Alle 12:33 del 28 aprile scorso si è verificato nella penisola Iberica uno dei più gravi blackout della storia dell'industria elettrica. La fornitura di elettricità attraverso le reti di Spagna e Portogallo si è completamente interrotta, lasciando più di 50 milioni di persone senza luce, connessione internet, trasporti pubblici per oltre 10 ore e provocando danni economici stimati tra 2 e 5 miliardi di euro.
Sono passate oltre due settimane e, a dispetto dell'intenso dibattito in corso, le cause dell'incidente non sono ancora chiarite. Le autorità competenti, nazionali ed europee, stanno conducendo indagini approfondite che richiederanno diverse settimane per sfociare in rapporti puntuali.
Nel frattempo vale la pena di ricapitolare ciò che finora è noto, partendo da quanto comunicato dal gestore di rete spagnolo REE nelle ore successive all'incidente, dalla cronologia preliminare fornita il 9 maggio dall'organismo di coordinamento dei gestori di rete europei, ENTSO-E, e da ultimo dalle dichiarazioni in Parlamento della ministra spagnola dell'Energia, Sara Aagesen, il 14 maggio.

Un primo fatto rilevante è che, nella mezz'ora precedente l'incidente, sono stati osservati due periodi di oscillazione, ossia sbalzi di potenza e di frequenza, nell'area sincrona dell'Europa continentale, rispettivamente tra le 12:03 e le 12:07 e tra le 12:19 e le 12:21. L'origine della seconda oscillazione è stata identificata nella regione centro-sud-occidentale della Penisola Iberica. I gestori dei sistemi di trasmissione di Spagna (REE) e Francia (RTE) hanno adottato misure per mitigare tali oscillazioni. ENTSO-E sottolinea nel contempo che al momento dell'incidente non si sono invece verificate oscillazioni e le variabili del sistema elettrico rientravano nel normale intervallo di funzionamento.

Prima dell'incidente, i programmi di scambio internazionale della Spagna erano pari a circa 1.000 MW verso la Francia, 2.000 MW verso il Portogallo e 800 MW verso il Marocco, tutti destinati all'esportazione. Al momento dell'incidente la domanda era di circa 25,1 GW con 3 GW di consumo da impianti di pompaggio.

Venendo al momento critico, a partire dalle 12:32:57 e nei 20 secondi successivi si è registrata una serie di interruzioni di generazione nel sud della Spagna, per un totale stimato di 2200 MW. Nessuna interruzione di generazione è stata osservata in Portogallo e Francia.
La ministra Aagesen ha detto che la prima delle interruzioni è avvenuta presso una stazione elettrica di Granada (12:32:57), seguita a breve distanza da eventi analoghi a Bajadoz in Estremadura (12:33:16) e a Siviglia (12:33:17). A seguito di questi eventi, la frequenza è diminuita e si è osservato un aumento di tensione in Spagna e Portogallo.
Tra le 12:33:18 e le 12:33:21 la frequenza del sistema elettrico della Penisola Iberica ha continuato a diminuire, scendendo infine molto al di sotto dello scostamento massimo consentito (±2%) dal valore normale di 50 Hz. Sono stati quindi attivati i piani di difesa con distacco automatico del carico di Spagna e Portogallo e scollegamento delle linee con la Francia (12:33:21).
Più in dettaglio Red Electrica e la ministra Aagesen hanno parlato di una perdita massiva e “a cascata” di capacità di generazione, con caduta brusca della frequenza. Un primo livello di distacco del carico in risposta alla caduta della frequenza è avvenuto alle 12:33:20 dopo che la frequenza era scesa a 49,5 Hz in seguito ai primi tre eventi di perdita di generazione. Nei successivi tre secondi sono però scattati automaticamente sei ulteriori livelli di distacco del carico, l'ultimo dei quali alle 12:33:22, via via che l'ulteriore perdita di generazione faceva scendere la frequenza, che secondo Entso-E è scesa fino a 48 Hz. Col proseguire delle perdite di generazione, però, i distacchi del carico non sono bastati a evitare il totale collasso del sistema elettrico iberico, che secondo Entso-E si è infine verificato alle 12:33:24.

