I porti costituiscono un elemento vitale dell'economia dell'Unione Europea, coprendo circa il 75% del commercio extra-UE e il 36% del commercio intra-UE. A livello europeo, la principale infrastruttura è sicuramente rappresentata dal porto di Rotterdam, che detiene la capacità di transito di merci più elevata d'Europa: fra i porti italiani, Gioia Tauro è tra i primi 10 in Europa per capacità di transito. A questo fondamentale ruolo economico è tuttavia associato un rilevante impatto sull'ambiente: le navi sono responsabili del 13,5% delle emissioni di gas a effetto serra, generate dai diversi mezzi di trasporto nell’UE. Nello specifico, i porti rappresentano significative fonti di gas climaalteranti: il già citato porto di Rotterdam, ad esempio, emette 13,7 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, rendendolo il porto a maggior impatto di emissioni ad effettp serra del Vecchio Continente.

 

Questi due elementi (il ruolo economico del settore e l’impatto ambientale ad esso connesso) sono da tenere nella massima considerazione nel disegnare i piani necessari al raggiungimento dell'ambizioso obiettivo che l’Unione Europea si è posta, ovvero quello di diventare la prima regione al mondo ad emissioni nulle entro il 2050. Ciò ha, inoltre, una particolare rilevanza per l’area del Mediterraneo, dove il tasso di riscaldamento è superiore del 20% alla media globale, ma anche dove le attività industriali ed economiche sono particolarmente concentrate: nonostante, infatti, copra solo l'1% della superficie dei mari e degli oceani, il Mediterraneo ospita il 20% del traffico container e il 30% dei flussi di petrolio e gas.

 

Assieme al cambiamento climatico, poi, il tema dell’inquinamento locale è un aspetto altrettanto rilevante, considerando che il 90% dei porti europei si trova in zone urbane. Le navi sono fonti significative di inquinamento atmosferico, emettendo ossido di zolfo, anidride carbonica, particolato e ossidi di azoto, sia quando sono in movimento che durante le operazioni portuali. Nella sola penisola  italiana sono localizzati più di 280 porti (2019) ed un numero significativo di persone sono influenzate dalla prossimità a queste infrastrutture.

 

Il comparto è certamente consapevole di dover contribuire, assieme agli altri settori, al processo di decarbonizzazione dell’economia globale e locale. Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni a livello locale, importanti risultati sono attesi dall’implementazione sempre più ampia del cosiddetto “cold ironing: con questo termine ci si riferisce ad una pratica che fornisce energia elettrica a una nave ormeggiata, consentendo di spegnere i motori principali e ausiliari della nave. Questo sistema garantisce un'alimentazione costante alle attrezzature essenziali ed ai dispositivi durante le operazioni di carico/scarico o durante altre attività portuali. L'obiettivo principale è ridurre le emissioni inquinanti e il rumore prodotto dai motori della nave. Questo approccio deve poi essere reso ancora più sostenibile tramite l'uso di fonti rinnovabili per la generazione dell'energia elettrica. Il cold ironing richiede, però, ovviamente, investimenti sia lato infrastrutture portuali che imbarcazioni, in modo da consentirne un ampio impiego: è necessario dunque che gli interventi siano ben pianificati ed attuati su larga scala per generare gli impatti attesi.

 

Rispetto alla più ampia tematica della lotta ai cambiamenti climatici, il Marine Environment Protection Committee (MEPC) dell'International Maritime Organization (IMO) ha recentemente   rivisto la sua  strategia per la riduzione delle emissioni di gas serra. La Strategia IMO 2023 prevede una riduzione della carbon intensity del settore marittimo internazionale di almeno il 40% entro il 2030. È, inoltre, previsto un nuovo target rispetto all’adozione di tecnologie, carburanti e/o fonti energetiche con emissioni di gas serra pari a zero, o prossime allo zero, che dovranno rappresentare almeno il 5% del consumo del settore al 2030, puntando però ad un più ambizioso 10%. Nel 2025 è prevista una revisione delle misure per la riduzione delle emissioni di gas serra, basata sui risultati di relazioni presentate dal MEPC nelle sessioni del 2024 e 2025.

 

Questa strategia cerca di creare un più ampio contesto per iniziative che, in realtà, sono già in corso. Ad esempio, negli ultimi anni, la maggior parte delle navi cargo ha ridotto significativamente la propria velocità media di circa il 15-20%, rispetto ai valori del 2008, consentendo così di risparmiare energia e ridurre contestualmente le emissioni. Dal 1° gennaio 2023 tutte le navi dovranno calcolare la loro “carbon intensity”, al fine di monitorare e migliorare la loro efficienza globale. Noti come Energy Efficiency Existing Ship Index (EEXI) e Carbon Intensity Indicator (CII), questi due parametri permetteranno la misura dell’efficienza e dell’impatto sui gas serra del trasporto marittimo.

