La pandemia causata dal COVID 19 ha avuto un enorme impatto sulle abitudini ed i comportamenti dei cittadini, determinando, fra l’altro, una “temporanea” ma significativa modifica delle dinamiche del mercato petrolifero internazionale. Domanda, offerta ed evoluzione del prezzo del petrolio sono stati travolti sia da fenomeni oggettivi sia da gigantesche speculazioni di natura finanziaria che non si vedevano, in questa dimensione, da oltre un decennio. Paradossalmente, la stagnazione delle attività produttive ed economiche e la crisi dei mercati fisici è stata accompagnata da una vivacità incredibile dei mercati finanziari e da un rilancio della liquidità nelle borse petrolifere.
Il Canale di Suez ha un secolo e mezzo di vita. Quindi, come tutte le opere dell’uomo, ha mutato nel tempo tanto la sua funzione, quanto la sua collocazione nell’immaginario collettivo. Del resto, un vecchio proverbio francese non ammonisce forse: tout casse, tout passe, tout lasse…? Così, solo il pandemonio generato dal recente incaglio della mastodontica “Ever Given”, avvenuto a circa un miglio dopo l’accesso attraverso la Bocca Sud, ha reso di dominio pubblico che questa via d’acqua artificiale è ormai un’arteria fondamentale per il traffico svolto a mezzo di navi portacontenitori ancor più che per quello coinvolgente le petroliere.
In seguito ai contraccolpi al settore petrolifero causati dalla pandemia, le attività di perforazione stanno finalmente giovando della ripresa della domanda di petrolio, sostenuta dal progresso delle campagne vaccinali e dai tagli all’offerta stabiliti da OPEC+. Nello scenario base di Rystad Energy, in cui si assume un prezzo del petrolio a 63 doll/bbl, è previsto che circa 54.000 pozzi vengano perforati nel 2021, un aumento del 12% rispetto ai livelli del 2020.
Dopo aver raggiunto un picco produttivo di quasi 13 milioni barili giorno (mil. bbl/g), durante i primi tre mesi del 2020, tra maggio e giugno la produzione di petrolio degli Stati Uniti ha subito in media una contrazione di circa 2,5 mil. bbl/g, -20%. A partire da luglio, si assiste a una nuova risalita, con un output che fra novembre 2020 e gennaio 2021 torna su livelli poco superiori a 11 mil. bbl/g, recuperando circa un terzo del taglio registrato. È stato, invece, minore l’impatto sul gas naturale. Quest’ultimo, in media, ha raggiunto un massimo storico di circa 87 miliardi di piedi cubi al giorno (mld pc/g) da ottobre 2019 a gennaio 2020, valore ridottosi di circa un 10% a giugno 2020. Inversione di tendenza a partire da ottobre 2020 fino a gennaio 2021, quando l’output gasifero ha registrato una media di circa 83 mld pc/g, per un recupero di circa il 6%.