I recenti e gravi attacchi all’impianto di raffinazione di Abqaiq di proprietà della Saudi Aramco (il più grande al mondo) e al giacimento petrolifero Khurais, che può produrre sino a 1,2 milioni di barili al giorno (mil. bbl/g) di greggio light, hanno dimostrato la vulnerabilità delle infrastrutture petrolifere saudite a questa tipologia di eventi, hanno ridotto la produzione del Regno del 57% (per un volume equivalente a 5,7 mil. bbl/g) e hanno impedito il trasporto di greggio dalla parte orientale del paese al porto di Yanbu sul Mar Rosso attraverso l’oleodotto Petroline che corre da est a ovest del paese.
The recent devastating attacks on Saudi Aramco’s Abqaiq processing station, the world’s most important and the Khurais oilfield with a production capacity of 1.2 million barrels a day (mbd) of light oil demonstrated the vulnerability of Saudi oil infrastructure to attacks, reduced Saudi oil production by 57% or 5.7 mbd and deprived the East-West oil pipeline known as petroline of any crude oil to transport from eastern Saudi Arabia to the Yanbu port on the Red Sea. The attacks also exposed gaps in Saudi air defences despite the billions of dollars spent on buying top of the range American weaponry including the Patriot anti-missile system and the upgrading of Saudi air defences just a few weeks ago.
L’avvento della cosiddetta shale revolution nel 2010, la rivoluzione del petrolio e gas di scisto targata USA, ha determinato una serie di ripercussioni sul mercato Oil&Gas. In particolare, la produzione americana di shale oil ha impattato in maniera significativa sui prezzi del greggio, sulla geopolitica globale, sul futuro delle forniture petrolifere, sulle variabili macroeconomiche e, non da ultimo, sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. Una rivoluzione che sta cambiando il panorama dell’industria del petrolio e del gas su scala mondiale.
Da quando i tagli produttivi decisi dall’Opec e da alcuni paesi non-OPEC sono stati implementati, vale a dire dal 1° gennaio 2017, i prezzi del greggio non hanno mai superato la soglia dei 60 doll./bbl, nonostante l’iniziale positiva reazione del mercato petrolifero mondiale.
In prima istanza, le ragioni potrebbero ricondursi a due fattori: il primo riguarda la produzione americana di shale oil, mentre il secondo è la probabile sottostima dell’eccesso di offerta esistente su scala globale.