L’importanza attribuita al tema del cambiamento climatico durante l’annuale World Economic Forum, tenutosi a Davos (Svizzera) dal 21 al 24 gennaio 2020, testimonia che la consapevolezza dei rischi connessi al continuo ignorare la realtà dei fatti sta prevalendo sullo status quo o situazioni ‘business as usual’. Si fa sempre più forte la presenza di grandi aziende che hanno scelto di volgere la propria attenzione alle energie rinnovabili e diventare ‘green’. Una sensibilità, quella delle aziende, che inizia già nel 2014, quando durante la settimana del clima a New York, grandi imprese attive nei più diversi settori hanno deciso di mettere in atto una ’smart choice’ contribuendo alla tanto auspicata transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

Questo trend è stato facilitato dall’iniziativa RE100, che lanciata dal Climate Group e Carbon Disclosure Project (CDP), si propone di raggruppare grandi aziende influenti sul mercato e incoraggiarle a diventare 100% rinnovabili nella fornitura di energia elettrica.

Due le motivazioni principali che hanno spinto Google, Ikea, Amazon, Lego, Facebook, per citarne alcune, a cambiare direzione e decidere di utilizzare energia rinnovabile per il proprio consumo energetico: la necessità di ridurre la propria ‘carbon footprint’ e l’allettante prospettiva di un risparmio sulla bolletta.

Da qui muove la crescita esponenziale degli accordi di compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili (i cosiddetti Power Purchase Agreements – PPAs) che a livello globale, hanno raggiunto i 13,4 GW solo nel 2018, un ammontare più del doppio di quello registrato invece nel 2017. L’aumento è ascrivibile a vari fattori, diversi a seconda del Paese preso in considerazione: per esempio negli Stati Uniti, leader per eccellenza in materia di PPAs, l’incremento è stato dovuto a una serie di misure di agevolazione che hanno permesso anche ad aziende più piccole di poter stipulare tali contratti. Tra queste: incoraggiare l’aggregazione tra imprese, oppure la fissazione di tariffe agevolate decise dallo Stato per l’acquisto di elettricità da fonte rinnovabile, o semplicemente una diversificazione di investimenti. Anche in Europa, le aziende che hanno stipulato PPAs sono aumentate registrando una capacità contrattata che negli ultimi cinque anni ammonta a 7,5 GW di cui con 1,6 GW solo nel 2019.

L’UE ha da sempre incoraggiato l’uso di risorse rinnovabili e oltre a  fissare un target di produzione da fonte rinnovabile di almeno il 32% entro il 2030, ha previsto nella Direttiva (UE) 2018/2001 che gli Stati membri valutino ed eliminino gli ostacoli amministrativi e normativi agli accordi di compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili assicurando che tali accordi non siano soggetti a oneri sproporzionati (Art.15).

Nella lista stilata nel 2019 da CDP e relativa alle aziende che hanno dimostrato trasparenza nel riportare le loro performance e impegno ad essere 100% rinnovabili entro il 2050, spiccano nomi come Nestlè e Sony Corporation. Ma ancora più impressionante è la notizia dell’anno scorso che ha visto colossi come Google e Amazon divenire leader nella corsa alle rinnovabili.

Google, in particolare, detiene un ruolo di leader in materia di accordi di compravendita di energia rinnovabile. Risale al 2010 il suo primo PPA per l’acquisto di un parco eolico di 110MW in Iowa e dopo sette anni, il raggiungimento dell’obiettivo di diventare 100% rinnovabile. Ha già acquistato, infatti, più di trenta parchi eolici e fotovoltaici in tutto il mondo, di cui 30GW di energia eolica e fotovoltaica, nel solo 2018, per un investimento di 4,2 miliardi di euro. Nel  2019, poi, Google ha proceduto all’acquisto di 800MW di nuove energie rinnovabili in tutta Europa e ha stanziato 500.000 euro alla RE-Souce Platform  - la piattaforma europea che concilia gli interessi di fornitori e consumatori di energia con lo scopo di coordinare e incentivare politiche di supporto alle rinnovabili -  al fine di promuovere l’accesso a fonti di energia pulita.

Amazon, dal canto suo, ha annunciato l’obiettivo di produrre l’80% dell’energia che le serve da fonti rinnovabili entro il 2024, per poi raggiungere  il 100% entro il 2030. L’obiettivo ultimo dell’azienda è essere totalmente ‘carbon neutral’, ovvero non avere nessun impatto in termini di emissioni di carbonio entro il 2040. A tal fine, l’azienda ha investito 400 milioni di dollari in Rivian, l’azienda produttrice di veicoli elettrici senza emissioni in Michigan. Un investimento che contribuirà ad accelerare la produzione di veicoli elettrici utilizzandoli per le consegne dell’azienda già dall’anno prossimo. Il colosso si è fatto, inoltre, promotore verso altre aziende di “The Climate pledge”, un impegno a ridurre l’impatto ambientale.

Google e Amazon non sono casi isolati: aziende come Microsoft e Facebook hanno seguito lo stesso esempio, accedendo ad un mercato come quello dell’energia. Tre sono i motivi fondamentali alla base di questo cambiamento di strategia: 1) diversificazione degli investimenti, che li porta ad allocare capitali anche nel comparto energetico sottraendo considerevoli sezioni di mercato alle grandi utility; 2) la digitalizzazione dei servizi e la mobilità elettrica crescono in maniera esponenziale, maggiori informazioni inerenti alle abitudini dei consumatori, delle famiglie e dei singoli cittadini saranno sempre più disponibili e saranno chiave nel forgiare le policy di queste aziende; 3) il mondo aziendale ha abbracciato finalmente l’idea di assicurare un avvenire sostenibile alle generazioni future in un’era in cui restare ancorati al vecchio sistema di produzione di energia da combustili fossili diventa anacronistico e controproducente.

Il 2020 sarà cruciale per l’implementazione dell’Accordo di Parigi: alla luce di ciò che l’IPCC ha annunciato nel suo report speciale “Riscaldamento globale di 1,5°C ”, rilevando l’urgenza di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C per far fronte alle conseguenze climatiche già in atto, la scelta di grandi aziende di utilizzare energia rinnovabile potrebbe avere un effetto a catena generando una sempre più alta richiesta di energie rinnovabili, lanciando un segnale incoraggiante nella giusta direzione.