Numero 1 - Trump, politiche energetiche e poco climatiche

15 novembre 2016

Analisi

Dove vanno gli Stati Uniti

Dove vanno gli Stati Uniti?

La vittoria di Donald Trump nelle presidenziali americane ha colto impreparata la gran parte degli osservatori, compresi quelli che – per una ragione o per l’altra – l’avrebbero auspicata. Trump ha sconfitto non solo la sua rivale democratica – Hillary Clinton – ma soprattutto le resistenze interne a un partito repubblicano che non lo ha mai veramente amato. Grazie a una campagna combattuta all’insegna del ‘contro tutto e contro tutti’ il tycoon newyorkese è riuscito ad affermarsi in pressoché tutti gli stati chiave, compresi quelli in cui la struttura dell’elettorato e/o l’esperienza delle passate elezioni sembrava favorire il suo avversario. ... segue

Approfondimento

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Le scelte energetiche di Trump avranno più implicazioni all’estero che all’interno degli Usa

Nell’ultimo secolo due presidenti americani hanno radicalmente cambiato le regole del gioco. Con Roosevelt (1933-1945), il governo federale aumentò in notevole misura il proprio ruolo e fu parte attiva nella realizzazione del compromesso keynesiano tra industria e sindacati. I successori di Roosevelt si limitarono a ritocchi o ad aggiornamenti del nuovo assetto istituzionale, senza alterarne le strutture portanti, fino alla presidenza Reagan (1981-1989), che diede al sistema americano un’impronta neoliberista, di cui è stata parte integrante la rimozione di molti dei vincoli posti da Roosevelt al funzionamento dei mercati finanziari. Rimozione completata durante l’amministrazione Clinton. ... segue

Approfondimento

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Make America Energy Independent, Again (and Again)

Gli Stati Uniti rincorrono l’obiettivo, tanto ambito e quanto sfuggente, dell’indipendenza energetica almeno dagli anni Settanta, quando le fluttuazioni del prezzo del greggio e le profonde trasformazioni del mercato energetico contribuirono a trascinare il paese in una prolungata crisi economica. Le lunghe code ai distributori di benzina di fine decennio furono il simbolo più evidente della dipendenza del paese da fonti petrolifere estere.

Il modo in cui i presidenti hanno tentato di placare la tradizionale sete di energia del gigante americano – che ancora oggi consuma annualmente più di quanto facciano assieme Unione Europea e Russia – ha avuto negli anni ripercussioni importanti non solo sull’economia e l’ambiente statunitense ma anche sugli orientamenti internazionali, reindirizzando investimenti, stimolando o scoraggiando innovazione e, più in generale, influenzando il dibattito e la cooperazione globale sui temi legati al cambiamento climatico. ... segue

Approfondimento

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Il sistema energetico americano

Dopo l’elezione di Donald Trump, tra i settori in cui maggiori potrebbero essere gli effetti dirompenti dello status quo e di tendenze date per consolidate, come la super attenzione all’ambiente, quello dell’energia occupa senza dubbio un posto di primo piano. Non a caso, infatti, è subito partita la ridda di indiscrezioni su nomi legati al mondo degli idrocarburi per posti chiave nella nuova amministrazione statunitense. Dall’ex governatrice dell'Alaska, Sarah Palin, nota sostenitrice dello slogan "drill, baby, drill", per l'Agenzia delle Risorse Naturali ad Harold Hamm, fondatore di Continental Resource, la compagnia che estrae gas e petrolio dal giacimento non convenzionale di Bakken, e Forrest Lucas di Lucas Oil per le deleghe come Segretari agli Interni e, proprio, all’Energia. ... segue

Approfondimento

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Quale tra i presidenti USA è il più 'petroliere'?

La Tabella mostra la crescita media annua della produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti durante i diversi mandati presidenziali, da Eisenhower ad Obama.

 

  • Sotto la presidenza Obama, gli Usa hanno conosciuto il più grande aumento della produzione petrolifera da Eisenhower in poi
  • E’ in quegli anni che si dispiega appieno la shale revolution, di certo non impedita a livello governativo
  • La Conversione di Obama sulla strada di Parigi è stata tardiva nonostante le sua reiterata posizione sul riscaldamento globale, ritenuto una “catastrofe irreversibile”
  • La COP15 tenutasi a Copenaghen è fallita proprio per il rifiuto degli USA a raggiungere un accordo in materia di ulteriore riduzione delle emissioni
  • Obama è sempre stato dipinto come un presidente pro-ambiente; siamo sicuri che lo sia stato davvero?

Il punto di vista

Il punto di vista di Romano Prodi

Alcune domande dopo le elezioni americane


E' d'accordo con chi ipotizza che un effetto collaterale positivo della vittoria di Trump potrebbe essere una normalizzazione dei rapporti tra Occidente e Russia?   

Se si presta fede alle parole dette in campagna elettorale non si può che rispondere affermativamente a questa domanda. Anche contro l'opinione pubblica americana dominante, il Presidente eletto non ha sempre espresso parole di stima per Putin e ha messo sotto accusa la politica americana nei confronti della Russia. Naturalmente non è detto che vi sia sempre una perfetta corrispondenza tra gli annunci in campagna elettorale e la politica che viene in seguito adottata. Nel caso in questione, esistono inoltre forti interessi politici che spingono verso una politica "muscolare" nei confronti della Russia. La presenza di elettori provenienti dalla Polonia, dai paesi baltici e da altri paesi che erano stati sotto il dominio sovietico costituisce un nucleo estremamente importante della politica americana e le posizioni antirusse sono un collante fortissimo di queste comunità. D'altra parte la diffidenza, per non dire l'ostilità, nei confronti della Russia è condivisa dalla maggior parte dei quadri americani della NATO. Per effetto di questo combinato disposto, il rapporto con la Russia è oggi simile a quello dei tempi dell'Unione Sovietica. Dato questo quadro di partenza ... segue

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