Dal 31 ottobre al 12 novembre, si è tenuta nella città di Glasgow, in Scozia, la conferenza ONU sui cambiamenti climatici, descritta come l'ultima possibilità per salvare il pianeta. Ciò che muove queste conferenze è la consapevolezza che il riscaldamento climatico abbia origine antropica e che urge un’azione decisa per contrastarlo. Durante la COP26 di Glaslow, i leader mondiali hanno esaminato i dati, fissato obiettivi e preso decisioni chiave prer contrastare il cambiamento climatico: tra queste vi rientra sicuramente la riduzione del consumo mondiale di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) e il passaggio a fonti di energia meno inquinanti come solare, eolico e nucleare. Si tratta di una misura importante per proteggere l'ambiente, garantire aria e acqua pulite nei prossimi decenni e evitare l'instabilità socio-economica e politica.

Per il World Energy Outlook 2021 dell'AIE sta emergendo una nuova economia energetica globale che sarà più elettrificata, efficiente, interconnessa e pulita. Tuttavia, la volatilità dei prezzi dell'energia registratasi negli ultimi mesi ha sollevato serie preoccupazioni sulla traiettoria e sulla velocità di questa transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili e al nucleare. E questo perchè la domanda di energia sta attualmente superando l'offerta, facendone aumentare i prezzi. Dietro l'impennata dei consumi c'è la ripresa economica, dopo la fase di recessione che segue la diffusione della pandemia. A ciò si aggiunga il clima insolitamente freddo che, nel caso del gas in Europa, ha deteminato un massiccio prelievo degli stoccaggi. Dal lato dell'offerta, il concatenarsi di alcuni eventi ha generato tensioni e ammanchi di energia: gli uragani hanno forzato la chiusura delle raffinerie di petrolio nel Golfo del Messico, le tese relazioni politiche tra Cina e Australia hanno portato Pechino a interrompere l'importazione di carbone da Canberra e l’assenza di vento nel Mare del Nord, per un periodo prolungato, ha drasticamente ridotto la produzione di elettricità dalle turbine eoliche.

Minori investimenti e prezzi elevati: il mondo non sta investendo abbastanza per soddisfare il proprio fabbisogno energetico futuro, mentre incertezze sulle politiche da attuare e sugli scenari di domanda alimentano il rischio di volatilità dei prezzi sui mercati dell'energia. I principali produttori di petrolio hanno ridotto significativamente i loro investimenti in fonti fossili, il che ha portato a una diminuzione dell'offerta. Solo nel 2021, gli investimenti totali in Oil&Gas diminuiranno di circa il 26% rispetto ai livelli pre-pandemia, un calo imputabile alla crisi che ha conosciuto il comparto a seguito della pandemia e alla continua pressione da parte dei gruppi ambientalisti. Per l’OPEC, così come emerge dal suo ultimo World Oil Outlook 2045, una politica di scarsi investimenti rimane una delle grandi sfide per l'industria petrolifera. A minori investimenti di fonti fossili, però, non corrisponde una maggiore disponibilità di energia rinnovabile, ancora incapace di soddisfare la domanda globale di energia e le aspirazioni climatiche. Gli investimenti in energia pulita, infatti, dovrebbero crescere da circa 1,1 trilioni di dollari di quest’anno a 3,4 trilioni di dollari all'anno al 2030. Ma ancora siamo lontani e questo squilibrio si riflette nel mix energetico globale, in cui la quota delle fonti fossili, a livello globale, continua ad essere dell’80%, nonostante sforzi ne siano stati compiuti e  la capacità eolica e solare  sia più che raddoppiata tra il 2015 e il 2020.

Un buon esempio di questa discrasia è evidente nel settore dei trasporti. Per quanto si stia puntando all’elettrificazione dei veicoli e allo sviluppi di carburanti a bassa impronta carbonica, i governi abbiano avanzato politiche per favorine la transizione e quasi tutte le principali case automobilistiche - tra cui General Motors, Volkswagen e Volvo - stiano scommettendo molto su un nuovo modello di produzione con le vendite che stanno guadagnando terreno, ci sono ancora molte criticità da superare. La costruzione delle infrastrutture e delle stazioni di ricarica richiederà molto tempo e pertanto è improbabile che le auto a benzina scompaiano presto.

Come previsto, i mercati energetici globali hanno risposto ai segnali contraddittori provenienti dalla politica e dalla resilienza dei combustibili fossili. I prezzi spot del gas naturale sono più che quadruplicati fino a raggiungere livelli record in Europa e in Asia. Secondo il Fondo Monetario internazionale, la persistenza e la dimensione globale di questi picchi di prezzo non hanno precedenti. Con l'aumento dei prezzi in Europa, i futures del gas naturale negli Stati Uniti hanno raggiunto, ad ottobre 2021, il massimo da quasi 13 anni. Allo stesso modo, i prezzi del Brent, benchmark di riferimento globale, hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi sette anni spingendosi sopra agli 85 dollari al barile. Infine, i prezzi del carbone hanno toccato il record dal 2001.

