Negli ultimi mesi il tema energia è stato al centro del dibattito politico, anche grazie ad una incessante campagna mediatica sul tema dei rincari in bolletta e a forti dinamiche speculative, alimentate prima dall’aumento dei prezzi di acquisto del gas sui mercati internazionali da parte degli oligopoli delle fonti fossili, in seguito alla ripartenza dell’economia mondiale dopo le prime ondate del Covid-19, e poi dalle tensioni internazionali sfociate nella terribile guerra innescata dall’inqualificabile invasione russa in Ucraina.
Il problema evidente del salasso per famiglie e aziende è urgente da affrontare, ma le soluzioni adottate o prospettate dal Governo sono anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica: si va dalla ricerca di nuovi fornitori di gas all’aumento della produzione nazionale di metano fossile, dalla possibile ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone a quelli a olio combustibile, dal raddoppio di gasdotti operativi alla realizzazione di nuovi rigassificatori su nave. Il governo, per contenere gli aumenti in bolletta, ha pensato bene anche di tagliare subito gli extracosti relativi alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, ricordandosi dopo oltre un mese anche dei profitti vertiginosi delle aziende delle fonti fossili.
Solo recentemente il governo si è attivato con nuove (tardive) semplificazioni per lo sviluppo delle rinnovabili visto che il decreto approvato la scorsa estate si era da subito rivelato inadeguato, ma è già in preparazione un nuovo testo da portare al prossimo Consiglio dei ministri. Per questo Legambiente, insieme a Greenpeace Italia e WWF Italia, ha avanzato 10 proposte al governo Draghi per affrontare in modo strutturale la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento del gas. Si tratta di interventi normativi da mettere in campo nei prossimi mesi, che permetterebbero di ridurre i consumi di gas di 36 miliardi di metri cubi all’anno entro fine 2026.
In particolare le tre associazioni chiedono di autorizzare, entro marzo 2023, impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026, sulla falsariga di quanto proposto correttamente da Elettricità Futura di Confindustria; aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), ponendosi l’obiettivo di produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035; fissare subito un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio; attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata; sviluppare la produzione di biometano da FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione; escludere l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici (richiesta in parte recepita con l’ultimo decreto energia); rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas; anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici; istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche; attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile.
Il blackout nazionale del 2003 portò al varo in fretta e furia dell’infausto decreto sblocca centrali del governo Berlusconi che fece realizzare le centrali termoelettriche a gas che allora sostituirono quelle a carbone e olio. Oggi la guerra in Ucraina dovrebbe portare l’Esecutivo Draghi a varare subito un ben più necessario e fausto decreto sblocca rinnovabili per sostituire gli impianti a gas con l’eolico a terra e offshore, il fotovoltaico sui tetti, anche nei centri storici, e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), il moderno agrivoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica, la produzione del biometano, gli accumuli, i pompaggi e l’ammodernamento delle reti di trasmissione e distribuzione.
Quelle prese fino ad oggi dall’esecutivo Draghi sono decisioni che non entrano nel merito dell’unica soluzione efficace che ci può permettere di affrontare il problema dei rincari in modo strutturale: la riduzione dei consumi di gas. Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: domestico e terziario, la produzione di elettricità e l’industria, su cui bisogna operare con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di risparmio energetico ed efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese. Ma servono quelle decisioni coraggiose che possono dare un contributo strutturale e rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta all’inquinamento atmosferico e che non abbiamo visto finora. Ci sono fonti rinnovabili, in primis il sole e il vento, in gran quantità da sfruttare e che non dobbiamo acquistare da nessuno. È forse questo il problema?
Il documento integrale di Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia