Possiamo definire la crisi che sta scuotendo l’industria dell’auto in Italia ed in Europa come la tempesta perfetta, il risultato di un insieme di fattori, solo in parte prevedibili che nel complesso mettono a dura prova non solo un settore industriale strategico, ma anche la qualità della mobilità e il percorso di decarbonizzazione di uno dei settori hard to abate. Sarebbe veramente auspicabile che nel definire le prospettive di intervento la Commissione Europea partisse da una analisi strutturale dei fattori che hanno determinato questa situazione. La lettura per il mercato italiano può essere da spunto.
Il mercato delle auto, in Italia, è passato dai 2 milioni di nuove immatricolazioni del periodo pre-covid a un milione e mezzo degli ultimi anni. Le auto che si vendono sono più grandi (e più pesanti) con i SUV che ormai sono più della metà del mercato. Il mercato delle auto in Italia è sì evoluto verso l’elettrificazione ma con le auto ibride “mild” cioè auto dotate di un motore termico supportato da un piccolo motore elettrico e non ricaricabili. Al contrario, stentano moltissimo le elettriche pure, i cosiddetti BEV (Battery Electric Vehicles) e le ibride ricaricabili Plug-in, che sommate sono stabilmente intorno al 4% delle nuove immatricolazioni.
Andamenti simili si riscontrano in Europa, anche se la quota di veicoli elettrici puri è molto maggiore di quella italiana, in media il 15%, ma in ogni caso ben lontane dalle ottimistiche previsioni di mercato dei primi anni 2020, e i relativi impegni dei costruttori, molti dei quali si erano impegnati (e hanno investito) per produrre in Europa solo auto BEV entro il 2030. E veniamo all’altro fattore determinante: i costi e il reddito disponibile delle famiglie. Le auto oggi costano molto di più di 10 anni fa e contemporaneamente il reddito disponibile delle famiglie italiane è purtroppo diminuito in valori reali del 5%. Il calo del reddito medio disponibile è amplificato dall’aumento delle diseguaglianze. A parità di media sono aumentate la famiglie con redditi bassi e bassissimi e sono aumentate quelle con redditi alti a discapito delle fasce di reddito medio. A fronte di questo, in dieci anni il prezzo medio dei veicoli immatricolati è passato da circa 19 mila euro a circa 30 mila. Nel 2019 le case costruttrici offrivano 58 modelli ad un prezzo inferiore ai 15.000 euro, oggi solo 2. La Fiat Panda, l’auto più venduta in Italia, nel 2015 costava meno di 10 mila euro, oggi ne costa 16 mila.
Anche il prezzo del combustibile e dell’energia elettrica è aumentato. Nel 2024 un litro di benzina è costato mediamente 30 centesimi in più di 10 anni fa e l’energia elettrica in Italia ha un costo fra i più alti d’Europa. Questo è un grave handicap per i veicoli elettrici puri che in media costano un terzo in più degli equivalenti modelli a combustione interna, ma comportano un risparmio in termini di energia che compensa il maggior costo, solo se la elettricità è acquistata con contratti domestici e se le percorrenze annue sono molto al di sopra della media. Per un’auto di media cilindrata, anche con oltre 20.000 km di percorrenza all’anno, non c’è un risparmio sul costo totale acquisto+esercizio se l’elettricità è acquistata solo dalla colonnina.
La limitata diffusione dell’elettrico non è quindi solo un problema di scarsità di colonnine di ricarica (il rapporto auto elettriche/colonnine in Italia è paragonabile se non migliore di quello di molti Paesi europei), ma è una questione di costo dell’energia e di tipologia di abitazione.
Se si vendono meno auto nuove ed è più costoso usarle dovremmo osservare una diminuzione dell’uso dell’ automobile degli italiani. Non è così. Il traffico sulle autostrade nel 2024 ha raggiunto il livello più alto di sempre, la benzina ed il gasolio venduti in Italia nel 2024 hanno superato i valori del 2019. Anche questo non stupisce. La percentuale di persone che si sposta con l’auto invece che con i mezzi pubblici aumenta molto al diminuire del reddito e della dimensione del centro urbano di residenza. Chi ha un reddito minore tende a vivere in quartieri e comuni dove il servizio di trasporto pubblico è debole o del tutto assente.
Come si concilia quindi un mercato che vende meno auto nuove con una domanda di mobilità che aumenta? Con la terza incognita dell’equazione: il mercato delle auto usate. Nell’ultimo anno si sono effettuati quasi 3 milioni di cambi di proprietà (circa il doppio delle immatricolazioni) anche se anche i prezzi dell’usato sono aumentati, ben il 40% in più rispetto al 2019. Insomma famiglie più povere e prezzi del nuovo maggiori spingono a comprare auto usate, anche molto vecchie. La metà dei passaggi di proprietà è ormai per auto con oltre 10 anni e l’età media del parco circolante in Italia è cresciuta enormemente, dagli 8 anni del 2010 ai quasi 13 anni del 2024. Guidiamo auto più vecchie che inquinano di più e sono meno sicure perché non beneficiano di tutti gli sviluppi tecnologici che per legge sono stati adottati su tutte le auto di nuova generazione. Al tempo stesso l’industria automobilistica europea è in crisi perché vende meno auto, ha delocalizzato la produzione delle auto a combustione interna e teme la crescente concorrenza dei produttori cinesi che sono in grado di offrire auto di qualità sempre migliore a prezzi che senza i dazi sarebbero ancora più competitivi di quanto non siano già oggi.
Sulle cause di questa tempesta perfetta possono farsi diverse ipotesi, probabilmente concorrenti. Certamente hanno giocato le due crisi del Covid e della guerra in Ucraina che hanno portato ad un aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. Probabilmente hanno inciso le forzature dell’Unione Europea sulla transizione verso il tutto elettrico senza tener conto dei costi e dei tempi necessari per adattarsi a questa transizione sia da parte dell’industria che dei consumatori. Né ha giovato il proliferare di norme, date e limiti in continua evoluzione che genera solo incertezza sia per i produttori che per i consumatori. Forse hanno influito le scelte industriali delle case automobilistiche che hanno puntato su modelli più grandi e più costosi alla ricerca di maggiori margini di profitto, quasi abbandonando del tutto i segmenti di city car e berline medie a prezzi più accessibili. Non a caso Luca De Meo, CEO della Renault, in una lettera aperta scritta in vista delle elezioni Europee del 2024 chiedeva di “incoraggiare i progetti di cooperazione tra i costruttori per sviluppare e commercializzare auto e furgoni di piccole dimensioni a prezzi accessibili prodotti in Europa”. Sta di fatto che non sarà facile invertire il circolo vizioso nel quale ci troviamo senza ripensare in modo strutturale l’intera politica dei limiti alle emissioni, degli incentivi e dei sussidi all’acquisto soprattutto per le fasce economicamente più deboli, dei dazi e, non da ultimo, la promozione di comportamenti più sostenibili dei consumatori verso l’acquisto e l’uso di auto di peso e dimensioni minori perché rimane sempre valido l’assioma che “l’energia più sostenibile è quella che non si consuma”.
Prof. Ing. Ennio Cascetta, Presidente del Cluster Tecnologico Nazionale Trasporti e Coordinatore di SUNRISE, Osservatorio sulla evoluzione della mobilità stradale sostenibile del MOS