Ormai da alcuni anni si vedono degli strani oggetti di colore blu scuro sui tetti di edifici di varia destinazione d’uso, dalle abitazioni residenziali ai centri commerciali e ai capannoni industriali. Sono i pannelli solari dice qualcuno, ma più propriamente si tratta di moduli fotovoltaici oppure di collettori solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria. In questo articolo si parlerà solo dei primi, cioè degli apparecchi che convertono direttamente l’energia solare in energia elettrica, prima in corrente continua e poi, grazie all’elettronica interna agli inverter (questi non visibili sui tetti), in corrente alternata. Questa forma di elettricità è “maneggiabile” dalla rete di distribuzione che raggiunge ormai quasi tutti gli edifici sul continente europeo.
Lo scambio energetico tra i soggetti proprietari degli impianti fotovoltaici e la rete di distribuzione è possibile in Italia dal 1999 ed è regolato da delibere dell’ARERA (Autorità pubblica di regolazione) che fissano, negli anni, i prezzi riconosciuti ai proprietari di tali impianti, quando questi immettono l’energia fotovoltaica nella rete nell’ambito della disciplina dello Scambio Sul Posto (SSP). L’elettricità immessa è quella in eccesso rispetto all’autoconsumo proprio delle utenze interne degli edifici. Per meglio dire, l’energia fotovoltaica di un impianto si ripartisce in due parti, la prima che è immediatamente consumata dal proprietario dell’impianto (l’autoconsumo di solito è compreso tra il 20% e il 40% della produzione totale) e la seconda che è immessa in rete (di conseguenza tra l’80% e il 60%).
Qual è il valore economico dello scambio energetico?
L’autoconsumo ha valore pari al prezzo da pagare per l’elettricità che è differente tra le abitazioni residenziali, i centri commerciali e i capannoni industriali (i più energivori). In particolare, per l’appartamento di residenza, i costi sono intorno a 0,20-0,22 euro al kilowattora (€/kWh), ma salgono per le seconde case; per i centri commerciali si aggirano intorno a 0,16-0,18 €/kWh; per i capannoni industriali, infine, i costi sono più bassi tra 0,14-0,16 €/kWh. Per quanto riguarda, invece, l’energia immessa in rete con il meccanismo SSP, il prezzo riconosciuto è tra 0,11-0,13 €/kWh, fino a compensare il valore economico dell’energia che si continua a prelevare dalla rete nelle ore di scarsa o nulla produzione da parte solare (cielo coperto o notte), mentre scende drasticamente fino a 0,04-0,05 €/kWh se si immette troppa energia in rete. Il motivo risiede nel fatto che l’ARERA non vuole che i proprietari di tali impianti fotovoltaici ricavino un utile dalla immissione di elettricità nella rete di distribuzione.
Quanto costa installare e manutenere un impianto fotovoltaico?
Ora, una volta capito come funziona la contabilità del normale esercizio di tali impianti fotovoltaici, è il momento di chiedersi quanto costa installare e manutenere un tale impianto. I costi negli ultimi anni si sono notevolmente abbassati non solo per la tecnologia del silicio policristallino, ma anche per quella del monocristallino, la più efficiente e più affidabile. Si possono fare queste considerazioni per le tre categorie di impianti fotovoltaici.
Per il residenziale, si va da una potenza di impianto di 3 kW, con costo di installazione inferiore a 5.000 €, fino a un impianto da 6 kW (può aiutare nella ricarica di un’auto elettrica) che, in proporzione, costa meno (inferiore a 8.000 €), mentre i costi annui di manutenzione sono trascurabili (minori dell’1% dell’investimento iniziale). I tempi di rientro dell’investimento, includendo anche le detrazioni fiscali che si spalmano sugli anni di ammortamento, sono compresi tra 8 e 10 anni a seconda della collocazione geografica (al nord l’area migliore è la zona dei vini piemontesi, come al centro la zona dei vini toscani e al sud la Sicilia). I guadagni sono importanti perché possono durare anche per i successivi 15 anni.
Per gli usi commerciali, un impianto tipico ha la taglia di 100 kW (connessione alla rete trifase di bassa tensione) con costo di installazione valutabile in circa 100.000 € e costo di manutenzione sul migliaio di euro all’anno. I tempi di rientro dell’investimento sono più corti: tra 6 e 8 anni e guadagni notevoli per quasi 20 anni.
Infine, per gli usi industriali, l’impianto tipico sale fino alla potenza di 1 MW (un megawatt, con connessione alla rete trifase di media tensione) ed ha un costo iniziale di circa 800.000 € e costo di manutenzione che può superare i 10.000 € all’anno. I tempi di rientro si accorciano ancora e si attestano tra 5 e 6 anni: questo significa che i guadagni durano per oltre 20 anni.
Pertanto, risulta evidente la convenienza economica di sfruttare il proprio tetto per installare dei sistemi fotovoltaici, senza contare il beneficio in termini ambientali, dal momento che grazie alla produzione di energia tramite fonti rinnovabili si riduce l’ammontare di emissioni rilasciate nell’atmosfera.