Le attività per il ripristino delle reti di trasmissione di Spagna e Portogallo sono iniziate alle 12:44 con la riattivazione di una linea da 400 kV tra Francia e Spagna e poco dopo le 13 della linea tra Marocco e Spagna, nel frattempo venivano movimentate le centrali idroelettriche spagnole dotate di capacità di blackstart (avvio senza alimentazione esterna). Nelle ore successive la progressiva rialimentazione dei due Paesi è stata sostenuta con apporti dall'estero, dal parco idroelettrico e da quello termoelettrico a gas. Secondo ENTSO-E il ripristino della rete di trasmissione era completo in Portogallo alle 0:22 del 29 aprile, in Spagna alle 4 del mattino e nella prima mattinata REE comunicava che il 99,5% delle utenze spagnole era di nuovo alimentata.

Questo in sintesi è quanto finora noto. Molti sono nel contempo gli elementi che ancora restano da chiarire, a cominciare da quali siano stati gli impianti interessati dai primi eventi di perdita di generazione, se tali eventi siano collegati fra loro e, prima ancora, se ci sia un collegamento con le oscillazioni registrate nella mezz'ora precedente l'incidente.
Nel frattempo – e inevitabilmente, data la grande rilevanza politica oltre che tecnico-economica dell'incidente – si è aperto sulla stampa e nel settore un acceso dibattito sulle cause e in particolare sui possibili rapporti tra l'apagón e le scelte di politica energetica, regolazione e gestione dell'infrastruttura elettrica, nazionali ed europee degli ultimi anni.
Uno degli argomenti più discussi è il ruolo che possono aver avuto le rinnovabili. La Spagna è uno dei paesi europei che negli ultimi anni ha spinto di più su eolico e solare, il cui peso crescente nel mix di generazione aumenta la complessità gestionale e la potenziale fragilità dei sistemi elettrici.

Alle 12:30 del 28 aprile, secondo i dati di Red Electrica, la produzione da sole e vento era pari al 68% del totale della generazione e all'80% del carico. Nei giorni successivi invece il loro apporto è risultato sensibilmente ridotto e tutt'ora, specialmente il solare e nonostante la bella stagione, non è ancora tornato ai livelli di fine aprile.
Ciò permette di ipotizzare che la “gestione rafforzata” della rete adottata dopo il blackout, di cui il 14 maggio ha parlato la ministra Aagesen senza specificare, possa includere anche una limitazione prudenziale delle fonti non programmabili, peraltro adottata in questi giorni anche in Italia da Terna.

Un secondo aspetto critico è certamente legato alla semi-insularità del sistema iberico, povero di collegamenti col resto d'Europa, che in caso di crisi potrebbero invece dare un prezioso contributo di stabilità. In questo è la vicina Francia al centro delle critiche del governo spagnolo (per parte sua messo sulla graticola dall'opposizione per le sue politiche pro rinnovabili).
E' un dato di fatto, del resto, che da anni i campioni energetici francesi, direttamente o tramite lo Stato loro azionista, siano sistematicamente in prima fila per affondare ogni tentativo di rafforzare le interconnessioni attraverso i Pirenei: da quella elettrica, che dopo l'unico potenziamento in oltre 30 anni (da 1,2 a 2,4 GW) realizzato nel 2015 con la mediazione di Mario Monti, vede la strada sistematicamente sbarrata al successivo raddoppio a 5 GW, a quella gas, che vista la ricchezza spagnola di rigassificatori sarebbe stata preziosa durante la crisi russo ucraina, ma in questi anni è stata parimenti stoppata dai pareri del regolatore transalpino.

Nel contempo, se pare impossibile che questi fattori non abbiano avuto qualche ruolo nei fatti del 28 aprile – non a caso un noto analista di energia di Bloomberg ha parlato del “primo blackout dell'era delle rinnovabili” - restano molti aspetti poco chiari. Aspetti che secondo gli esperti portano l'attenzione anche sul gestore di rete e la regolazione del settore.
Il boom delle rinnovabili in Spagna non è un fatto di oggi, meno chiaro è se in questi anni il Paese si sia preparato adeguatamente a gestirne la crescita, accompagnandola ad esempio con un parallelo sviluppo di sistemi di accumulo – ancora piuttosto rari – e dispositivi obbligatori antiblackout, come quelli che già da anni l'Italia impone a tutti gli impianti anche di piccola taglia.
Comunque stiano le cose, anche ipotizzando che le iniziali perdite di produzione che hanno innescato il blackout riguardino capacità rinnovabile (effettivamente abbondante nelle aree indicate, ma in una miriade di impianti medio piccoli, poco compatibile con una perdita istantanea di 2,2 GW), resta per ora incomprensibile agli esperti come ciò abbia potuto portare al collasso dell'intero sistema.