Il “grand bargain” è ciò che in Italia chiameremmo compromesso storico, ossia un accordo di portata storica che mette insieme i due poli politici opposti in virtù di una o più tematiche di interesse strettamente generale. Destra e sinistra in Italia, repubblicani e democratici negli USA. L’opportunità di un grand bargain sul clima è quella che la nuova amministrazione Biden potrebbe cogliere dopo pochi giorni dal suo insediamento. Vediamo perchè.
Il 20 settembre 2020 il presidente Xi Jinping ha annunciato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l’impegno unilaterale e senza condizioni della “decarbonizzazione” dell’economia della Cina entro il 2060, ovvero l’azzeramento delle emissioni di carbonio dopo che avranno raggiunto il loro picco entro il 2030.
L’impegno della Cina è una sfida tecnologica ed economica molto complessa.
Novembre 2018: la Commissione europea presenta la visione strategica per un’economia competitiva e climaticamente neutra al 2050. Questa decisa presa di posizione, accompagnata dalla pressione dal basso dei giovani, ha portato ad una accelerazione globale, tanto che sono ormai oltre cento i paesi che intendono diventare “carbon neutral”. La vera svolta si è però avuta con la decisione della Cina di voler raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060, annunciata dal premier Xi Jinping il 22 settembre 2020 alle Nazioni Unite.
La pandemia ha cambiato il nostro futuro in modo percepibile e consistente. Forse non è vero che “nulla sarà più come prima” ma è senz’altro vero che molte cose saranno cambiate e che dovremo abituarci a una “nuova normalità”, o a più “nuove normalità”. In primo luogo, perché la pandemia globale ci ha messo di fronte a una discontinuità tangibile che rafforza la nostra capacità di comprendere che le “grandi crisi” sono possibili: oggi la crisi sanitaria, domani, forse, quella climatica. In secondo luogo, perché dovremo gestirne gli effetti diretti per ancora molto tempo. E, in terzo luogo, perché ora sappiamo, sono gli esperti a dircelo, che le interconnessioni multiple di un mondo globalizzato rendono probabili, se non certe, nuove crisi anche in futuro.
Il 2020 sarà ricordato, se non il peggiore, come uno degli anni più sfidanti per l’umanità nel suo complesso, nonché per la tenuta di un già fragile equilibrio economico globale. La crisi che stiamo attraversando ha ridefinito priorità ed esigenze, cambiando anche le prospettive per il futuro. Per affrontarla e soprattutto per riuscire a vedere “oltre”, serve un’azione concreta, ma soprattutto una visione improntata sulla resilienza. Insieme a Tomaso Tommasi Di Vignano, presidente esecutivo del Gruppo Hera, abbiamo discusso di come è stata gestita la crisi da una grande multiutility e provato a capire quale è la strada per la ripartenza.
C’è un grafico che con icastica semplicità racconta dove siamo, dove stiamo andando, dove dovremmo andare e cosa ha rappresentato la pandemia per il clima. Del grafico non c’è traccia all’interno del WEO 2020, ma l’AIE lo propone nelle slide della launch presentation.
Il 18 gennaio 1970, dalle pagine del New York Times, venne pubblicato un appello per la difesa del Pianeta. Un appello che il 22 aprile portò 20 milioni di americani per le strade: fu il primo Earth Day della storia, nonché l’inizio dell’ambientalismo moderno. La chiamata del New York Times era perentoria già all’epoca. “Inizieremo a recuperare l'ambiente che abbiamo distrutto", dichiarava l'annuncio.
La pandemia Covid-19 fu segnalata all’inizio come un cigno nero, ovvero come un evento a probabilità zero, secondo la ben nota definizione di N.N. Taleb. Niente di più sbagliato, se si considera che avvisaglie di zoonosi virali epidemiche, AIDS, Ebola, MERS, SARS, sono arrivate in continuazione in questi ultimi anni. La definizione di focolai asiatici e africani ci ha spinto alla falsa idea che si trattasse di problemi altrui. Così, i piani pandemici e la medicina territoriale sono stati declassati in tutto l’Occidente.
Dall'inizio del 2020 stiamo vivendo un paradosso planetario che potremmo definire socio-ambientale. Da un lato, il mondo viene sconvolto dalla più grave pandemia degli ultimi 100 anni, che sta mettendo in evidenza le vulnerabilità della struttura socio-economica della società in cui viviamo: centinaia di migliaia di decessi; milioni di contagiati; sistemi sanitari al collasso; crisi economiche senza precedenti; distanziamento sociale estremo.
Il 22 aprile è stato celebrato il 50° anniversario della Giornata Mondiale della Terra, quest'anno dedicata alla crisi climatica. La partecipazione ai vari eventi, rigorosamente online per via del lockdown, è stata massiccia, segno di una sempre maggiore sensibilità che proviene dal basso. Tuttavia, accanto ad una presa di coscienza collettiva serve uno sforzo da parte del mondo politico ed economico. Secondo Lei quali sono le direttive principali sui cui muoversi e le azioni da intraprendere per una risposta seria?