sullo sviluppo delle rinnovabili e quelli per l’efficienza energetica degli edifici è stato inserito, dopo anni di dibattiti e pressioni, anche il nuovo regolamento per decarbonizzare il settore del trasporto leggero – auto e furgoni – con l’obiettivo di azzerare le emissioni dei veicoli nuovi a partire dal 2035.