 

A livello Europeo, la recente revisione della direttiva sul sistema di scambio di quote di emissione (EU-ETS) mostra in modo chiaro la volontà di agire sul settore del trasporto marittimo, assieme ad altri settori dell'economia Europea. Il regolamento FuelEU Maritime mira a promuovere l'uso di carburanti alternativi sostenibili nei trasporti marittimi e nei porti europei. Inoltre,  punta  ad affrontare le attuali barriere di mercato che ostacolano l'uso di carburanti alternativi ed a rimuovere l'incertezza rispetto alle soluzioni ad oggi maggiormente pronte sul mercato.

 

Nel contesto della transizione energetica, i porti sono chiamati a svolgere un ruolo altrettanto cruciale quanto le navi. Questo aspetto è stato recentemente messo in evidenza nello studio MED & Italian Energy Report 2022, presentato al Parlamento Europeo dal Politecnico di Torino in collaborazione con il Centro Studi SRM del gruppo Intesa Sanpaolo. I porti rivestono, infatti, un'importanza strategica nell'ambito dell'energia e dell'ambiente, giocando un ruolo determinante nel funzionamento del mercato energetico, con il 34% del traffico portuale dedicato ai combustibili liquidi, equivalenti a oltre 163 milioni di tonnellate nel 2021. I primi cinque porti italiani coprono circa il 70% del traffico energetico totale, e sono strategicamente collocati sul territorio nazionale, essendo a Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova. Questi porti, di cui tre sono situati nel meridione del paese, giocano un ruolo cruciale nel panorama energetico nazionale.

 

I porti possono, dunque, essere a tutti gli effetti definiti vere e proprie comunità energetiche, capaci di agevolare il processo di transizione: importanti città portuali europee come Rotterdam, Anversa, Amburgo e Valencia sono già attive in iniziative sostenibili e nell'adozione di combustibili alternativi, idrogeno, etc.

 

Rispetto agli obiettivi posti sia a livello internazionale che europeo, il tema degli interventi infrastrutturali richiesti dall’uso di nuovi combustibili e vettori energetici (per es. elettricità, ammoniaca, ecc.) è sicuramente prioritario. L’uso di combustibili alternativi è certamente una delle principali soluzioni, probabilmente la più significativa, per la riduzione delle emissioni che questo settore hard-to-abate ha a disposizione. Da sottolineare, però, come mentre l’utilizzo su larga scala di alcuni di questi combustibili (ad es. biodiesel, HVO, eFuels, bio-LNG, etc.) sarà possibile con investimenti infrastrutturali relativamente contenuti, data la compatibilità con i sistemi esistenti, altri richiederanno sia risorse economiche che tempi sicuramente maggiori (per es. ammoniaca).

 

Al fine di supportare la transizione energetica, all'interno del contesto degli investimenti nazionali, il piano nazionale di ripresa e resilienza italiano (PNRR) ha destinato specifici finanziamenti per promuovere interventi di miglioramento dell'efficienza energetica e dell'ecosostenibilità nei porti. Questo impegno si traduce nell'obiettivo di ridurre del 20% le emissioni annuali di CO2. A tal scopo, il programma "Green Ports" si inserisce all'interno della missione "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" e nella componente "Intermodalità e logistica integrata", con uno stanziamento di 270 milioni di euro. Gli interventi attesi si dovrebbero concentrare sull'efficienza energetica e sulla promozione delle energie rinnovabili. Il programma "Green Ports" aspira, inoltre, a ottenere una significativa riduzione degli altri inquinanti derivanti dalla combustione, che rappresentano una delle principali cause del deterioramento della qualità dell'aria nelle città portuali. I progetti da attuare saranno selezionati tra quelli proposti dalle singole Autorità di Sistema Portuale, come indicato nei loro Documenti di Programmazione Energetica Ambientale dei Sistemi Portuali (DEASP).

 

I porti rappresentano un nodo cruciale nella sfida della decarbonizzazione dell'economia dell'UE e del nostro Paese. Le sfide ambientali, l'effetto sulla vita urbana e l'ambiente circostante richiedono politiche e strategie volte a mitigare l'impatto negativo. L'Italia, in questa fase di transizione ecologica, ha l'opportunità di sfruttare la propria posizione strategica nel contesto del Mediterraneo, valorizzando le aree portuali come veri e propri energy hub nel processo di decarbonizzazione del comparto EU. L'impegno del nostro paese nella transizione ecologica del settore marittimo rappresenta quindi certamente una sfida complessa e cruciale, ma anche una opportunità. Per realizzare questo potenziale sarà necessario armonizzare sempre più le infrastrutture del paese, liberare le risorse economiche e gli investimenti necessari alla messa a terra dei progetti, facendo sinergia tra innovazione (e quindi competenze scientifiche e tecnologiche di eccellenza di cui il Paese dispone) ed il settore imprenditoriale, al fine di creare un ecosistema sinergico e moderno, in grado di trasferire al mercato le soluzioni possibili attraverso una roadmap razionale e ben pianificata, accompagnata ovviamente dalle misure regolatorie e di policy necessarie a creare le condizioni di sostenibilità di lungo termine richieste da un passaggio così ambizioso.