Le Hydrogen Valley rappresentano un tassello strategico per la transizione energetica dell’Italia, ma il loro sviluppo è ostacolato da una serie di criticità. Nonostante il PNRR abbia stanziato oltre 2,5 miliardi di euro per l’idrogeno, una quota rilevante delle risorse rischia di rimanere inutilizzata a causa della scarsa partecipazione ai bandi e delle difficoltà nell'attuazione dei progetti.
Sulla base della necessità di coniugare la produzione energetica con un adeguato livello di tutela delle aree interessate dalle produzioni agroalimentari di pregio, la diffusione della tecnologia agrivoltaica costituisce una soluzione utilmente percorribile. Il concetto di agrivoltaico mira, infatti, a conciliare la presenza degli impianti in area agricola e la tutela della funzione primaria del suolo.
Lo sviluppo degli impianti rinnovabili in Italia, come noto, è ostacolato dalla burocrazia ma anche da opposizioni locali di vario genere. Al riguardo, il presente articolo intende realizzare una disamina dei principali modelli di ingaggio degli stakeholder più importanti coinvolti nello sviluppo di progetti rinnovabili, il cui fine è appunto accrescere l’accettazione sociale.
L’agrivoltaico rappresenta un sistema duale che consente l’utilizzo simultaneo ed integrato dei suoli agricoli. Il sistema agrivoltaico prevede che all’interno dell’area di installazione dell’impianto fotovoltaico su suolo agricolo, siano adottate soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e/o pastorale.
In attuazione dell’articolo 1, comma 2 del DL n. 181/2023, con Decreto Ministeriale n. 268/2024, lo scorso 23 luglio il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha adottato il nuovo Decreto “energy release” (dopo quello introdotto con Decreto Ministeriale n. 341/2022).
L’impianto del PNIEC ricalca per molti versi le versioni precedenti con la vistosa eccezione di riproporre il ritorno al nucleare come fonte di energia. Questo senza che ci sia mai stato alcun dibattito di merito, in un Paese che ha già bocciato il nucleare con due referendum. Ricordiamo che l’ultimo del 2011 era stato indetto dopo il Memorandum of Understanding siglato nel 2009 da Berlusconi e Sarkozy per installare in Italia quattro reattori EPR.
Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) dell’Italia, presentato dal governo Meloni alla Commissione Europea il 1° luglio 2024, è un documento esaustivo che definisce gli obiettivi energetici e ambientali del Paese fino al 2030. Il piano, aggiornato rispetto alla versione del 2019, si adegua alle nuove normative comunitarie.
A fine giugno 2024 i Ministeri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) hanno inviato alla Commissione europea il testo definitivo del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC)
Nell’ultimo anno il prezzo del gas è cresciuto di quasi sei volte. Gli aumenti sono iniziati nella seconda metà del 2021 e la situazione si è ulteriormente aggravata con il drammatico attacco della Russia all’Ucraina. Ci troviamo di fronte a una volatilità mai sperimentata prima che richiede di essere gestita con interventi strutturali, dal momento che con buona probabilità potrebbe diventare una costante nei prossimi anni.
L’invasione russa dell’Ucraina, il caro energia e la dinamica inflattiva, che si aggiungono alla grave crisi climatica in atto, impongono di accelerare la transizione energetica per uscire dalla dipendenza da gas e fossili. Una dipendenza tossica, che nuoce gravemente anche alla democrazia e ai diritti umani. Per dare risposte strutturali a queste crisi che si intersecano non servono ricette del passato. Bisogna, invece, aumentare la velocità con cui installiamo nuova potenza rinnovabile e con cui investiamo su sistemi di accumulo, autoproduzione, ammodernamento delle reti, efficienza e risparmio energetici.