Entro il 2030 la Germania dovrebbe basare circa l’80% del suo fabbisogno di elettricità sulle rinnovabili. Dovrebbe. Tutto dipende da quanto il clima sta (ancora) a cuore ai cittadini tedeschi. Il prossimo 23 febbraio, infatti, questo obiettivo potrebbe non essere più al centro dell’agenda politica del Bundestag. Scopriamo quali sono i programmi energetici dei vari partiti e la deriva “nera” che potrebbero prendere le politiche “green”.

Secondo la Erneuerbare Energien-Gesetz (EEG) - Legge sulle Energie Rinnovabili - del 2023, che muove dalle buone pratiche e dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi, la Germania deve puntare “nell'interesse della protezione del clima e dell'ambiente, a una fornitura di energia elettrica sostenibile e neutrale dal punto di vista dei gas serra, prodotta interamente da energie rinnovabili”. Il che vuol dire che entro il 2030 almeno l'80% del consumo lordo di elettricità della Germania dovrebbe essere soddisfatto da fonti rinnovabili. Percentuale che dovrebbe salire al 100% nel 2035.

Grazie anche all’adozione di politiche federali sempre più attente all’ambiente, la Germania è passata da una generazione elettrica da FER del 6% (anno 2000) al 20% (2011), fino a un 44% circa nel 2022, di cui il 62% da impianti eolici e il 27% da impianti fotovoltaici (fonte: IEA).

Il proseguimento di questa tendenza è ora in bilico, in attesa delle elezioni di domenica 23 febbraio. Con una nuova guida al governo tedesco, infatti, la svolta green potrebbe continuare, così come potrebbe arrestarsi.

Mentre la questione ambientale ed energetica era stato uno dei temi fondamentali delle ultime elezioni, portando i verdi ad essere il terzo partito con quasi il 15% dei voti, oggi la partita dei candidati sembra giocarsi principalmente sulle questioni migratorie. Oltre a non rappresentare il tema principale dei dibattiti pubblici, le sezioni su “Klima, Umwelt und Energie” (Clima, Ambiente ed Energia) dei vari programmi elettorali sono scarne e non sembrano esserci spiccati punti di contatto fra i vari partiti principali sull’argomento. Ciò crea un’aura di incertezza su quelle che potrebbero essere le mosse che la Germania potrebbe adottare nei prossimi anni in termini di continuità di politiche climatiche esistenti e di adozione di nuove.

I programmi che mostrano chiara volontà di continuare quanto è stato iniziato sono quelli dell’SPD di Olaf Scholz e dei Verdi, che candidano alla Cancelleria l’attuale Ministro dell’Economia Robert Habeck. Dichiaratamente pro EEG e disposti ad agire per il raggiungimento degli obiettivi tedeschi ed europei, i Socialisti e i Verdi sostengono il perseguimento degli sforzi per rendere la Germania più “sostenibile”. I Verdi immaginano che l’obiettivo di “emissioni zero” possa essere raggiunto anche prima di quanto previsto a patto che alle politiche già in essere si affianchino misure per il miglioramento delle infrastrutture di rete, per l’espansione della capacità rinnovabile e l’incentivo all’utilizzo alla popolazione, tramite  sovvenzioni e bonus. I Socialisti di Scholz premono sull’importanza di politiche di decarbonizzazione e soluzioni più pratiche e pragmatiche - che poco sembrano discostarsi da quelle proposte dei Verdi - su misura per i consumatori (investimenti su eolico e fotovoltaico e, al contempo, assistenza e sensibilizzazione al consumo di energia pulita per le famiglie più povere, con sussidi e controlli sui prezzi).

La situazione inizia ad assumere delle sfumature “più nere” già con i programmi della coalizione di centro-destra. Attenti agli obiettivi di Parigi, sì, ma senza sacrificare per questo la crescita dell’economia sono i rappresentanti dell’Unione CDU/CSU di Friedrich Merz. I cristiano-democratici e i cristiano-socialisti propongono, sì, di espandere la rete di produzione e trasporto di energie rinnovabili, ma non abbandonando repentinamente e senza un’alternativa concreta i combustibili fossili. In base a tali principi, secondo i cattolici, l’attuale divieto di utilizzo dei motori a combustione e la riduzione dei sussidi per il gasolio agricolo devono essere annullati, così come la legge sul riscaldamento (Heizungsgesetz) promossa dal governo uscente. Lo slancio che ha caratterizzato la politica energetica tedesca degli ultimi anni verso le rinnovabili va quindi continuato con cautela, rispolverando anche la carta dell’energia nucleare, che era stata invece scartata ormai quasi due anni fa. 