Implicazioni strategiche: a differenza di molte altre commodities, i cambiamenti che si registrano  nei mercati dell'energia hanno significative implicazioni geopolitiche e i principali consumatori e produttori rispondono alle mutevoli dinamiche del panorama energetico. Gli Stati Uniti, per esempio, sono un attore di primo piano sia lato domanda che lato offerta. La produzione statunitense di fonti fossili è diminuita drasticamente l’anno scorso a causa del Covid e ancora non è tornata ai livelli pre-crisi. L'amministrazione Biden si è “divertita” a svendere parte della riserva strategica di petrolio del paese o a vietare le esportazioni di petrolio. Inoltre, conscio che l'aumento dei prezzi dell'energia potrebbe incidere sull'inflazione e frenare la ripresa economica, Biden ha esortato l'OPEC ad aumentare la produzione di petrolio più rapidamente per allentare i vincoli di approvvigionamento.

Allo stesso modo, la maggior parte dei paesi europei, ha preso impegni di riduzione dei consumi di combustibili fossili, forse troppo prematuramente e prima di avere garanzie sul fatto che le fonti rinnovabili fossero sufficienti per soddisfare la domanda in caso di emergenza. Questo spiega, perché ora il Vecchio Continente fatica per trovare gas da bruciare nei suoi impianti di generazione elettrica.

Anche il GNL ora è conteso sul mercato: la domanda asiatica infatti è aumentata notevolmente, riducendo i volumi destinati alle coste europee. Per alcuni governi europei la volatilità dei prezzi del gas rafforza la necessità di accelerare verso le energie rinnovabili. Tuttavia,  si teme  che i prezzi così elevati possano innescare un contraccolpo alla diffusione delle FER, specie se i consumatori iniziano a credere che il prezzo della transizione energetica sia troppo alto.

Questo contesto di limitate forniture e prezzi elevati del gas ha offerto alla Russia l'opportunità di espandere e consolidare la sua influenza politica in Europa. Il presidente Putin ha affermato che il suo paese potrebbe aiutare a calmierare la crisi del gas naturale aumentando le sue esportazioni verso il continente. E potrebbe farlo anche nel prossimo futuro, con l’entrata in funzione del nuovo gasdotto Nord Stream 2, che collega Russia e Germania attraverso il Mar Baltico. Tuttavia, queste forniture aggiuntive di gas russo all'Europa non dovrebbero essere date per scontate, sia perché ancora manca il via libero del regolatore tedesco, sia perché non è automatico che la Russia immetta nuovi volumi di gas nei gasdotti europei, vista la crescente domanda di gas piped da parte della Cina. Questa competizione europeo-cinese, quindi, aggiunge ulteriore pressione sulle forniture e sui prezzi del gas russo.

Infine, i paesi produttori di petrolio nel Golfo hanno cercato di trovare un equilibrio tra le preoccupazioni ambientali e la necessità di garantire forniture adeguate di petrolio e gas per sostenere la ripresa economica globale. Saudi Aramco prevede di aumentare la capacità di produzione di petrolio da 12 a 13 milioni di barili al giorno entro il 2027. La Abu Dhabi National Oil Company prevede di spendere 122 miliardi di dollari per incrementare la capacità di produzione di petrolio a cinque milioni di barili al giorno entro la fine del decennio da circa quattro milioni al giorno attuali. L'Iraq ha stretto diversi importanti accordi con compagnie petrolifere straniere per aiutare la compagnia petrolifera nazionale statale a sviluppare nuovi giacimenti e migliorare la produzione di quelli vecchi. Il Qatar sta spendendo quasi 30 miliardi di dollari per aumentare la capacità produttiva  del giacimento North Field. Doha ha esortato le compagnie petrolifere internazionali e i governi occidentali ad accettare che il gas sia riconosciuto come fonte di transizione per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni di carbonio. Nell'ottobre 2021, l'emiro del Qatar ha creato un ministero dell'ambiente e dei cambiamenti climatici e il principe ereditario saudita si è impegnato al raggiungimento di zero emissioni nette entro il 2060.

La quota del petrolio nel mix energetico globale si è ridotta oggi al 29% da circa il 50% degli anni '70, in ragione dell'aumento dell'uso di gas naturale e fonti rinnovabili. La recente impennata dei prezzi dell'energia evidenzia i rischi di una graduale eliminazione della produzione di combustibili fossili senza un'adeguata fornitura di energia verde. L'incertezza rimane alta. È necessario un equilibrio tra le preoccupazioni ambientali e un mercato energetico stabile. È urgente affrontare il cambiamento climatico e contemporaneamente sostenere la ripresa economica.