Spiegare le ragioni profonde di una catastrofe non è mai stato così semplice come nel caso degli incendi che hanno devastato la contea di Los Angeles nel gennaio del 2025. La cultura dei nostri tempi muove dal presupposto che l’uomo possa dominare la natura, sfruttandola al fine di soddisfare le esigenze dei cittadini. E i californiani, soprattutto quelli ricchi, sono parecchio esigenti in materia di acqua, suolo e vegetazione. Da qui, è nata una strategia in palese crisi da più di 50 anni, ma instabile da un secolo: le prime guerre dell’acqua iniziarono più di cent’anni fa con la costruzione dell’acquedotto nella Owens Valley. Le toppe hanno finora funzionato, ma sempre peggio. I limiti della strategia di dominio sulla natura sono ormai evidenti.

Il clima che cambia non è certamente estraneo alla crisi. Una ricerca appena pubblicata da alcuni studiosi californiani sulla prestigiosa rivista Nature evidenzia la “volatilità idroclimatica” degli ultimi dieci anni, caratterizzata, in particolare, dagli eventi whiplash, i colpi di frusta (fig. seg.).

Eventi Whiplash dal 2016 al 2023

Fonte: Swain et al. (2025), Hydroclimate volatility on a warming Earth

E l’incendio di Los Angeles è senza dubbio un whiplash. Il riscaldamento globale si è però trasformato in un alibi irresponsabile, un po’ come accadde 60 anni fa quando qualcuno cercò di incolpare alcuni esperimenti d’inseminazione delle nubi per avere causato l’alluvione di Firenze. Un evento che, se proprio si doveva trovare un colpevole, andava cercato in città: l’officiosità idraulica di un antico ma prestigioso manufatto, Ponte Vecchio. A Los Angeles, il principale colpevole è uno stile di vita che lascia una impronta non più sostenibile per quel fragile territorio.

Gli incendi non sono una novità per la contea di Los Angeles. Quando, vent’anni fa, iniziammo un’avventurosa ricerca sull’effetto “idraulico” del fuoco, ossia la crescita o meno del rischio idrogeologico e di desertificazione nelle aree incendiate, iniziammo proprio da lì, sulle montagne di San Gabriel. I dati sperimentali non mancavano e, se abbondavano, era perché larghe aree della contea erano state spesso devastate dal fuoco ed erano state costruite parecchie opere idrauliche per contenerne gli effetti. E la gestione di queste strutture aveva permesso di raccogliere moltissimi dati quantitativi. Dimostrammo allora come il pericolo dei flash flood, le alluvioni lampo, potesse aumentare fino a dieci volte rispetto al uno scenario indisturbato; quello di desertificazione fino a cento volte, durante il transitorio del naturale ripristino del manto vegetale.

È molto probabile che gli incendi di gennaio 2025 non si potessero evitare. Fino a tutto il ‘700, quando le foreste erano assai più vaste e l’ecologia più resiliente, andavano a fuoco ogni anno da 2 a 4 milioni di ettari. Con il progresso degli ultimi due secoli, questa estensione è triplicata, con una forte tendenza all’aumento nel nuovo millennio, quando l’impatto è cresciuto enormemente (Fig. 3).

I 20 più distruttivi incendi della California

Fonte: R Craig, CC BY-SA 4.0

Sono quindi episodi ricorrenti, così come accade in alcune aree mediterranee, dove molte alluvioni lampo hanno scontato l’effetto degli incendi pregressi. Il rischio d’incendio dipende da una serie di fattori, come la temperatura, l'umidità del suolo e la presenza di alberi, arbusti e altri potenziali combustibili; poi vengono la direzione e l’intensità del vento. In California, gioca un ruolo fondamentale il Vento del Diavolo, caldo e secco, che spira da nordest a sudovest.

Tutti questi fattori sono legati, direttamente o indirettamente, alla volatilità idroclimatica, giacché il cambiamento climatico aumenta l'essiccazione della materia organica nelle foreste, il materiale che brucia e diffonde gli incendi. Uno dei fattori chiave del raddoppio del numero di grandi incendi tra il 1984 e il 2015 registrato negli Stati Uniti occidentali (vedi fig. seg.).