La strategia energetica dell’Alternative für Deutschland (AfD), partito della destra tedesca più radicale, e dalla sua candidata cancelliera Alice Weidel, è quella più drastica. Il gruppo di estrema destra gioca, dice, per una politica economica ed energetica “razionale”. All’attenzione che pongono gli altri gruppi parlamentari, chi più chi meno, alla necessaria transizione energetica nazionale e comunitaria, l’AfD risponde lanciando i dadi a favore di  combustibili fossili e reattori nucleari di III+ e IV generazione. Weidel e gli altri del suo partito seguono e sostengono una retorica già utilizzata da altri prima di loro secondo la quale “il cambiamento climatico è sempre esistito [e] la questione del contributo umano a questo fenomeno è scientificamente irrisolta” e la preoccupazione (avallata in verità da studi scientifici) che un riscaldamento globale non arginato possa rappresentare un punto di non ritorno e una minaccia per la vita sulla terra sarebbe una “costruzione politica”. Alla luce di queste convinzioni, appare quindi per loro insensato - e controproducente, in termini di sviluppo economico - ridurre o addirittura vietare l’utilizzo delle fonti fossili. Inoltre, le fonti rinnovabili rappresenterebbero anche una minaccia per l’ambiente: le pale eoliche sarebbero causa di morte - e conseguente estinzione - di varie specie faunistiche e un ampliamento dei parchi eolici contribuirebbe alla distruzione di foreste, mentre gli impianti fotovoltaici occuperebbero inutilmente terreno destinato all’agricoltura, contribuendo al contempo al surriscaldamento del microclima. Se tutte le catastrofi cui stiamo assistendo negli ultimi anni con sempre maggior frequenza - in Germania come altrove nel mondo – fossero ‘normali’ eventi sempre accaduti ciclicamente e che sempre accadranno, cui l’uomo, per natura, si adatterà, e le ‘soluzioni’ adottate dalle politiche green fossero nocive per fauna, flora e per l’uomo stesso, che senso avrebbe investire in nuove politiche energetiche ‘sicure, razionali e rinnovabili’, così come in progetti di investimenti volti alla messa in sicurezza di impianti, abitazioni e infrastrutture? La risposta, per l’AfD, è chiara: nessun senso.

Continuità. Stallo. Arretramento. Queste sono quindi le direzioni in cui le pedine del prossimo governo federale potrebbero muoversi nel delineare gli sviluppi futuri della politica energetica tedesca.

Secondo gli ultimi sondaggi, il partito più favorito, con il 30,3% dei consensi, è la coalizione CDU/CSU di Friedrich Merz, seguito con 10 punti di scarto dall’AfD. Che l’AfD stia cavalcando la scia dell’insoddisfazione del popolo tedesco per il governo uscente - insoddisfazione verso gli storici partiti di governo ormai trasversale e condivisa in molti Paesi europei - e stia giovando della preoccupazione crescente verso i temi della sicurezza e delle politiche migratorie è ormai un dato di fatto, perfettamente rappresentato da queste proiezioni. È chiaro anche il perché nei programmi di AfD si faccia riferimento all’abbandono di politiche ‘verdi’ come strategia per migliorare la situazione economica tedesca, che ad oggi, non è rosea. Il tema della crescita economica è quello che attualmente l’elettorato ritiene più importante (per il 44% degli intervistati è un punto critico su cui si giocano le elezioni, quasi al pari con “sicurezza e migrazione”, al 45%).

A seguire si trovano altri due dei partiti principali: l’SPD di Olaf Scholz ottiene il 15,2% di preferenze, e Die Grüne - i Verdi - poco più del 13%. Il terzo e il quarto posto occupato dai partiti più attenti alle questioni ambientali sono lo specchio di una tendenza che vede nella popolazione un interesse sempre minore verso le politiche climatiche (secondo il Forschungsgruppe la protezione dell’ambiente è un tema caro solo al 22% degli intervistati).

Le proiezioni delineano, quindi, una chiara tendenza verso l’abbandono della strada ‘ambientale’ che la Germania sta attualmente percorrendo. Ma sta ai cittadini tedeschi capire come lanciare i dadi per l’ultimo giro la prossima domenica.