La concentrazione dei gas-serra continua ad aumentare e sempre più rapidamente, dopo il rallentamento causato dalla crisi economica mondiale del 2008. Purtroppo, l’accelerazione delle emissioni legate alle attività umane sta causando un’accelerazione dei cambiamenti climatici (CC): la temperatura media globale è di circa 1,2°C più calda rispetto al valore pre-industriale. Siamo quindi solo a 0,3°C dal limite di 1,5°C che il rapporto IPCC considera essenziale non superare. Se guardiamo all’Europa, il riscaldamento medio è più alto, di circa 2°C gradi, con valori ancora più elevati per la regione Mediterranea e per l’Italia (circa 3°C), che si conferma come una delle più sensibili agli effetti dell’aumento delle emissioni di gas serra.

Anomalia delle temperature medie negli ultimi 12 mesi rispetto al periodo 1981-2010

Fonte: Copernicus Climate Change Service

Notizie che confermano l’accelerazione dei cambiamenti climatici vengono anche da chi studia la criosfera e gli oceani. I ghiacci si sciolgono sempre più rapidamente: ad esempio, è degli ultimi giorni la notizia che un’analisi accurata dei dati da satellite raccolti negli ultimi 26 anni ha concluso che i ghiacci della Groenlandia si stanno sciogliendo circa 7 volte più rapidamente di quanto riportato prima. Notizie simili vengono purtroppo anche dai ghiacciai delle Alpi. Anche gli oceani confermano un’accelerazione: le ultime misure parlano di crescita del livello del mare di circa 0,5 cm ogni decade (un’accelerazione netta rispetto al valore di circa 0,25 cm di una decina di anni fa).

L’impatto dei CC è sempre più evidente anche sulle attività umane e le popolazioni: sull’agricoltura, il ciclo dell’acqua, la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi. Sempre più rapporti parlano di un aumento del numero delle persone che sono costrette a emigrare a causa dei cambiamenti climatici che rendono invivibili le loro terre.

Evoluzione dell’anomalia di temperatura media globale (pannello superiore) ed europea (pannello inferiore), relativa alla media del periodo 1981-2010

Fonte: Copernicus Climate Change Service

Le concentrazioni di gas-serra continuano a crescere

La crescita delle concentrazioni dei gas serra (GHGs), tra cui l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) ed il protossido di azoto (N2O), è iniziata sostanzialmente all’inizio del 1900. Le osservazioni mostrano una grande accelerazione dopo la seconda guerra mondiale. Se guardiamo gli ultimi trent’anni, l’aumento è stato particolarmente sostenuto durante i periodi di crescita economica, mentre ha rallentato durante i periodi di recessione. L’ultima accelerazione la si osserva dopo la crisi del 2008, da quando l’economia mondiale è tornata a segnare perfomance positive.

Oltre allo sviluppo economico, l’incremento delle concentrazioni è legato ad un continuo aumento della produzione energetica, al trasporto, allo sviluppo dell’agricoltura e degli allevamenti animali. È importante ricordare che negli ultimi 800.000 anni e fino all’inizio del 1900 il livello di concentrazione della CO2 era rimasto sempre al di sotto del livello pre-industriale di 270 parti per milione (ppm), mentre oggi siamo a livelli al di sopra dei 400 ppm.

Se vogliamo confrontare il contributo alle emissioni di diversi Paesi, due sono di solito i metodi di misura seguiti: il primo è basato sull’emissione totale di ogni Paese ed il secondo sulle emissioni per persona (‘CO2 equivalent per capita’), calcolate dividendo le emissioni totali per la popolazione di ogni paese. La seconda misura tiene conto del fatto che tutti gli abitanti della Terra hanno diritto ad avere accesso all’energia necessaria per vivere, crescere e svilupparsi. Sono quindi d’accordo con moltissimi autori che considerano questa misura più giusta e corretta.

In termini assoluti, la Cina è il paese che contribuisce maggiormente alle emissioni totali di GHGs, mentre in base alle emissioni pro-capite sono Stati Uniti, Canada, Australia ed Unione Europea le aree con i valori più alti. La tabella di seguito mostra i dati relativi al 2014 dei Paesi che più contribuiscono alle emissioni (sono i dati più recenti disponibili dal sito della World Bank).

