A maggio di quest’anno, Terna ha pubblica la nuova disciplina del mercato della capacità, con modifiche e novità di rilievo, alcune fortemente richieste dagli operatori e dalle associazioni di categoria. Ne abbiamo discusso con l’Avv. Lorenzo Parola, partner Herbert Smith Freehills, che in chiusura ci offre una lettura interessante e critica anche sullo strumento dei PPA.

Partiamo dal meccanismo del capacity market. Un giudizio sull’ultima consultazione sul nuovo design. È migliorato sotto il profilo della flessibilità sugli obblighi, come richiesta dagli operatori nel momento in cui non riescono a raggiungere gli obiettivi?

È indubbio che con il nuovo design presentato a maggio da Terna, siano stati apportati dei miglioramenti in termini di flessibilità. In particolare, uno dei punti più critici del previgente sistema applicabile al periodo 2022-2023 era un’eccessiva rigidità per gli impianti non ancora autorizzati, per i quali era necessario, con un lungo preavviso (24 mesi prima dell’inizio periodo di consegna), dichiarare a Terna l’effettivo conseguimento di tutti i titoli abilitativi per la costruzione o il ripotenziamento dell’impianto. Ma, visto che in Italia i termini autorizzativi non vengono rispettati, molti operatori si sono trovati in difficoltà da un lato dovendo ottemperare ad uno schema pubblico e a un contratto con Terna, ma dall’altro trovandosi nell’impossibilità di ottemperare a questo a causa di ritardi delle Autorità. Terna si è resa conto di questa situazione e adesso, sono previste due mitigazioni: 1) la dichiarazione sostitutiva e il cronoprogramma possono essere inviati fino al 30 giugno dell’anno precedente il periodo di consegna; 2) ancora più importante, se l’operatore non riesce ad ottemperare a questo obbligo potrà richiedere di posticipare il periodo di consegna di un anno, fino al 31 dicembre del primo anno di delivery, con conseguente posticipo del termine finale del contratto. È chiaro che questa proroga incentiverà la partecipazione alle aste di capacità nuova non autorizzata perché diminuisce il rischio di non rientrare nei termini. E questo è sicuramente un aspetto positivo.

Quale è la partecipazione delle risorse alternative al termoelettrico. Esistono barriere all’ingresso o il nuovo design apporta dei miglioramenti su questo fronte?  

Sulla capacità rinnovabile c’è stato un passo in avanti, perché è stata rimossa la scomposizione per tipologia di capacità nel pagamento del corrispettivo variabile a Terna. Un elemento che costituisce sicuramente un fattore abilitante per quelle rinnovabili che sono parte di un più ampio portafoglio che include anche capacità termoelettrica. Restano alcuni dubbi: un forte derating applicato alle rinnovabili e l’incertezza che deriva dal riuscire ad assolvere ad un obbligo di disponibilità con una fonte non programmabile. Oltre alle rinnovabili, merita citare anche i sistemi di accumulo, per i quali vi è una previsione specifica. La cosa molto interessante è che anziché applicare un derating across the board come nel previgente sistema (si parlava di un 50% comune a tutte le tecnologie definite nuove), nel nuovo documento di consultazione Terna propone un derating specifico per i sistemi di accumulo elettrochimici in funzione della loro capacità energetica. Questo è un passo in avanti. Gli obblighi di questi sistemi di accumulo saranno definiti in funzione degli asset a cui sono associati, a seconda che siano associati a eolico e fotovoltaico oppure a termoelettrico oppure ancora operino su base stand alone. In generale, questo disegno adotta dei correttivi che possono favorire nuovi investimenti anche se con qualche limitazione in risorse alternative. La disparità delle rinnovabili rispetto ai termoelettrici era uno dei motivi di doglianza nei vari ricorsi contro il previgente sistema, che adesso verrebbe meno.

Sul futuro dei capacity market quanto pesa l’incognita dei contenziosi? 

