Un anno e mezzo, 93 miliardi di euro e un rigassificatore galleggiante più tardi, l’Italia del “dopo Ucraina” assomiglia ancora molto, forse troppo, all’Italia del “pre-Ucraina”. Con una cruciale differenza: la sicurezza energetica è tornata a essere uno dei fattori che, nella testa dei decisori politici e dunque anche degli imprenditori, condizionerà le scelte di politica energetica negli anni a venire. In questi mesi l’Italia sta entrando in una fase di transizione, che segna il passaggio da una fase di crisi acuta a una di cambiamento strutturale e riassestamento economico.
La transizione “ecologica” è, appunto, transizione. Un processo in cui il fossile si ritira progressivamente dalla scena mantenendo nel mentre un suo ruolo in commedia. Quale sia il ruolo del fossile nell’uscita di scena lo definiscono poi la celerità degli investimenti sostitutivi ed il progresso di tecnologia; e i tempi dell’uscita li dettano la capacità di costruire nuova generazione e la velocità di sostituzione dei convertitori, inclusi quelli domestici (dall’auto al boiler alla cucina a gas). In un mondo che si avvia a 9 miliardi di abitanti direi nulla di possibilmente immediato.
Non succede mai niente, ma quando succede, succede tutto assieme. Si potrebbe raccontare così l’esperienza vissuta sui mercati energetici a partire dalla seconda metà del 2021, quando i prezzi del gas – e conseguentemente dell’energia elettrica – sono saliti sull’ottovolante.
Breve riassunto: tre anni fa, a giugno 2020, nel pieno del Covid, il TTF si scambiava a 5 €/MWh. Fast forward: a giugno 2021 sfondava la barriera psicologica dei 30 €/MWh.
Dopo la guerra nei Balcani degli anni Novanta, l’Europa è nuovamente scena di un conflitto militare dalle prospettive incerte, ma con un “alone di sofferenza” della popolazione ucraina sempre più crescente. In questi sedici mesi dall’inizio del conflitto fiumi di parole e di analisi sono state pubblicate per cercare di comprendere quali siano state le motivazioni che hanno indotto la Russia di Putin ad invadere l’Ucraina, avviando la cd. “operazione militare speciale”.
La guerra in Ucraina ha rappresentato un momento di rottura nell’attuale ordine globale. Sebbene ci vorranno diversi anni per comprendere compiutamente il valore e gli impatti di questi eventi, è altresì evidente che alcuni mutamenti sono già in essere e in questo senso il teatro del Medio Oriente, e in particolare quello del Golfo Persico, si è mostrato più ricettivo e capace di comprendere il senso di queste trasformazioni. In quest’area, infatti, gli intrecci molteplici tra la politica interna e regionale da una parte, e gli interessi internazionali delle grandi potenze dall’altra, sono tutt’altro che marginali, frutto di più fattori multidimensionali concomitanti e collegati tra loro.