Ieri
In principio fu il fratello non voluto. All’inizio dell’altro secolo in America correva il detto che trovare gas era un incidente; ma trovarlo due volte era fallimento o, al meglio, licenziamento. Lo si riusciva praticamente a consumare solo dove lo producevi; e la sua immobilità lo condannava ad essere fastidio. Poi si capì che via tubo poteva andare lontano; e mettersi a fare concorrenza ai due parenti fossili. Negli Stati Uniti riusciva a partire dal Texas e ad arrivare a Chicago già prima dell’ultima guerra mondiale; e in Europa comincia a spostarsi negli anni ’60 e dopo la scoperta di Groeningen (Paesi Bassi).
La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha ridisegnato i fondamentali geopolitici, lato offerta, del gas naturale in Europa e allo stesso tempo del mondo. Una ristrutturazione radicale dei flussi transfrontalieri di gas sta già prendendo forma, con il Vecchio Continente che sta cercando velocemente di diversificare le proprie importazioni e ridurre la forte dipendenza da Mosca. Il gas naturale quindi è diventato tanto per i paesi europei quanto per la Russia uno strumento di politica estera da declinare in modo differente rispetto al passato.
L’invasione russa dell’Ucraina ha messo a serio rischio l’approvvigionamento di gas naturale in Europa. La Russia, maggiore fornitore di questa commodities in Europa, ha riorientato i flussi di gas prima verso il mercato interno e poi, laddove possibile, verso est. I volumi via gasdotto, infatti, sono crollati sin dalla seconda metà del 2021 e all’inizio di agosto 2022 si sono attestati su valori il 70% inferiori rispetto a quelli dell’agosto scorso. E la prospettiva di una completa e senza precedente interruzione delle forniture sta amplificando i timori su come affrontare la scarsità di gas, i prezzi in continua crescita e i forti impatti economici.
Nell’attuale contesto geopolitico, sebbene possa sembrare prematuro valutare lo stato dell’arte del settore del gas russo, in ragione delle innumerevoli incertezze che lo contraddistinguono, si possono comunque individuare due tendenze principali. La prima: Gazprom sta per perdere un mercato strategico, quale quello europeo. La seconda: a causa delle sanzioni, si amplia il divario tecnologico che caratterizza l’industria del gas russo che, per sopravvivere, dovrebbe ridurre il più velocemente possibile la sua dipendenza dalle tecnologie importate. Gestire questi due fattori è la principale sfida per garantire la produzione di gas a lungo termine e aumentare il peso delle esportazioni di GNL sul gas totale esportato. Nel frattempo, però, una riduzione delle consegne di gas al Vecchio Continente espone Mosca a un emergente monopsonio della Cina.
Il conflitto russo-ucraino, la riduzione dei flussi dalla Russia e la difficoltà a trovare forniture alternative sul mercato, almeno sul breve periodo, hanno imposto una riflessione rinnovata sul concetto di sicurezza energetica e sulla capacità del sistema di essere resiliente di fronte a shock di questo tipo. Di questi temi e delle soluzioni che il nostro paese sta trovando per affrontare la crisi, ne abbiamo discusso con Massimo Derchi, Chief Industrial Asset Officer Snam
Guerra e sicurezza energetica. Il contesto attuale è delicato e al tempo stesso complicato. I volumi di gas disponibili sul mercato si sono ridotti a causa del taglio effettuato dalla Russia e l’inverno ormai è prossimo.