Una delle incognite sul futuro del Capacity Market è rappresentata da una serie di contenziosi pendenti per ricorsi di vari operatori, dinanzi al TAR Lombardia, il cui giudizio è stato sospeso in attesa della decisione davanti al tribunale dell’Unione Europea. Diversi gli scenari possibili: un primo scenario è che il Tribunale dell’Unione Europea accolga i ricorsi. In questo caso, la decisione del giudice europeo è vincolante per il giudice interno, quindi il nostro capacity market verrebbe privato di base legale. Nel caso in cui il Tribunale europeo, invece, non accogliesse i ricorsi, il TAR di Milano deciderà autonomamente e nel caso in cui quest’ultimo rigettasse i ricorsi, il regime del capacity market resterebbe pienamente valido ed efficace.  Al contrario, se i ricorsi venissero accolti, tutte le graduatorie verrebbero travolte: a quel punto il giudice dovrà decidere se i contratti sottoscritti con Terna resteranno in vigore. Se da un punto di vista legale la questione è aperta, da un punto di vista di business questo sta creando incertezza, come risulta evidente in alcuni casi di acquisizione di asset e progetti che hanno partecipato alle aste e molti possibili acquirenti hanno fatto passi indietro.

Ultima domanda: La crescita dei PPA è ancora lenta, colpa della pandemia?

Il problema dei PPA non è un problema giuridico. E non è neanche vero che è tutto fermo. Nelle ultime settimane, ad esempio, ci sono stati una serie di nuovi PPA, segnalo quello tra Engie e Amazon e prima ancora quello tra ERG e Telecom Italia. Quindi qualcosa si sta muovendo. Il problema però è che ogni mercato è fatto di domanda e offerta. Sul fronte della domanda io sento moltissimi potenziali clienti energivori molto desiderosi di acquistare energia verde e, badate bene, non si tratta solo di coscienza ma di una vera e propria esigenza economica, perché in un momento in cui le commodities sono in fibrillazione qualsiasi industriale preferirebbe avere dei contratti con prezzi fissi sul medio termine. Il problema vero è sul lato dell’offerta, poiché ad oggi l’energia verde addizionale manca. I dati ANEV ci dicono che in Italia da oltre 3 anni non viene autorizzato un nuovo impianto eolico, è un dato drammatico. Il Decreto Semplificazioni per fortuna fa dei passi avanti, in particolare per quanto riguarda la VIA i cui termini sono ridotti a 130 giorni per i progetti inclusi nel PNIEC o nel PNRR, però io mi auguro che in sede di conversione si faccia un ulteriore passo avanti perché ancora rimangono ombre importanti.

Ad esempio?

Per esempio, viene legittimato il ruolo delle soprintendenze, e non solo nella aree soggette a vincoli, il che sarebbe comprensibile, ma anche per le cosiddette aree contermini, ossia vicine a quelle vincolate. Questo apre uno scenario rischioso sempre più plausibile che è quello di una pioggia di ricorsi al TAR. Poi manca ancora l’individuazione delle aree idonee e mentre si fa un passo in avanti sulla semplificazione degli interventi di repowering, revamping e reblading dell’eolico, la normativa è ancora insufficiente per idroelettrico e fotovoltaico. In particolare, sul fotovoltaico viene previsto un percorso di edilizia libera solo se le dimensioni dell’impianto non aumentano, il che è un paradosso in caso di repowering dove con ogni probabilità cambia la sagoma dei pannelli.

La semplificazione, insomma, per quanto fondamentale, non va vista come una bacchetta magica?

Si tratta di una gamba su cui poggia lo sviluppo dei PPA e più in generale degli obiettivi del Green Deal. Le altre due gambe sono lo staffing, ovvero la dotazione di personale di cui oggi sono carenti e l’accountability, il che significa che chi rallenta o ritarda un progetto che concorre al raggiungimento degli obiettivi climatici che il nostro Paese si è prefissato, deve essere considerato responsabile per gli eventuali danni erariali causati. E' il caso di quelle Soprintendenze che presentano opposizioni tardive. Infine, sempre sul tema dell’accountability, andrebbe aggiornato il decreto "Burden Sharing". E' ancora tarato su obiettivi superati (al 2020) e su procedimenti che spesso non esistono più. Mi lasci concludere con un ultimo dato e una proposta. In questo momento si stima che  sul tavolo del Consiglio dei Ministri vi siano opposizioni delle Soprintendenze per un totale di circa 1 GW di energia rinnovabile.  Basterebbe che venisse presa una posizione chiara. Questo si può fare subito. Senza considerare che, ad oggi, tra screening e procedimenti di VIA ci sono circa 12 GW di fotovoltaico utility scale e 9 GW di grande eolico in attesa di un provvedimento positivo. Questo certifica che i privati stanno facendo la loro parte. Ora tocca allo Stato.