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FONTI RINNOVABILI | 150 ARTICOLI

Parlare di nucleare è importante

Tenere vivo il dibattito sull’energia nucleare, anche in Italia, è indispensabile. Le ragioni sono molteplici, ma concentriamoci su quelle legate alla crisi climatica. L’attuale transizione energetica cammina su tre gambe: efficienza, elettrificazione e decarbonizzazione. Secondo gli scenari IEA, per raggiungere gli obiettivi net zero, la penetrazione elettrica a livello globale (cioè la percentuale di consumi energetici finali soddisfatti dall’elettricità) dovrebbe passare dall’attuale 20% al 40% entro il 2050. Allo stesso tempo, è fondamentale decarbonizzare questo settore.

Il rinnovato interesse per i reattori di piccola taglia

Negli ultimi decenni, i paesi che hanno deciso di costruire centrali nucleari lo hanno fatto scegliendo quasi sempre reattori di grande taglia, ben oltre i 1.000 MWe per singola unità sino ai 1.600 MWe del francese EPR, entrato in esercizio nel 2018 in Cina e di recente anche in Finlandia, nonché quelli attualmente in costruzione in Francia e nel Regno Unito. Appartengono a questa classe la quasi totalità dei 57 reattori oggi in costruzione nel mondo. L’incremento della potenza dei reattori è un trend costante sin dagli anni ’70, in ossequio alla legge universale dell’economia di scala.

Per accelerare la transizione ogni ente deve dare un contribuito

Un aspetto decisivo per il decollo spinto delle rinnovabili, a tutti i livelli istituzionali, afferisce alla forte convinzione politica della necessità di accelerare la transizione energetica. Ovviamente questo elemento riguarda l’UE, che finora ha svolto un ruolo di punta, i singoli Governi - e i nostri non hanno certo brillato negli ultimi dieci anni-, le Regioni e i singoli Comuni.

Questi spingono per la transizione verso le rinnovabili con tanto maggiore convinzione quanto più chiara è la percezione di possibili ricadute in termini di riduzione del costo dell’energia, incrementi occupazionali e visibilità.

Rinnovabili: opportunità di rilancio industriale e sociale dell’Italia

L’attuale contesto geopolitico ha evidenziato i limiti del sistema energetico europeo e del nostro Paese, mostrando la sua eccessiva dipendenza da approvvigionamenti esterni, in particolare di gas naturale.

In Italia, infatti, il gas rappresenta la fonte di energia primaria più utilizzata: ricopre il 40% circa del nostro fabbisogno energetico, e ne importiamo più di 70 miliardi di metri cubi all’anno da un numero limitato di Paesi fra cui, naturalmente, la Russia. Anche solo limitandoci al settore della produzione di elettricità, il gas ne rappresenta da solo circa la metà, e da questo derivano le evidenti conseguenze sul costo finale dell’energia che stiamo sperimentando da un anno a questa parte.

Puntare su rinnovabili ed efficienza per far crescere il paese

Dalla crisi climatica alla crisi energetica: problemi diversi ma nello stesso tempo strettamente interconnessi. Se le scelte del passato fossero state più lungimiranti e avessero puntato maggiormente su rinnovabili ed efficienza, oggi non pagheremmo così duramente le conseguenze di un contesto internazionale così delicato. Serve un cambio di marcia e serve in fretta, altrimenti a farne le spese è l’ambiente in cui viviamo, la nostra economia e il nostro tessuto sociale. Questo il principale messaggio che emerge dall’intervista fatta a Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola.

60 GW di rinnovabili in 3 anni: è un Piano fattibile

Nell’ultimo anno il prezzo del gas è cresciuto di quasi sei volte. Gli aumenti sono iniziati nella seconda metà del 2021 e la situazione si è ulteriormente aggravata con il drammatico attacco della Russia all’Ucraina. Ci troviamo di fronte a una volatilità mai sperimentata prima che richiede di essere gestita con interventi strutturali, dal momento che con buona probabilità potrebbe diventare una costante nei prossimi anni.

Un sistema energetico rinnovato e pulito: la ricetta per ridurre la dipendenza energetica

L’invasione russa dell’Ucraina, il caro energia e la dinamica inflattiva, che si aggiungono alla grave crisi climatica in atto, impongono di accelerare la transizione energetica per uscire dalla dipendenza da gas e fossili. Una dipendenza tossica, che nuoce gravemente anche alla democrazia e ai diritti umani.  Per dare risposte strutturali a queste crisi che si intersecano non servono ricette del passato. Bisogna, invece, aumentare la velocità con cui installiamo nuova potenza rinnovabile e con cui investiamo su sistemi di accumulo, autoproduzione, ammodernamento delle reti, efficienza e risparmio energetici.

Rinnovabili ed efficienza, politiche coraggiose cercasi

Negli ultimi mesi il tema energia è stato al centro del dibattito politico, anche grazie ad una incessante campagna mediatica sul tema dei rincari in bolletta e a forti dinamiche speculative, alimentate prima dall’aumento dei prezzi di acquisto del gas sui mercati internazionali da parte degli oligopoli delle fonti fossili, in seguito alla ripartenza dell’economia mondiale dopo le prime ondate del Covid-19, e poi dalle tensioni internazionali sfociate nella terribile guerra innescata dall’inqualificabile invasione russa in Ucraina.

Cosa serve davvero per una pacifica convivenza dei popoli?

“Per capire la mafia, seguite i soldi”, diceva, pressoché inascoltato se non palesemente osteggiato (fino al tragico epilogo) il magistrato Giovanni Falcone. Per capire la guerra, o per capire perché non si prendano posizioni internazionali che apparrebbero inevitabili, in maniera del tutto analoga, occorre seguire la geopolitica legata agli approvvigionamenti della principale fonte di nutrimento del nostro sistema economico e sociale, incredibilmente energivoro ed obsoleto: ossia quella composta da un fossilissimo mix di petrolio, carbone e, come la cronaca drammatica di questi giorni insegna, gas.

#GreenDealOra, rimbocchiamoci le maniche!

Uno dei messaggi più forti e condivisi tra quelli emersi all’Assemblea Pubblica di Elettricità Futura è senza dubbio che il Green Deal trasformerà l’Italia, innescando un rinascimento sostenibile senza precedenti. Gli obiettivi al 2030 sono stabiliti, sappiamo già cosa dobbiamo fare, ora si tratta di “rimboccarci le maniche” e dimostrare di essere all’altezza degli impegni sottoscritti. Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, le industrie, le istituzioni, i cittadini, per trarre il meglio da questo cambiamento e riuscire a traguardare la neutralità climatica al 2050.

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