È interessante ricordare quali sono i Paesi che hanno contribuito maggiormente all’accumulo dei gas serra in atmosfera, guardando ad esempio all’accumulo dal 1991 al 2014 mostrato in Tabella, nell’ultima colonna. Emerge come ogni italiano abbia contributo più o meno come il cittadino medio Europeo, ma quasi il doppio del cittadino medio della Cina e quasi 7 volte in più del cittadino medio dell’India. Notate anche la grande differenza tra i valori di USA, Canada, Australia ed Unione Europea, in parte dovuta alle differenze tra le diverse economie, a loro volta ascrivibili a processi produttivi caratterizzati da diversa intensità energetica, al tipo di agricoltura e allevamento praticati. La differenza è anche dovuta allo stile di vita: ai consumi di energia dei singoli, ad esempio legati all’utilizzo di macchine con motori più potenti/inquinanti, alla minore efficienza energetica delle abitazioni, all’utilizzo più o meno intenso di sistemi di riscaldamento/condizionamento.

Emissioni pro capite di gas serra nei Paesi che contribuiscono di più alle emissioni globali nel 2014 e tra il 1991 ed il 2014

Fonte: World Bank

Occorre tenere conto di questi numeri quando si parla di giustizia sociale, di diritto allo sviluppo, di chi è responsabile per la situazione in cui siamo e di chi dovrebbe contribuire di più alla riduzione delle emissioni.

Gli eventi meteorologici estremi sono sempre più intensi e frequenti

Veniamo agli effetti più locali, legati ad eventi singoli, meteorologici, che viviamo tutti i giorni. Un’atmosfera più calda è un atmosfera che ha più energia, e che è quindi in grado di generare perturbazioni più intense (tempeste di vento come Vaia che colpì il bellunese nel 2018 o gli uragani nei tropici) e piogge sempre più forti (come quelle hanno colpito tutta Italia, ed in particolare la Liguria, il Piemonte, ed il Veneto nell’ottobre/novembre 2019). Un’atmosfera più calda può contenere una quantità di vapore acqueo maggiore: quando si innescano fenomeni di convezione (temporali, rovesci), il vapore condensa e possiamo assistere a piogge più violente e a grandinate con chicchi di dimensioni maggiori (simili a quelli che si osservano normalmente ai tropici).

In altre parole, non cambiano solo i valori medi ma cambia anche la variabilità dei fenomeni: con un’atmosfera e un mare più caldi, gli eventi meteorologici estremi possono essere sia di maggiore intensità che più frequenti. Ad esempio, in Italia, negli ultimi decenni le estati sono state caratterizzate con maggior frequenza da ondate di calore più intense e più lunghe. Maggiore variabilità vuol dire anche che possiamo assistere ad eventi particolarmente freddi, come le temperature glaciali che hanno caratterizzato la regione dei grandi laghi del Nord America nel gennaio del 2019. Lo stesso può accadere per gli inverni nelle regioni alpine: a causa di una maggiore variabilità della circolazione atmosferica, potremmo assistere a flussi d’aria fredda, artica, che durano più a lungo.

È tempo di agire

È assolutamente necessario ridurre le emissioni di gas-serra: per farlo occorre trasformare i processi produttivi, il trasporto, aumentare l’efficienza, cambiare gli stili di vita, in modo da raggiungere ‘zero emissioni nette di gas serra’ entro il 2050, ma ancora meglio il prima possibile.

Sicuramente una notizia positiva è il ‘New Green Deal’ proposto dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che – si spera – porti alla definizione di obiettivi chiari da raggiungere anno dopo anno, a partire dal 2020. La notizia negativa viene, invece, da COP25, che si è appena conclusa senza definire misure concrete che possano mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 1.5-2oC, come discusso già nel 2015 a Parigi, e con un ulteriore rinvio delle decisioni a COP26 (Glasgow, 2020). Mi auguro che il blocco europeo riesca a convincere i paesi più reticenti a muoversi urgentemente nella direzione richiesta da chi vive gli impatti dei cambiamenti climatici già ora, dai giovani e dagli scienziati, e che COP26 possa raggiungere quei risultati che tutti ci aspettiamo.