Nucleare sì, nucleare no. Risulta facile, soprattutto in clima ancora sanremese, parafrasare un successo di qualche tempo fa per semplificare il dibattito sul nucleare.
Nucleare no perché è una fonte di energia pericolosa, capace di creare enormi danni all’ambiente e alle persone. Nucleare sì perché, guardando anche un po’ cinicamente ai numeri, il nucleare risulta l’energia con il minor numero di morti per kWh prodotto: si passa dalle 100,000 morti per bilione (1012) di kWhrs legate allo sfruttamento del carbone alle 90 morti/1012 kWhrs dovute all’energia nucleare.
Alla prova della storia, l’atteso grande sviluppo industriale del nucleare civile – che il Presidente americano Dwight D. Eisenhower aveva prospettato nel famoso discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite “Atoms for Peace” l’8 dicembre 1953 – non si è mai avverato: rimanendo un fenomeno circoscritto in termini quantitativi, temporali, spaziali, anche se in nove delle dieci maggiori potenze mondiali la tecnologia nucleare diveniva componente più o meno essenziale del mix energetico.
Una fotografia di quanto avvenuto in tutto il mondo nell’anno 2017 sul fronte dell’energia nucleare è sintetizzato nel World Nuclear Industry Status Report: 4 avvii di reattori (12 in meno rispetto al previsto); 3 spegnimenti; 4 costruzioni di reattori avviate; 2 costruzioni di reattori abbandonate; la bancarotta di Westinghouse; il salvataggio e la chiusura di Areva; una notevole pressione finanziaria ed economica sugli operatori nucleari. Globalmente, operano 405 reattori (1 in meno di un anno fa), 52 in costruzione (3 in meno). Cinque nuovi reattori sono stati disattivati a lungo termine e 3 sono stati fatti ripartire.