Tendenza del numero annuo di grandi incendi nell’ovest degli Stati Uniti

Fonte: CarbonBrief

L’impatto del disastro poteva essere certamente contenuto. Come gli esperti, i meno esperti, i Facesperti e gli Instesperti hanno sottolineato, il fattore chiave è l’acqua. Nonostante piova circa il 15% più che in Sicilia, la California è da sempre assetata (Fig. 6).

Precipitazione media annuale in California negli ultimi 130 anni

Fonte: USGS, United States Geological Survey

Senza citare brutti episodi come gli idranti asciutti denunciati dal National Geographic o dal Washington Post, seppure con accenti diversi, la California del sud vive da più di un secolo al di sopra delle proprie possibilità. Los Angeles importa enormi quantità d’acqua dal resto dello stato e dagli stati vicini e, in passato, l’acqua è stata contesa armi alla mano, come racconta Roman Polanski in Chinatown. E mi vengono in mente gli inviti al risparmio del 1974, del tipo “se è marrone, scaricala” o “fai la doccia con un amico”, un anticipo della pesantissima siccità che iniziò nel 1976.

Per limitare l’impatto di queste catastrofi, bisogna accettare principi equi e condivisi di governo dell’acqua; e adottare coerenti tecniche di gestione del bene comune. La Costituzione americana, così come quelle europee, non riconosce il diritto all’acqua, ma la considera un bene commerciale. Gli americani sono uno dei più forti consumatori di acqua al mondo. Una famiglia media americana usa circa 1.500 di acqua al giorno. I prelievi idrici complessivi, che superano in Usa 1.200 metri cubi d’acqua dolce all’anno pro capite, in California sfiorano quota 1.300, contro 370 in Francia e 250 in Germania.

Per alimentare gli idranti, non basta prosciugare le sterminate piscine e assetare i campi da golf, ma bisogna puntare su un consumo idrico sostenibile. Uno stile di vita compatibile con la meravigliosa natura della California, che pone però chiari limiti. L’acqua non serve solo in agricoltura o per uso domestico. Per esempio, il consumo d’acqua per produrre via fracking il gas può raggiungere 1.000 litri per MW termico. E si tratta di una ineludibile priorità federale.

Le iniziative di prevenzione degli incendi, unico modo per ridurre il crescente rischio d’incendio in California, sono spesso state vittima dei tagli della spesa pubblica, gli state’s budget whiplash. Alla necessità di tagliare i fondi all’adattamento climatico contribuisce un particolare sistema fiscale basato sulla legislazione “water’s edge” del 1986. La legge del “bordo dell’acqua”—traduzione letterale di un ossimoro ma che in realtà indica una “legislazione di confine”—consente alle società di contenere gli obblighi fiscali. Un editoriale di Jacobin, la rivista socialista cara a Noam Chomsky, accusa questo sistema che, favorendo le grandi compagnie, aumenta la vulnerabilità nella lotta agli incendi: Water’s Edge Is Draining the Budget, la legge fiscale sta prosciugando il bilancio (pubblico). E, aggiunge, ha colpito soprattutto i fondi per i vigili del fuoco.

La crescita della volatilità idroclimatica aumenterà il pericolo legato ai rapidi cambiamenti tra condizioni di elevata umidità e secca prolungata, causa di inondazioni, incendi, frane ed epidemie. Ciò potrebbe accelerare un cambiamento a scala globale dei criteri di gestione delle acque, verso la co-gestione dei rischi di siccità e alluvioni. Sì, potrebbe... Alla guida del pianeta, gli emuli del Nerone Imperatore tramandato da Svetonio non mancano. Non sono solo coloro che negano il riscaldamento globale e le sue conseguenze a medio e lungo termine. Ci sono anche i campioni del green-washing che in California come in Italia non mancano di certo, pur privi dell’amata cetra.