Una fotografia di quanto avvenuto in tutto il mondo nell’anno 2017 sul fronte dell’energia nucleare è sintetizzato nel World Nuclear Industry Status Report: 4 avvii di reattori (12 in meno rispetto al previsto); 3 spegnimenti; 4 costruzioni di reattori avviate; 2 costruzioni di reattori abbandonate; la bancarotta di Westinghouse; il salvataggio e la chiusura di Areva; una notevole pressione finanziaria ed economica sugli operatori nucleari. Globalmente, operano 405 reattori (1 in meno di un anno fa), 52 in costruzione (3 in meno). Cinque nuovi reattori sono stati disattivati a lungo termine e 3 sono stati fatti ripartire.
Nonostante dati così poco rosei, nel 2016 (ultimo dato consuntivo disponibile) la quantità di energia nucleare prodotta a livello globale è aumentata dell’1,4%. Questo è però avvenuto grazie ad un aumento del 23% della produzione cinese: il che indica chiaramente che nel resto del mondo il nucleare è calato. Se in valore assoluto c’è stato poi un piccolo incremento, in cifre relative si registra una situazione di stagnazione con tendenza al ribasso: se nel 2015 il 10,7% della produzione mondiale di energia elettrica derivava dal nucleare, nel 2016 questa quota si attestava al 10,5%.
Dei 10 reattori entrati in funzione nel 2016, cinque sono localizzati in Cina, gli altri in India, Pakistan, Russia, Corea del Sud e Stati Uniti - il Watts Bar-2, a ben 43 anni di distanza dalla sua realizzazione. Dei due reattori che sono stati messi in rete nel 2017 - i primi la cui costruzione è partita dopo il disastro di Fukushima - uno è cinese, mentre l’altro è stato realizzato in Pakistan (da una società cinese).
Due delle tre costruzioni iniziate nel 2016 riguardano la Cina, mentre la terza vede interessato il Pakistan (anche se ad operare è sempre una società cinese). Si tratta comunque di un numero di cantieri aperti inferiore a quello registrato nel 2010, quando le centrali in costruzione erano 15, 10 delle quali in Cina.
Sempre nel 2016 sono stati chiusi due reattori: uno negli Stati Uniti e uno in Russia.Quanto al 2017, l’unico reattore in costruzione si trova in India, mentre la partenza dei due reattori nuovi ha compensato la chiusura di un’unità in Svezia, vecchia di 46 anni, e di una in Sud Corea, che di anni ne aveva 40.
Ad oggi, solo in 31 Paesi ci sono ancora centrali nucleari in funzione. È vero che la capacità globale installata di 351 GW continua ad essere uguale a quella del 2000, ma più bassa della capacità di picco raggiunta nel 2006 con 368 GW.
Da un punto di vista industriale, stagnazione a parte, il 2017 è stato denso di eventi: la Toshiba ha dovuto chiedere la bancarotta per la sua sussidiaria statunitense Westinghouse, in passato la più importante fabbricante di centrali nucleari della storia. Quanto alla francese Areva, la perdita di 12,3 miliardi di dollari in sei anni ha costretto il governo francese non solo a stanziare un finanziamento da 5,3 miliardi per sostenerla, ma anche ad impostare un ampio programma di dismissione e ristrutturazione. Gravi problemi anche in Giappone dove continua a farsi sentire l’effetto Fukushima. A sei anni di distanza dalla catastrofe, la stima dei costi dell’incidente è raddoppiata da 100 a 200 miliardi di dollari. Ma una valutazione indipendente prevede che alla fine si attesteranno in una forchetta tra i 444 e i 630 miliardi: dipenderà da quello che verrà appurato essere il livello di contaminazione dell’acqua. In teoria, in Giappone continuano ad esserci 42 reattori, ma tra settembre 2013 e agosto 2015 la produzione di elettricità di origine nucleare nel Paese del Sol Levante è stata sospesa, e al primo luglio 2017 solo cinque reattori erano tornati in funzione.
Come spiega S. David Freeman nella Prefazione del World Nuclear Industry Status Report, “la nascita dell’energia nucleare fu accompagnata da un’ondata di euforia in seguito al senso di colpa collettivo degli americani per aver lanciato la bomba atomica. E per almeno due decadi fu considerata l’alternativa ‘pulita’ al carbone, in grado di coprire l’intero fabbisogno mondiale di energia per sempre. L’incidente (fusione del nocciolo) di Three Mile Island, nel 1979, pose fine all’euforia; anche se per diverse categorie di addetti ai lavori il sogno doveva continuare senza dare troppa importanza agli incidenti e ai fatti che avrebbero potuto minarne lo sviluppo. Contemporaneamente, ed in maniera simile, gli oppositori dell’energia nucleare hanno consolidato il proprio rifiuto, ignorando però il fatto che l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico fossero un pericolo maggiore del nucleare”.
Freeman, presidente della Tennessee Valley Authority e general manager di importanti aziende energetiche pubbliche, sostiene che in questi anni il progressivo abbandono del nucleare abbia portato ad un peggioramento delle condizioni ambientali e ad un aumento delle emissioni di gas serra, anche per colpa di un dibattito che ha acquisito toni più teologici che scientifici. A suo avviso “il 2017 World Nuclear Industry Status Report è forse il documento più decisivo nella storia dell’energia nucleare poiché pone fine al dibattito: l’energia nucleare è stata eclissata dal sole e dal vento, fonti rinnovabili che non sono più un sogno o una proiezione, ma una realtà che sta rimpiazzando il nucleare in tutto il mondo”. Come ricorda infatti il rapporto in riferimento all’anno 2016, mentre la produzione nucleare registrava una fase di stagnazione, l’energia eolica aumentava del 16% e quella solare del 30%.