Quello della digitalizzazione è un percorso che è ancora agli albori per molte imprese italiane: i primi risultati dell’ultimo Censimento permanente condotto dall’Istat mostrano che nel periodo 2016-2018 oltre tre quarti (il 77,5%) delle imprese con almeno 10 addetti ha investito in – o comunque utilizzato – almeno una delle 11 tecnologie individuate come fattori chiave di digitalizzazione, ma il feeling con le tecnologie digitali per ora rimane basso
La nostra dieta, insieme all’articolata industria agroalimentare che la sostiene, ha un impatto imponente sull’ambiente in termini di risorse naturali consumate e di contributo al riscaldamento globale. Secondo il rapporto speciale prodotto dall’Ipcc su cambiamenti climatici e uso del suolo, circa il 23% delle emissioni di gas serra di origine umana proviene da agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo; l’agricoltura, inoltre, è responsabile di circa la metà delle emissioni di metano indotte dall’uomo ed è la principale fonte di protossido di azoto, due gas serra molto potenti.
L’acqua ricopre oltre il 70% della superficie terrestre, ma solo lo 0,027% dell’intera torta è acqua dolce disponibile all’uso umano: una piccola fetta, che diventa ogni anno più sottile e contesa mentre la popolazione globale cresce e i cambiamenti climatici avanzano. Ma se l’umanità può rinunciare al petrolio di certo non può fare a meno dell’acqua, la cui scarsità ci pone già oggi di fronte a sfide ciclopiche. Non si tratta più di previsioni futuribili, ma di cronaca.
Oltre 4.000 km separano Roma da Capo Nord, ma con i cambiamenti climatici il Circolo polare artico è più vicino di quanto si pensi. La pesante ondata di freddo e maltempo che ha colpito il maggio italiano – e quello di larga parte dell’Europa centrale – trova il suo primo responsabile nell’Artico, che tende a surriscaldarsi in maniera superiore rispetto al resto dell’emisfero nord, determinando una serie di modifiche alla circolazione atmosferica che sono responsabili (anche) del freddo anomalo che abbiamo sperimentato nella primavera appena conclusa.
Da una parte gli oli minerali, dall’altra gli oli e i grassi – vegetali o animali – esausti: sono queste le due grandi famiglie in cui è possibile dividere la raccolta e il recupero degli oli usati, che in Italia rappresentano una fetta sempre più importante dell’economia circolare.
Nel caso degli oli minerali – che sono utilizzati principalmente per il funzionamento dei motori a combustione interna, dalle auto ai macchinari industriali – è il consorzio Conou, ovvero il primo Ente ambientale nazionale ad essere nato per la raccolta differenziata di un rifiuto pericoloso,
Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue del 14 giugno, le quattro direttive che compongono il nuovo pacchetto normativo europeo sull’economia circolare saranno pienamente in vigore il 4 luglio 2018: si tratta delle conclusione di un percorso che ha impiegato esattamente 4 anni per dispiegarsi, da quando la Commissione europea guidata da José Barroso avanzò per prima la proposta.
Anche se il termine ultimo per il recepimento da parte degli Stati membri è fissato per luglio 2020, la prova dei fatti inizia adesso.
Nonostante le emissioni totali di gas serra italiane si siano ridotte del 16,7% nel periodo 1990-2015, passando da 519,9 a 433,0 milioni di tonnellate di CO2eq, già nel 2015 – come spiega il Rapporto ambiente del Sistema Nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA) – si stima una nuova risalita: +2,3%. Una performance negativa che riflette da un lato i primi effetti della pur magra ripresa economica, e dall’altro la mancata crescita delle energie rinnovabili.