Il 6 febbraio, la Commissione Europea ha pubblicato un documento che “raccomanda” all'Unione Europea di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. In realtà, non si tratta di un annuncio a sorpresa o di un ulteriore obiettivo, ma dell’indicazione di un punto intermedio nella traiettoria di riduzione già definita da tempo: vediamo perché, facendo un piccolo passo indietro.

La Legge Europea sul Clima, in vigore dal luglio 2021, impegna l'Unione Europea a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, con un obiettivo intermedio di riduzione del 55% delle emissioni nette entro il 2030 rispetto al 1990. Questo obiettivo è parte del pacchetto legislativo Fit For 55, ed è stato recentemente aggiornato al 57%. Per garantire il progresso dopo il 2030, la Legge prevede che la Commissione definisca un obiettivo intermedio per il 2040 entro sei mesi dal primo Global Stocktake, presentato alla COP28 di Dubai nel dicembre scorso. Quindi, la raccomandazione era in un certo senso attesa.

Si apre ora un processo di consultazione con gli stakeholder, che dovranno confrontarsi sui dettagli della proposta prima che essa venga tradotta in legge. Come sappiamo, l’UE attraversa una fase di transizione importante: a giugno ci saranno le elezioni per il Parlamento europeo, seguite dalla nomina di una nuova Commissione. Non possiamo escludere che il risultato di queste elezioni porti una forte opposizione alla politica climatica, con una svolta a destra della politica europea. La raccomandazione dovrebbe quindi essere tradotta in legge dalla prossima Commissione (nel 2025) e costituirà la base del nuovo Nationally determined contribution dell'Unione Europea.

L’obiettivo del 90% costituisce una sorta di “ponte” tra i target già noti per il 2030 e il 2050. Tuttavia, esso acquista maggiore significato se consideriamo la congiuntura particolare che stiamo attraversando. Non ci riferiamo solo alle elezioni imminenti: questa decisione arriva in un momento in cui gli agricoltori sono scesi in piazza in molti Stati Membri, manifestando rabbia nei confronti delle politiche ambientali e di altre questioni (sulla natura delle rivendicazioni è utile l’analisi di Carbon Brief). Allo stesso tempo, molti vertici aziendali sono preoccupati della capacità dell'industria europea di mantenere la propria competitività rispetto a Cina e Stati Uniti durante il processo di decarbonizzazione (basti pensare al dibattito sulle auto elettriche). Il fatto che la Commissione ribadisca e rafforzi il suo impegno climatico, in questo momento, riveste una certa importanza.

Da dove arriva questo numero? La Commissione ha optato per una riduzione del 90%, basandosi su una valutazione dettagliata dello European Scientific Advisory Board on Climate Change (ESABCC). Tale valutazione è un corposo documento di 600 pagine: le prime 130 contengono i dati essenziali, le restanti approfondiscono scenari di emissione, valutazione dei costi e piani finanziari. Insomma, una base scientifica sicuramente solida, che sempre dovrebbe costituire la premessa per definire una strategia politica efficace, a qualsiasi livello. L’Italia dovrebbe prendere appunti, viste anche le osservazioni mosse al PNIEC presentato lo scorso anno.

L’ESABCC ha individuato 3 opzioni: una riduzione dell’80% (che avrebbe implicato una traiettoria di riduzione lineare tra il 2030 e il 2050), una riduzione del 85-90% e una del 90-95%. Lo stesso ESABCC ha definito la terza opzione "fair and feasible”. La Commissione ha deciso di puntare sul target più ambizioso, scegliendo tuttavia l’estremo inferiore dell’intervallo (90%). Secondo indiscrezioni, versioni precedenti del documento avrebbero contenuto la dicitura “almeno il 90%”, poi abbandonata nella versione finale. Da un punto di vista quantitativo, fissare punti intermedi della traiettoria di riduzione delle emissioni è importante. Infatti, in termini di concentrazione in atmosfera di GHG, il percorso seguito per raggiungere il net zero è estremamente rilevante, poiché modifica in modo sostanziale il totale delle emissioni cumulate, migliorando o peggiorando l’impatto sulle temperature.

Nessun dubbio che l’obiettivo sia ambizioso e che, in passato, una tale riduzione non sia mai stata realizzata. Secondo i dati della European Environment Agency, dal 1990 al 2021 le emissioni europee sono scese di circa il 30%: l’obiettivo da raggiungere al 2040 è doppio e il tempo a disposizione dimezzato. In termini di riduzione media annua, per l’Unione Europea nel periodo 1990-2022 il dato è dell’1,2%, mentre l’obiettivo al 2030 richiede il 5,5% in meno medio all’anno dal 2022 al 2030 (e per quello del 2040 il dato sale a -13,6%). Inoltre, le proiezioni della stessa EEA indicano che l’UE non è al momento sulla strada giusta per centrare gli obiettivi: la politiche attuali ridurranno le emissioni del 48% al 2030, del 60% al 2040 e del 64% al 2050.